Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28423 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28423 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 934-2008 proposto da:
PUGLIA

ANGELA

PGLNGL59E42Z401W,

CATENA

LIDIA

CTNLD138C50C750R, elettivamente domiciliatf, in ROMA,
VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI LUIGI, che li-rappresenta e difende
unitamente all’avvocato TATONI GIOVANNI;
– ricorrenti contro

PALLINI

CARMINE

PLLCMN37C54C322W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMI4I0 34, presso lo
studio

dell’avvocato

D’ANGELO

QUIRINO,

che

lo

Data pubblicazione: 19/12/2013

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI BIASE
GIOVANNI;

controricorrente

avverso la sentenza n. 604/2007 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 16/08/2007;

udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 96 del 20001 il Tribunale di Pescara determinava
il confine fra la proprietà dell’attore Carmine Pallini e quella
confinante dei convenuti Carlo Puglia e Lidia Catena, condannando questi

domanda di usucapione di detta porzione di terreno, proposta dai
convenuti.
Con sentenza dep. il 16 agosto 2007 la Corte di appello di
L’Aquila rigettava l’impugnazione proposta da Lidia Catena e Angela
Puglia, nella qualità di eredi di Carlo Puglia.
Nell’escludere che fosse stato dimostrato da parte dei convenuti il
possesso utile ad usucapionem della striscia di terreno reclamata
dall’attore, i Giudici ritenevano che la relazione depositata dal perito
agrario D’Amato e la dichiarazione dal medesimo resa come teste – in
merito alla linea di confine del terreno acquistato dai convenuti, che
sarebbe risultata esistente già prima dell’atto di compravendita in loro
favore – così come i vari atti di disposizione dai medesimi compiuti non
offrivano la prova del possesso per il periodo anteriore al 1962 e che
al momento della notificazione dell’originario atto di citazione
(settembre 1979) non era maturato il ventennio necessario. In
particolare, era escluso che l’attore avesse mai ammesso che lo status
quo ante fosse rimasto immutato dal 1911, mentre doveva pure escludersi
la presenza in loco di tracce inequivoche del confine, non essendo dato
di stabilire il tempo e il valore della preesistente recinzione.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Lidia

ultimi a rilasciare la striscia di terreno da loro detenuta; rigettava la

Catena e Angela Puglia, nella qualità di eredi di Carlo Puglia sulla base
di due motivi.
Resiste con controricorso l’intimato, depositando memoria illustrativa.

1,- II primo motivo, lamentando violazione degli artt. 1146 e 115$ cod,
civ.,

censura la decisione gravata che – a stregua di quanto risultante

dai rispettivi atti di acquisto e da quanto dichiarato dalle parti

aveva indebitamente escluso che i convenuti potessero unire il loro

possesso con quello dei danti causa, atteso che lo stato dei luoghi era
rimato immutato dal 1911: i medesimi si erano limitati alla concessione
del diritto di passaggio alla Di Sante e all’Agostinone, consentendo di

MOTIVI DELLA DECISIONE

ampliare il viottolo esistente sin dal 1911, e a sostituire la vecchia ‘
(,Krecinzione : il che avrebbe dovuto portare all’accoglimento della domanda
di usucapione.
2.- Il motivo va disatteso
La sentenza ha ritenuto che non era provato lo stato di fatto dei fondi
in epoca precedente al 1962 o al 1963, momenti rispetto ai quali erano
riferibili i ricordii dei testimoni escussi, evidenziando altresì
l’equivocità delle tracce trovate in loco e che non consentivano di
stabilire il tempo e il valore della recinzione la cui preesistenza era
acclarata dai paletti ivi rinvenuti. Pertanto, non era dimostrata la
durata ventennale del possesso utile ad usucapionem.
Orbene, pur denunciando violazioni di legge, la doglianza si risolve
2

nella censura degli accertamenti di fatto riservati al giudice di merito
e che sono incensurabili in sede di legittimità se non sotto il vizio
deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. che deve
consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve
del provvedimento

impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della
valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito
rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti
pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la ( dedotta
) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione
soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa
lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine è sottratta al
controllo di legittimità della Cassazione. Le critiche formulate dalle
ricorrenti

non

sono

idonee

a scalfire la correttezza e la congruità

dell’Iter logico giuridico seguito dalla sentenza: le censure lamentate,
in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si
limitano a invocare una ricostruzione della fattispecie concreta difforme
da quella accolta dalla sentenza impugnata.
3.-

Il secondo motivo, lamentando violazione dell’art. 102 cod. proc.

civ., denuncia il difetto di integrità del contraddittorio non avendo
partecipato al giudizio i titolari dei diritti di servitù di passaggio
costituiti dai convenuti sulla porzione di fondo attribuita con la
sentenza all’attore.

4.- Il motivo è infondato.
L’ipotesi del litisconsorzio necessario sostanziale si configura quando,

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essere verificato in base al solo esame del contenuto

in presenza di un rapporto per sua natura inscindibile esistente fra più
parti, la mancata partecipazione al processo di tutti i soggetti della
situazione sostanziale dedotta in giudizio comporterebbe la inidoneità
della sentenza a produrre un qualsiasi effetto giuridico anche nei

Nella specie, in cui è stata proposta l’azione di cui all’art. 950 cod.
civ., la sentenza ha determinato il confine tra i fondi dell’attore e dei
convenuti, condannando questi ultimi alla restituzione del terreno
risultato di proprietà degli attori.
La posizione dei terzi – i quali siano divenuti titolari di diritti di
servitù costituiti dai convenuti su porzioni di fondo di cui i medesimi
non avrebbero avuto titolo per disporre ( perché risultati di proprietà
dell’attore) – non può avere alcuna incidenza sulla efficacia della
presente decisione e sull’accertamento che ha a oggetto il diritto di
proprietà e la estensione dei rispettivi immobili delle parti in causa,
posto che i predetti terzi sarebbero titolari non di un proprio diritto
autonomo rispetto al rapporto dedotto in giudizio ma di un diritto
dipendente dal diritto dei convenuti.

confronti di coloro che sono stati parte.

Al riguardo, va ricordato che il giudicato può spiegare efficacia
riflessa nei confronti di soggetti rimasti estranei al giudizio quando
contenga l’affermazione di una verità che non ammette un diverso
accertamento e il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto a quello
su cui il giudicato è intervenuto.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico

deat (i4/
4

ricorrenti, risultati soccombenti

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.700,00 di
cui euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per onorari di avvocato
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 ottobre 2013
Il Cons. estensore

Il Presid t

A

Condanna 4ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente

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