Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28427 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/12/2020, (ud. 04/11/2020, dep. 14/12/2020), n.28427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21407/2019 R.G., proposto da:

P.M., rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Lauro e

dall’avv. Matteo Marini, con domicilio eletto in Roma, Via Leone VI

n. 99.

– ricorrente –

contro

IMPRESA EDILE M.P. E C. S.R.L., P.M. E

S.R..

– intimati –

avverso l’ordinanza del tribunale di Brescia n. 2569/2019, depositata

il 6.5.2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

4.11.2020 dal Consigliere Dott. Fortunato Giuseppe.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ordinanza n. 2569/2019 il Tribunale di Brescia ha liquidato in favore dell’avv. P.M. un compenso complessivo pari ad C 4366,00, ponendone l’onere a carico solidale dell’Impresa Edile P. s.r.l., di P.M. e di S.M..

L’avv. P. aveva difeso i resistenti nel processo civile intentato nei confronti della Banca Monte Paschi di Siena, al fine di ottenere la restituzione delle somme addebitate sul conto corrente della società a titolo di interessi anatocistici ed usurari.

I convenuti avevano contestato la domanda, chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’avv. P. al risarcimento del danno per aver cagionato l’esito negativo della lite.

Per quanto ancora rileva, il tribunale ha respinto la riconvenzionale ed ha ritenuto che la causa in cui era stato svolto il patrocinio fosse di valore indeterminato, dovendo tenersi conto del valore effettivo della lite e non dell’entità della domanda.

Ha liquidato il compenso per fasi, in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, senza nulla riconoscere per l’attività stragiudiziale, ed ha compensato le spese, stante la reciproca soccombenza delle parti. La cassazione dell’ordinanza è chiesta dall’avv. P.M. con ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria.

La Impresa edile M.P. s.r.l., P.M. e S.R. non hanno svolto difese.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. c).

Si sostiene che il tribunale, nel liquidare il compenso per la fase istruttoria, non abbia considerato tutte le attività svolte e, in particolare, la redazione delle memorie ex art. 183 c.p.c., l’istanza di modifica dell’ordinanza di ammissione, le note alla c.t.u. e l’assistenza alle operazioni peritali.

Il motivo è inammissibile.

Il D.M. n. 55 del 2014, art. 1, stabilisce i parametri per il calcolo del compenso per le prestazioni professionali degli avvocati quando, all’atto dell’incarico o successivamente, detto compenso non sia stato determinato in forma scritta o in ogni caso di mancata determinazione consensuale delle spettanze.

I suddetti parametri e i criteri di quantificazione sono specificati nel successivo art. 4, mentre il comma 5 statuisce espressamente che la liquidazione avviene per fasi, suddivise, per il giudizio di merito, tra studio della controversia, introduzione della causa, istruzione e decisione, individuando, per ciascuna di esse, le attività che vi sono ricomprese.

La fase istruttoria include, in via esemplificativa, tutte le attività ivi elencate, incluse quelle che, a parere della ricorrente, il tribunale avrebbe omesso di considerare.

Per la fase istruttoria competeva, pertanto, un unico compenso parametrato sugli importi indicati nella tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014, a prescindere dal numero e dalla tipologia delle difese svolte, che potevano incidere esclusivamente sull’eventuale incremento dei parametri medi, nella misura massima indicata dal citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1.

Quindi il tribunale ha correttamente liquidato un unico importo per ciascuna fase processuale (cfr. ordinanza, pag. 5), sicchè quanto attribuito al difensore per l’istruttoria includeva anche le attività menzionate in ricorso.

La censura non solleva alcuna specifica obiezione sulla correttezza della metodologia utilizzata, finendo per sollecitare – del tutto inammissibilmente – solo una diversa quantificazione del compenso.

3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 2233 c.c. e D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver il tribunale riconosciuto la maggiorazione spettante per legge in caso di difesa svolta per più parti.

La censura è inammissibile.

La maggiorazione spettante al difensore che abbia difeso più parti è meramente facoltativa e discrezionale, sicchè la sua mancata attribuzione non è censurabile per violazione di legge (Cass. 269/2017; Cass. 17147/2015).

4. Il terzo motivo deduce la violazione artt. 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il giudice compensato le spese, nonostante l’accoglimento della domanda principale, senza neppure individuare quale delle parti avesse dato causa al processo.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c..

Il tribunale ha disposto la compensazione parziale, ritenendo sussistente un’ipotesi di soccombenza reciproca sia a causa della notevole riduzione dell’importo liquidato alla ricorrente, che per effetto del rigetto della riconvenzionale.

Tale statuizione è conforme al costante insegnamento di questa Corte, secondo cui, in caso di parziale accoglimento della domanda, sebbene l’attore, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., non possa mai essere condannato, neppure in parte, al pagamento delle spese processuali, detti oneri, ove non siano stati interamente posti a carico del convenuto, possono essere, totalmente o parzialmente, compensati tra le parti (Cass. 21069/2016; Cass. 21684/2013; Cass. 19613/2018; specificamente, con riferimento al regime processuale qui applicabile, Cass. 1572/2018).

In dette ipotesi, il sindacato di legittimità sulla regolazione delle spese di lite è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in presenza di altri giusti motivi (cfr., da ultimo, Cass. 24502/2017; Cass. 8421/2017).

5. Il quarto motivo lamenta la violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 19 e art. 115 c.p.c., per non aver la pronuncia riconosciuto il compenso per le attività di mediazione stragiudiziale dinanzi all’organismo competente.

Il motivo è inammissibile.

La pronuncia ha dato atto che il difensore aveva genericamente richiesto il compenso per tutta l’attività stragiudiziale svolta negli anni (senza, quindi, alcuno specifico riferimento alla mediazione) e senza produrre alcuna documentazione o altro elemento di prova a supporto della domanda.

In replica a tale statuizione, la ricorrente si limita a sostenere di aver dato prova dell’attività, senza fornire alcuna indicazione circa le modalità del deposito della documentazione giustificativa.

Peraltro, nell’eventualità che il giudice di merito abbia erroneamente ritenuto che non fosse stata depositata alcuna prova dello svolgimento dell’attività stragiudiziale verrebbe al più a configurarsi un errore di fatto, incensurabile in cassazione, e non un errore di giudizio, mentre è comunque esclusa una violazione dell’art. 115 c.p.c. (norma che è invocabile solo ove la causa sia stata definita in base ad elementi di prova non prodotti dalle parti o illegittimamente acquisiti d’ufficio).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

 

 

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