Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28433 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/11/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 05/11/2019), n.28433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21069/2012 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA

7, presso lo studio degli avvocati ANDREA SOLFANELLI, SARA

D’ONOFRIO, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “G. D’ANNUNZIO” DI CHIETI – PESCARA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 685/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/10/2011 R.G.N. 1387/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

B.F. nel 1994 ottenne dal Pretore di Pescara sentenza con cui si riconosceva che tra il medesimo, quale lettore di lingua straniera e l’Università di Chieti-Pescara, a partire dal 29 aprile 1981 (sebbene egli fosse stato assunto fin dal 1969/1970, ma con diversa datazione iniziale che conseguiva all’indicazione in tal senso espressa con l’azione giudiziale ivi dispiegata) intercorreva rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in ragione della nullità dei termini apposti ai contratti annualmente intercorsi tra le parti;

successivamente, nel 1995, il B. ha stipulato con l’Università contratto a tempo indeterminato, quale collaboratore esperto linguistico, allegando tuttavia al testo una dichiarazione con cui egli manifestava che la sottoscrizione non costituiva rinuncia agli effetti della pregressa sentenza pretorile;

il ricorrente, sul presupposto che fosse illegittima, stante lo svolgimento di attività di docenza universitaria, la previsione di applicazione nei suoi confronti, in esito alla stipula del predetto contratto a tempo indeterminato, dell’art. 51 del CCNL 1996, agiva giudizialmente insistendo per il riconoscimento del diritto a percepire fin dal 29 aprile 1981 o da altra data ritenuta di giustizia, il trattamento previsto per il professore associato a tempo pieno o, in subordine, a tempo definito, oltre accessori e regolarizzazione della posizione previdenziale;

la Corte d’Appello di L’Aquila, rigettando il gravame avverso la pronuncia del Tribunale di Pescara, ha confermato il rigetto di tali domande;

il giudice di appello, preliminarmente, riteneva che fosse infondata l’eccezione di giudicato con la quale l’Università, sulla base della medesima sentenza pretorile su cui faceva leva il ricorrente, riteneva ormai irrevocabilmente sancito che il trattamento economico praticato nei riguardi del B. fosse adeguato, anche D.P.R. n. 382 del 1980, ex art. 28, ed ex art. 36 Cost., rispetto alle prestazioni svolte;

in proposito, la Corte di merito sottolineava come quel giudicato riguardasse periodi precedenti e dunque non il presente giudizio in cui si discuteva sulla legittimità dell’applicazione al rapporto intercorrente con il B., dell’art. 51 del c.c.n.l., in ragione della sua veste di collaboratore esperto linguistico;

la Corte quindi, ricostruita la normativa, nonchè l’evoluzione giuridica e giurisprudenziale, affermava che il trattamento economico era stato determinato secondo le modalità sopra riepilogate in ragione dell’attività, anche didattica, svolta dal ricorrente e che, non avendo il B. sostenuto che il trattamento di cui al contratto collettivo avesse in qualche modo violato diritti da essa precedentemente acquisiti, la pretesa non meritava accoglimento;

avverso la pronuncia il B. ha proposto ricorso per cassazione con quattre, motivi, poi illustrati da memoria, mentre l’Università è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente sostiene l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), affermando che la conclusione della Corte territoriale in ordine alla adeguatezza del trattamento retributivo erogato in ragione dell'”impegno quali-qualitativo richiesto” risulterebbe apodittica e sostenendo che, rispetto a tale impegno, erano state svolte analitiche deduzioni ed eseguite produzioni documentali, cui il giudice di secondo grado aveva contrapposto immotivate affermazioni contrarie;

la Corte aquilana ha ritenuto che l’attività del ricorrente, riguardando l’agevolazione dell’apprendimento di lingue straniere nel contesto di corsi relativi ad altre materie, fosse da qualificare come attinente a compiti didattici integrativi, “senza l’elemento della responsabilità” di un vero e proprio “corso di studio”;

il motivo sostanzialmente pretende, con riferimento a tale valutazione, un riesame di merito, certamente estraneo al giudizio di legittimità (Cass. S.U. 25/10/2013, n. 24148);

oltre a ciò la formulazione risulta generica (nel corpo del motivo si legge che “la parte aveva svolto analitiche e prolungate deduzioni nonchè effettuato produzione documentale” ed il ricorso introduttivo avrebbe espresso un “ben più complessivo argomentare”) che non integra una idonea ed argomentata critica alla contraria decisione della Corte territoriale;

ciò comporta l’inammissibilità del motivo, per contrasto con i presupposti giuridici e di rito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1 e con i principi di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai n. 4 e 6 della predetta disposizione, da cui si trae, nel contesto comune del principio di specificità predetto, l’esigenza che l’argomentare sia idoneo a manifestare la pregnanza (ovverosia là decisività) del motivo, anche attraverso il richiamo specifico ai documenti che possono sorreggerlo, da attuare con l’inserimento logico del relativo contenuto nell’ambito del ragionamento impugnatorio;

il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 2697 c.c. e art. 112 c.p.c., per non essersi valutate le deduzioni, che si assumono non essere state neppure contestate, in ordine allo svolgimento di attività non riconducibili al mero supporto del titolare di cattedra e consistenti, in via del tutto unica ed esclusiva, nell’autonoma organizzazione e programmazione della didattica, con svolgimento degli esami degli studenti;

il motivo consta di richiami a “capitoli” del ricorso di primo grado, precedentemente trascritto nell’ambito dell’impugnativa per cassazione, che o sono palesemente erronei (al cap. 13 si reperiscono affermazioni fattuali incontestate sulla preesistenza di un rapporto a tempo indeterminato fin dal 1981; al cap. 39 sono contenuti meri chiarimenti sull’azione svolta) o (cap. 15) contengono deduzioni sull’attività svolta che sono sostanzialmente sovrapponibili agli elementi fattuali considerati dalla sentenza. impugnata (v. pag. 8, in fine, e pag. 9, primo periodo, di essa), al fine di affermare l’eterogeneità rispetto alla vera e propria docenza universitaria, sicchè anche in questo caso quella che è proposta è un’inammissibile rilettura di merito, in sede di legittimità, dei dati già esaminati dal giudice di appello;

assolutamente generica è anche l’affermazione di violazione dei canoni ermeneutici la quale non risulta completata nè con l’indicazione di quali tra tali regole sia stata violata, nè con puntuali argomenti che riconnettano le predette regole alle deduzioni fattuali svolte;

il ricorrente prosegue nel medesimo motivo sostenendo l’erroneità altresì dell’affermazione secondo cui egli non avrebbe sostenuto l’avvenuta violazione di diritti acquisiti sulla base dei precedenti contratti a termine, perchè in realtà quella deduzione vi era stata;

anche tale profilo è inammissibile, in quanto, rispetto all’avvenuta allegazione di diritti derivanti dai precedenti contratti a termine, la ricorrente si affida ancora al mero rinvio a capitoli del ricorso di primo grado (12, 19, 20, 24 e 25) oltre ad un inammissibile, perchè assolutamente generico, rinvio ai capitoli “dal n. 26 in poi”;

tali capitoli non risultano però anch’essi riguardare, secondo il testo di tale ricorso quale trascritto nell’ambito del ricorso per cassazione, la questione sollecitata con il motivo, come non la riguarda il capitolo 62, parimenti richiamato, in cui sarebbe stata “conchiusa” – si afferma nel motivo – la predetta allegazione, ma che in realtà riguarda argomentazioni difensive rispetto al rilievo da attribuire – per i lettori – alla soglia massima del trattamento retributivo proprio del professore associato a tempo definito (D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28, comma 3);

il terzo motivo è ancora destinato alla denuncia di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la Corte distrettuale, secondo il ricorrente, del tutto omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui era stata censurata la sentenza di primo grado per non avere ritenuto possibile l’accoglimento della domanda sub specie dell’art. 36 Cost.;

non è tuttavia vero che la sentenza di appello non abbia pronunciato, in quanto in essa si reperisce l’affermazione che neppure “la retribuzione prevista dal contratto collettivo può ritenersi inadeguata, considerando l’impegno quali-quantitativo richiesto” e si tratta di conclusione evidentemente da riconnettere alla ricostruzione della prestazione resa in termini di compiti integrativi rispetto ai corsi di laurea principali (“ufficiali”, afferma la sentenza) cui essa accedeva;

l’omessa pronuncia (insussistente) non poteva però essere dedotta ai sensi dell’art. 360, n. 5, trattandosi eventualmente di vizio processuale da dedurre ai sensi del n. 4 del medesimo articolo, il che, non risultando esplicitata nel corpo del motivo una domanda di nullità della sentenza per vizio processuale, comporta l’inammissibilità della censura (da ultimo v. Cass. 5 maggio 2018, n. 10862, sulla scia di Cass., S.U., 24 luglio 2013, n. 17931);

vi è poi in ogni caso da dire che, stante il nesso logico sopra richiamato (tale per cui, ritenuti i compiti svolti come meramente integrativi, la Corte di merito ne ha poi dedotto l’incomparabilità con la rivendicata attività del professore associato e dunque l’adeguatezza rispetto all’impegno richiesto), neppure potrebbe dirsi sussistente un difetto di motivazione su un punto decisivo, secondo il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, previgente all’attuale e qui applicabile ratione temporis alla presente controversia;

con il quarto motivo il B. denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte pretermesso l’applicazione nei suoi confronti del D.L. n. 2 del 2004, art. 1, come autenticamente interpretato dalla L. n. 240 del 2010, art. 26, secondo cui ai lettori di madre lingua straniera già destinatari di contratti stipulati ai sensi del D.P.R. n. 382 del 1981, art. 28, è attribuito, proporzionalmente all’impegno orario assolto, il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore a tempo definito mantenuto anche quale trattamento di miglior favore in caso di successiva attività svolta quali collaboratori esperti linguistici ai sensi del D.L. n. 150 del 1995, art. 4;

la Corte territoriale richiama tuttavia quella normativa, sottolineando come essa fosse tale da costituire adempimento agli obblighi Euro unitari del nostro Paese per la salvaguardia dei diritti degli ex lettori;

viceversa il ricorrente non precisa, nel corpo del motivo, dove, come e quando, nei gradi di merito (in cui quello rivendicato era il trattamento del professore associato) fosse mai stato posto a fondamento dell’azione il disposto del cit. D.L. n. 2 del 2004, art. 1 ed il riconnesso trattamento da ricercatore confermato a tempo definito ivi previsto, sicchè il motivo, così proposto, è inammissibile, perchè non dimostra che quella causa petendi fosse stata effettivamente spesa nel corso del giudizio, non potendosi evidentemente introdurre in sede di legittimità nuove prospettazioni che si basino su dati fattuali (la percezione di un compenso inferiore anche a quello del ricercatore) ulteriori e diversi (Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);

tutti i motivi presentano dunque tratti di inammissibilità che risultano assorbenti e che comportano la definizione in tal senso del presente giudizio di legittimità;

nulla sulle spese in quanto l’Università è rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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