Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28428 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 07/04/2019, dep. 05/11/2019), n.28428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27141-2017 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI PARIOLI

76, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE MEDIO TERRA,

rappresentato e difeso dagli avvocati AUGUSTO DI BOSCIO, FRANCESCO

PAOLO FEBBO;

– ricorrente –

contro

D.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SUSA 1, presso

lo studio dell’avvocato IDA DI DOMENICA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONELLA BOSCO;

– controricorrente –

contro

M.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1063/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Chieti, con sentenza n. 844/2009, accogliendo la domanda di risarcimento dei danni proposta da P.M., condannava M.E. e D.E. a pagare una somma pari a Euro 89.394,00 per aver omesso di indicare l’esistenza di oneri, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile promesso in vendita a P.M..

La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 1063/2016, in accoglimento dell’appello proposto dal M. e dalla D., riformava integralmente la sentenza di primo grado, avendo il P. stipulato il contratto definitivo di compravendita, pur conoscendo i vincoli esistenti sull’immobile.

Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, il P. propone ricorso per cassazione, fondato su sette motivi.

La D. resiste con controricorso, rimasto intimato il M..

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile per tardività, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Atteso che:

è prioritaria la verifica della tempestività del ricorso rispetto al merito dello stesso.

In proposito occorre precisare che in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., il termine per proporre ricorso per cassazione sia avverso la sentenza di primo grado (cfr Cass. n. 25115 del 2015) sia, in taluni casi, avverso l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello (in termini Cass. n. 18827 del 2015), decorre, a norma del successivo art. 348 ter c.p.c., dalla comunicazione (o notificazione, se anteriore) dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame e si identifica in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, dovendo intendersi il riferimento all’applicazione dell’art. 327 c.p.c. “in quanto compatibile” (contenuto nel medesimo art. 348 ter c.p.c.) limitato ai casi in cui tale comunicazione (o notificazione) sia mancata.

Invero, ancorchè l’art. 348-ter c.p.c., comma 3, disciplini espressamente solo il caso di ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, ragioni di evidente coerenza logica impongono non solo di considerare esercitabile l’ipotetico diritto di impugnazione con lo stesso ricorso, attesa l’evidente pregiudizialità dell’esame dell’impugnazione dell’ordinanza rispetto a quella della sentenza (in ragione del fatto che l’accoglimento della prima comporterebbe la restituzione delle parti nella posizione che avevano nel giudizio di appello, sebbene sul punto oggetto dell’ipotetica censura contro l’ordinanza), ma anche e soprattutto l’unitarietà del termine di impugnazione. Sotto tale secondo profilo, infatti, se si ammettesse il decorso di distinti termini per l’impugnazione della sentenza di primo grado e per l’ordinanza nel caso di comunicazione di quest’ultima, si avrebbe che il decorso di tale termine comporterebbe il consolidamento della sentenza di primo grado con la cosa giudicata e, quindi, non si comprenderebbe come potrebbe restare possibile l’esercizio del diritto di impugnare l’ordinanza sebbene nel termine di cui all’art. 327 (o in quello decorso eventualmente dalla notificazione) (in termini, Cass. n. 18827 del 2015 cit.).

Facendo applicazione di tali principi, il difensore della controricorrente ha prodotto copia della sentenza impugnata conforme all’originale, come da attestazione rilasciata in foglio separato con le indicazioni di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16 undecies, comma 3, la copia cartacea del messaggio di trasmissione avvenuta per via telematica, le ricevute di avvenuta consegna e accettazione, sia con riferimento all’indirizzo PEC del difensore del P. (avv. Luca Rotondo) che del M., nonchè la copia cartacea del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata.

Da siffatti atti emerge che essendo la notifica avvenuta per via telematica in data 10.02.2016, la proposizione del ricorso solo il 13 novembre 2017 deve ritenersi tardiva con riferimento al termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2′ Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA