Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28422 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28422 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA
5111

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DE ROGATIS MARIA TERESA DRGMTR53E68I1581, CIMINELLI
VITTORIA CMNVTR27M49I054L,

DE ROGATIS ANNA LINA

DRGNLN56P60I158A, PETRUZZI GIULIO VALENTINO
PTRGVL53D02H467U, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DI PIETRALATA 320 D/4, presso lo studio
2013
2186

dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentati e
difesi dagli avvocati IANNARELLI PASQUALE, MARSEGLIA
CARLO;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 19/12/2013

..

SIMONELLI

ELVIRA

SMNLVR55L66C632U,

elettivamente

,

domiciliata in ROMA, VIA DEL BUON CONSIGLIO, 31, presso
lo studio dell’avvocato ISIDORI ENRICA, rappresentata e
difesa dall’avvocato DI GIACOMO ANTONIO;

controricorrente

di L’AQUILA, depositata il 21/08/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato SALVATORE FERRAZZANO con delega
dell’Avvocato CARLO MARSEGLIA difensore dei ricorrenti
che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

v

avverso la sentenza n. 611/2007 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Simonelli Elvira conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Chieti, Ciminelli Vittoria, De Rogatis Maria Te-

prietaria, per successione al padre, Antonio Simonelli, di
una porzione della palazzina “Taigete otto”, sita in Francavilla al Mare e che le convenute De Rogatis- Ciminelli,
avevano occupato una porzione della corte di sua proprietà con un manufatto che, tra l’altro, ostruiva
l’ingresso dalla strada di fabbricazione, tanto premesso,
ne chiedeva la condanna alla demolizione di detto manufatto oltre al risarcimento dei danni.
Costituitesi in giudizio le convenute chiedevano il rigetto della domanda ed, in via riconvenizonale eccepivano
/
l’intervenuta usucapione. Si costituiva in giudizio anche
il terzo chiamato, Petruzzi Giulio Valentino, eccependo
la tardività della sua chiamata in causa, riportandosi, nel
merito, a quanto dedotto dai suoi danti causa.
Assunta la prova testimoniale ed espletata C.T.U., con
sentenza 29.8.2002, il Tribunale di Chieti rigettava la
domanda dell’attrice compensando interamente tra le parti le spese processuali.
Tale sentenza era impugnata da Simonelli Elvira con apiski,v. (Lo
pello cui restavano gli originari convenuti, prope
,altresì, appello incidentale.

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resa, De Rogatis Anna Lina e, premesso di essere pro-

Con sentenza depositata il 21.8.207 la Corte di Appello
dell’Aquila, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava Simonelli Elvira proprietaria della porzione di

planimetria redatta dal C.T.U. condannando i convenuti
alla sua restituzione; rigettava l’appello incidentale e
còrldannava gli appellati al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio.
Osservava la corte territoriale che l’azione proposta
dall’attrice doveva qualificarsi come azione di rivendica
e che non sussisteva la “mutati° libelli” configurata dal
primo giudice in quanto Simonelli Elvira, sia con l’atto
di citazione che con le conclusioni rassegnate all’udienza
4.3.2002, aveva sempre chiesto la restituzione del bene
in contestazione sul presupposto di esserne proprietaria;
erroneamente, peraltro, il giudice di prime aveva ritenuto
escluso che l’attrice non avesse assolto all’onere probatorio relativo a detta azione, posto che si verteva, nella
specie, in una situazione di attenuazione di tale onere,
per il duplice fatto che i convenuti avevano proposto una
riconvenzionale di acquisto per usucapione successivo al
titolo del rivendicante, riconoscendo, inoltre, la originaria appartenenza dl bene conteso ad un comune dante
causa; ne conseguiva che doveva considerarsi sufficiente
che l’attrice avesse provato che il bene in questione fos-

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corte, come individuata con colorazione in giallo nella

se compreso nel proprio titolo di acquisto, come risultante dall’atto di compravendita per notar Rolli; andava rigettata la domanda riconvenzionale dei convenuti in di-

quella abbreviata.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso
Ciminelli Vittoria, De Rogatis Maria Teresa, De Rogatis
Anna Lina e Petruzzi Giulio Valentino, formulando nove
motivi con i relativi quesiti di diritto ;illustrati da successiva memoria.
Resiste con controricorso Simonelli Elvira.
Motivi della decisione
I ricorrenti deducono:
1)nullità della sentenza impugnata, ai sensi degli artt.
132,2°,3° e 4 0 co. c.p.c. e dell’art. 161 c.p.c., stante il
difetto di sottoscrizione del consigliere relatoreestensore; non valeva, peraltro, a superare tale nullità, la
dicitura apposta in calce alla sentenza stessa “ai sensi
dell’art. 132 c.p.c. sottoscritta solo dal Presidente, essendo stato il relatore Cons. Salvatore di Paola collocato
a riposo 1’1.4.2007, dopo il deposito della minuta della
sentenza”, atteso che il carattere eccezionale della norma
di cui all’art. 132, co. 2° c.p.c., non consentiva
un’interpretazione estensiva della locuzione “altro impedimento”, non riguardante la semplice collocazione a ri-

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fetto dei presupposti della usucapione ordinaria e di

poso del magistrato tenuto alla sottoscrizione e di cui,
fra l’altro, non risultava il rifiuto alla sottoscrizione
stessa;

in relazione all’art. 112 c.p.c. e conseguente nullità della
sentenza; il giudice di secondo grado, incorrendo nel vizio di ultrapetizione,aveva erroneamente applicato
l’art.948 c,c, in luogo dell’art. 936 c.c., ( attinente alla
domanda di demolizione del fabbricato), disciplinante
l’ipotesi di opere fatte da un terzo su un fondo altrui con
materiali propri, senza, peraltro, che i convenuti avessero accettato il contraddittorio sulla domanda tardivamente proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni, sulla nuova domanda di cui all’art. 948 c.c.;
3) violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c.
in relazione agli artt. 936 e 948 c.c. nonché vizio di motivazione, posto che, pur avendo i convenuti rifiutato il
contraddittorio sulla nuova domanda di revindica, il giudice di secondo grado aveva qualificato in tal senso la
originaria domanda di accessione ex art. 936 c.p.c., avente presupposti diversi da quella di revindica;
4)insufficiente o contraddittoria ovvero apparente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 948 c.c., per avere la Corte
territoriale apoditticamente ritenuto che la domanda di

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2) violazione e falsa applicazione,ex art. 360 n. 4 c.p.c.,

demolizione del manufatto contenesse implicitamente
quella di rivendica, senza che quest’ultima domanda fosse stata formalmente proposta e senza considerare che

ne di essere proprietario del bene conteso e la relativa
richiesta di restituzione, sicché le due domande “possono
coesistere, ma non possono considerarsi implicitamente
proposte qualora venga proposta solo una di esse” ( V.
quesito);
5) violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 4 c.p.c.
in relazione all’art. 345 c.p.c. e conseguente nullità della
sentenza, per avere la sentenza impugnata deciso sulla
nuova domanda di rivendicazione, non proposta con
l’originario atto di citazione, in presenza di espressa eccezione di inammissibilità di controparte e di rifiuto del
contraddittorio sulla domanda stessa;
6)violazione e falsa applicazione ed insufficiente e/o
contraddittoria motivazione ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in
relazione agli artt. 832-948 e 2697 c.c.; il giudice di appello aveva ritenuto che l’onere probatorio a carico dell’attrice fosse attenuato in quanto i convenuti avevano
proposto domanda riconvenzionale di usucapione in relazione ad un bene appartenente ad un comune dante causa,
non tenendo conto che, nella specie, che i convenuti avevano cominciato a possedere in data anteriore alla data

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anche l’azione ex art. 936 c.c. presuppone la dichiarazio-

(20.5.1972) dell’atto di compravendita in favore di Simonelli Antonio, padre dell’attrice; posto, quindi, che
l’atto di citazione era stato notificato ai convenuti il

correva risalire ai venti anni precedenti alla data del
20.5.1972;
7) vizio di motivazione e violazione, falsa applicazione
degli artt. 1165 e 2943 c.c., laddove la Corte di merito
aveva sostenuto che, con lettera racc. 9.10.90, l’attrice
aveva rivendicato i propri diritti sul bene in questione e
che vi era una situazione di conflittualità risalente agli
anni 1987-1988, deducendone l’esclusione di un possesso
pacifico ed indisturbato per vent’anni da parte dei convenuti, senza tener conto che,ai fini dell’usucapione, va
valutata solo la buona fede iniziale che non può essere
interrotta da atti di diffida o di costituzione in mora, potendo il possesso esercitarsi anche in contrasto con la
volontà del titolare del diritto reale; al riguardo viene
formulato il quesito di diritto: se l’utile possesso ad usucapionem ultraventennale, maturato dal possessore di un
immobile che unisce al proprio possesso quello del suo
dante causa, possa ritenersi efficacemente interrotto dalla istanza contenuta in una raccomandata inviata dal formale titolare dell’immobile, in cui si fa riferimento ad un
inesistente abuso in base al quale sarebbe sorto il pos-

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25.2.1991, per il maturarsi del!’ usucapione ordinaria oc-

sesso; se il possesso possa ritenersi efficacemente interrotto da una situazione di (presunta) conflittualità.
8)vizio di motivazione;violazione e falsa applicazione

per avere il giudice di appello escluso l’intervenuta usucapione decennale in favore dei conventi per difetto di
un titolo idoneo a trasferire agli stessi la proprietà della
corte-giardino in questione, risultando, invece, dall’atto
di compravendita per notaio De Cinque del 28.12.1972,
che l’impresa Lucani aveva trasferito ai coniugi De Rogatis- Ciminelli l’immobile sito in Francavilla Mare, a
corpo e non a misura e nello stato di fatto e di diritto in
cui si trovava;
9)violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione ai D.M. n. 585/94 e n. 127/2004, quanto alla condanna degli appellati alle spese del doppio grado di giudizio; il giudice di appello aveva motivato detta statuizione facendo riferimento solo al principio della soccombenza, liquidando le spese processuali di primo e di secondo grado in misura sproporzionata, superiore al massimo previsto, omettendo di tener conto della natura e
del valore della controversia, dell’importanza e del numero delle questione trattate, del grado dell’autorità adita ed , in particolare, della modifica della domanda originaria e della incertezza sulla sussistenza di un evento

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dell’art. 1159 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.,

terruttivo della usucapione .
Nella memoria, ex art. 378 c.p.c., i ricorrenti eccepiscono l’inammissibilità del controricorso per difetto del

separato, allegato in calce al controricorso, facendosi in
essa riferimento a “ogni fase e sviluppo della presente
procedura ed a qualsiasi altra in qualche modo connessa
quale riassunzione, appello, opposizione, precetto, esecuzione, opposizione agli atti esecutivi e qualsivoglia
opposizione all’esecuzione..” , procedure tutte estranee
al giudizio di cassazione che, prevede, eventualmente
solo il giudizio di rinvio.
L’eccezione è infondata. Secondo il principio affermato
da questa Corte, infatti, il mandato apposto in calce o a
margine del ricorso per cassazione o del controricorso,
essendo per sua natura speciale ( non richiede, ai fini
della sua validità, alcun specifico riferimento al giudizio in corso sicché é irrilevante sia la mancanza di uno
specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto
che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà
solitamente rapportabili al giudizio di merito( Cass. n.
26504/2009); il riferimento espresso ” alla presente procedura” deve , peraltro, intendersi come riferito al giudizio di legittimità è garantisce ,in ogni caso , il requisito della specialità della procura

8

i

pur facendosi cenno

requisito di specialità della procura apposta sul foglio

a poteri e facoltà rapportabili ad altre fasi del giudizio
( Cass. n. 13688/2001).
Passando all’esame dei motivi di ricorso, si rileva, in

sta Corte ha equiparato il collocamento a riposo del
giudice ad un impedimento alla sottoscrizione della sentenza (V.ordinanza n. 4326 del 19.03.2012;n. 2645/2005),
affermando che, in tema di sottoscrizione delle sentenza
civili, in caso di collocamento in pensione, dimissioni
e comunque in tutte le ipotesi( diverse dal trasferimento
ad altra sede e ad altro incarico) in cui il magistrato abbia cessato di far parte dell’ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte dl medesimo, pur in difetto di un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione, non è coercibile, e può essere rifiutata, senza
che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente . Alla norma di cui all’art. 132 c.p.c.( secondo cui,
se il giudice non può sottoscrivere la sentenza “per
morte o altro impedimento”, questa è sottoscritta dal
componente più anziano del collegio), non può, infatti,
attribuirsi carattere eccezionale ed é, quindi, consentita
l’applicazione analogica ed estensiva dell’ipotesi di
“altro impedimento”, con riferimento anche al collocamento a riposo del magistrato.
Il secondo motivo è infondato; la sentenza ha affermato

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ordine alla prima censura, che la giurisprudenza di que-

che l’attrice, sul presupposto

di essere proprietaria

dell’area in contestazione, con l’atto di citazione ne ave-

posto dalla denuncia della violazione processuale ex art.
112 c.p.c.,posto che le attrici

avevano denunciato

l’occupazione della loro porzione di cortile a mezzo di
un manufatto ed avevano domandato la restituzione del
bene (mediante la demolizione del manufatto)e la domanda era stata intesa come revindica anche da parte dei
conventi che avevano domandato,in via riconvenzionale,
l’intervenuta usucapione della porzione di corte.
Il terzo motivo rimane assorbito dalla infondatezza del
precedente motivo; la proposizione di una domanda di
revindica comportava,peraltro, l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 948 c.c. e, comunque, l’art. 936,
u.co. c.c., il quale prevede che il proprietario del suolo,
su cui un terzo abbia realizzato un’opera, non può domandarne la rimozione trascorsi sei mesi dalla notizia
dell’incorporazione, trova applicazione solo nell’ambito
della disciplina dell’accessione, nel senso che lo stesso
proprietario, privato della scelta tra ritenzione e rimozione della costruzione, resta obbligato al pagamento del
valore del valore dei materiali e del prezzo della mano
d’opera (oppure dell’aumento del valore del fondo) , ma

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va domandato sostanzialmente, la restituzione e tale con)
elusione va condivisa all’esito dell’esame degli atti, im-

ciò non interferisce sulla facoltà del proprietario medesimo di agire in rivendicazione, al fine di recuperare la
porzione del bene di cui sia stato spossessato con

demolizione, fermo restando il suddetto obbligo di pagamento ( Cass. n.905212012).
La quarta censura è infondata, non essendo ravvisabile
alcun vizio di motivazione sull’interpretazione e qualificazione della domanda di parte attrice, per le argomentazioni già svolte in relazione al motivo sub 2) e risolvendosi, peraltro, la doglianza stessa in una sollecitazione al il giudice di legittimità, quale giudice del fatto
processuale, all’accertamento della domanda originariamente proposta dall’attrice, senza che possa ravvisarsi
sul punto un concreto interesse sull’interpretazione data
alla domanda dalla sentenza impugnata.
Il quinto motivo resta assorbito dalla infondatezza del
secondo motivo.
La sesta censura è infondata; risulta, infatti, dalla sentenza che i convenuti avevano acquistato il bene con atto del 28.12.1972 e, dall’atto di citazione, che il padre
dell’attrice aveva acquistato il bene di quest’ultima il
20 maggio 1972; afferma, inoltre, il giudice di appello
che entrambi gli acquisti provenivano dal medesimo unico proprietario di entrambi i beni; essendo, quindi,

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l’esecuzione di quell’opera e, quindi, di conseguirne la

l’acquisto dei conventi successivo a quello del padre
dell’attrice, il possesso utile all’usucapione di questi ul-

è contestato poi / che questi fosse l’unico originario pro/
prietario dei beni e resiste, pertanto, la motivazione
della sentenza sull’attenuazione dell’onere probatorio
della proprietà, in presenza della domanda di acquisto
per usucapione successivo al titolo del rivendicante e
della originaria appartenenza del bene contesto ad un
unico originario proprietario.
Va rammentato, infatti, che questa Corte ha ribadito il
principio secondo cui, qualora il convenuto sostenga, in
via riconvenzionale, di aver acquistato per usucapione la
proprietà del bene rivendicato, si attenua l’onere probatorio posto a carico dell’attore in rivendicazione, poiché
esso si riduce alla prova di un valido titolo di acquisto
da parte sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti
causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova
che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto( Cass.
n. 5161/2006; n. 9303/2009).
In ordine al settimo motivo va rilevato che il quesito
sopra riportato non è decisivo e, comunque, il motivo
non è fondato, avendo la sentenza affermato che i con-

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timi sarebbe iniziato in danno del padre dell’attrice; non

venuti avevano acquisito

il possesso della corte con

l’atto del 28.12.1972 senza che vi fosse stata accessione al possesso del venditore in quanto il loro titolo non

terruttiva degli atti indicati dalla sentenza, il termine
di usucapione non era, quindi, maturato all’epoca della
notifica dell’atto di citazione 24.1.1991.
L’ottavo motivo( con cui si censura l’affermazione che il
titolo dei convenuti non prevedeva l’acquisto del bene)
è inammissibile in quanto si risolve in un apprezzamento di fatto rispetto al quale non è pertinente la denunciata violazione della norma di cui all’art. 1159 c.c., esclusa da tale accertamento.
È, infine, privo di fondamento il nono motivo, avendo
la sentenza impugnata richiamato correttamente , quanto
al carico delle spese processuali, il principio di soccombenza; in ordine agli onorari di primo grado, la censura
è inammissibile perché attinente ad una questione nuova
e,quanto agli onorari di appello, la doglianza si limita
ad affermare che la tariffa doveva essere applicata nel
minimo e che difettava la prova delle spese, questioni
entrambe rimesse all’apprezzamento del giudice di merito. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate come
da dispositivo,con distrazione in favore del procuratore

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ne prevedeva l’acquisto; a prescindere dalla efficacia in-

dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €

legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma il 29 ottobre 2013.
Il Consigliere est.

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