Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28431 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12314/2006 proposto da:

COMMISSIONE REGIONALE PER L’ARTIGIANATO DELL’ABRUZZO (c.f.

(OMISSIS)), in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.P. (c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella

qualità di titolare dell’impresa familiare Cronotime, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DIGIONE 1, presso l’avvocato ALBENESE

ROBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato CIONINI Maria Matilde,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

D.D.R.;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

17/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato MAURILIO PRIORESCHI, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il A rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra T.P., titolare di un’impresa familiare iscritta presso la Camera di commercio di Pescara, con ricorso del 15 novembre 2004 si rivolse al locale tribunale per far annullare il provvedimento col quale detta impresa era stata cancellata d’ufficio dall’albo delle imprese artigiane operanti nel settore della riparazione di orologi, in concomitanza con l’iscrizione di altra analoga impresa facente capo al marito, sig. D.D.R., che in precedenza figurava come suo collaboratore ma dal quale ella si era nel frattempo separata.

Il ricorso, rigettato dal tribunale, fu poi accolto, a seguito di reclamo, dalla Corte d’appello dell’Aquila, con decreto depositato in cancelleria il 17 gennaio 2006.

La corte aquilana osservò che, in sede di separazione coniugale, la titolarità dell’impresa artigiana intestata alla sig.ra T. era rimasta invariata, onde sul marito, cui era stata affidata la gestione, continuava a gravare l’obbligo di rendiconto; che, perciò, l’eventuale estromissione di fatto della medesima sig.ra T. dall’attività dell’impresa ad opera del marito separato avrebbe potuto magari integrare gli estremi di un illecito, ma in nessun modo costituire il presupposto della cancellazione dall’albo dell’impresa a lei intestata; che, peraltro, gli accertamenti compiuti dalla competente Commissione regionale per l’artigianato avevano evidenziato come la sig.ra T. continuasse a frequentare il laboratorio artigiano, sia pure con minore intensità e solo per profili di carattere amministrativo, non potendosi però da questo dedurre che fossero venuti meno gli indispensabili requisiti per l’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane, sia in quanto la prevalenza del lavoro del titolare andrebbe rapportata non al lavoro di altri collaboratori bensì ad altre eventuali attività lavorative del medesimo titolare, sia perchè non sarebbe decisivo che il lavoro di quest’ultimo abbia anche carattere manuale.

Per la cassazione di questo provvedimento ha proposto ricorso la Commissione regionale per l’artigianato, prospettando due motivi di censura.

La sig.ra T. ha resistito con controricorso.

Il sig. D.D. non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Prima di procedere all’esame dei motivi del ricorso è opportuno sottolineare come il provvedimento impugnato sia stato emesso in data anteriore al 2 marzo 2006. Ne consegue che nel presente caso non sono applicabili, ratione temporis, le novità introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 nel procedimento d’impugnazione per cassazione (ed ancora meno lo sono, ovviamente, quelle di cui alla successiva L. n. 69 del 2009). L’eccezione d’inammissibilità del ricorso e le altre difese prospettate dalla controricorrente con riferimento alla normativa modificata risultano, perciò, manifestamente prive di fondamento.

Si può quindi passare senz’altro all’esame dei due motivi del ricorso, con i quali viene denunciata la violazione, rispettivamente, della L. n. 443 del 1985, artt. 2 e 7.

Assume la parte ricorrente che la corte d’appello è incorsa in errore nel negare l’essenzialità, ai fini dell’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane, del lavoro anche manuale del titolare dell’impresa, non essendo invece sufficiente che egli svolga solamente attività di carattere amministrativo; ed aggiunge che il solo compito della commissione preposta alla verifica dei requisiti occorrenti per l’iscrizione nell’anzidetto albo consiste nell’accertare l’attuale esistenza o il venire meno di siffatti requisiti, non potendo essa in alcun modo entrare nel merito delle vicende da cui è dipesa la separazione personale dei coniugi T. e D.D. e del modo in cui tale separazione è stata realizzata.

Il ricorso appare fondato, nei termini di cui appresso.

A norma della L. n. 443 del 1985, art. 2, comma 1, può definirsi imprenditore artigiano solo colui che, nell’esercizio professionale dell’impresa, esplichi “in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale nel processo produttivo”.

Non soltanto, dunque, per assumere una tale qualifica il titolare dell’impresa deve svolgere in essa un lavoro personale, ma è altresì necessario che si tratti di un lavoro “anche manuale”. In tal senso, del resto, si è già espressa questa corte allorchè ha escluso che il socio di una cooperativa il quale non sia anche apportatore di opera manuale, pur espletando nell’organizzazione del lavoro incombenze meramente amministrative, possa essere considerato personalmente imprenditore artigiano al pari del socio apportatore di opera manuale (Cass. 6 marzo 1998, n. 2495).

A tale principio non si è attenuta la corte aquilana, la quale ha invece negato rilevanza al requisito del lavoro manuale del titolare dell’impresa artigiana, omettendo di conseguenza di indagare se, nel caso in esame, la sig.ra T. continui a svolgere, come ella sostiene, anche attività manuali e se una siffatta attività in concreto integri gli estremi richiesti dalla citata disposizione di legge per consentire di attribuirle la qualifica di imprenditrice artigiana.

L’impugnato decreto deve perciò essere cassato, restando in ciò assorbito ogni altro profilo di censura, con conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello dell’Aquila (in diversa composizione), che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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