Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28426 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 05/11/2019), n.28426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15523-2017 proposto da:

S.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARMELO SAITTA;

– ricorrente –

contro

S.P., T.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CRESCENZIO 63, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARIO MILITERNI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI

MARCHESE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 709/2016 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 11/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Messina, con sentenza pubblicata in data 11.03.2016, accoglieva la domanda di risarcimento proposta dai coniugi T.C. e S.P., per i danni da loro subiti per la revoca della concessione edilizia di un’area edificabile acquisita da S.A.M. e, per l’effetto, condannava quest’ultima al pagamento di 18.900,85 curo.

La Corte di appello di Messina, con ordinanza del 22.12.2016, dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., l’appello proposto dalla S.

Avverso la sentenza del Tribunale di Messina, la S. propone ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., fondato su un unico motivo.

I coniugi T.- S. resistono con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile per tardività, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

è prioritaria la verifica della tempestività del ricorso rispetto al merito dello stesso.

In proposito occorre precisare che in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., il termine per proporre ricorso per cassazione sia avverso la sentenza di primo grado (cfr Cass. n. 25115 del 2015) sia, in taluni casi, avverso l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello (in termini Cass. n. 18827 del 2015), decorre, a norma del successivo art. 348 ter c.p.c., dalla comunicazione (o notificazione, se anteriore) dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame e si identifica in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, dovendo intendersi il riferimento all’applicazione dell’art. 327 c.p.c. “in quanto compatibile” (contenuto nel medesimo art. 348 ter c.p.c.) limitato ai casi in cui tale comunicazione (o notificazione) sia mancata.

Invero, ancorchè l’art. 348-ter c.p.c., comma 3, disciplini espressamente solo il caso di ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, ragioni di evidente coerenza logica impongono non solo di considerare esercitabile l’ipotetico diritto di impugnazione con lo stesso ricorso, attesa l’evidente pregiudizialità dell’esame dell’impugnazione dell’ordinanza rispetto a quella della sentenza (in ragione del fatto che l’accoglimento della prima comporterebbe la restituzione delle parti nella posizione che avevano nel giudizio di appello, sebbene sul punto oggetto dell’ipotetica censura contro l’ordinanza), ma anche e soprattutto l’unitarietà del termine di impugnazione. Sotto tale secondo profilo, infatti, se si ammettesse il decorso di distinti termini per l’impugnazione della sentenza di primo grado e per l’ordinanza nel caso di comunicazione di quest’ultima, si avrebbe che il decorso di tale termine comporterebbe il consolidamento della sentenza di primo grado con la cosa giudicata e, quindi, non si comprenderebbe come potrebbe restare possibile l’esercizio del diritto di impugnare l’ordinanza sebbene nel termine di cui all’art. 327 (o in quello decorso eventualmente dalla notificazione) (in termini, Cass. n. 18827 del 2015 cit.).

Facendo applicazione di tali principi, occorre rilevare la tardività dell’impugnazione poichè proposta oltre i sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, ex art. 348 bis c.p.c.. La comunicazione è, infatti, avvenuta per via telematica (v. ricevuta acquisita presso la stessa cancelleria della corte di merito) a cura della cancelleria della Corte di appello di Messina al medesimo difensore della ricorrente il 22.12.2016. Da tale data, dunque, decorreva, ai sensi dell’art. 325 c.p.c., comma 2, il termine breve per proporre ricorso in Cassazione. Il ricorso risulta essere stato notificato solo in data 14.06.2017, dunque, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 348 ter c.p.c..

Il ricorso è tardivo, essendo stato notificato quando il termine di cui all’art. 348 ter c.p.c., era già consumato.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dAlla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5novembre 2019

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