Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28422 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 05/11/2019), n.28422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8072-2018 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO CERICHELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO FANTACCHIOTTI;

– ricorrente –

contro

READOMUS SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEOFILO FOLENGO 49, presso lo

studio dell’avvocato PIERA PASCHERO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5760/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel 2012, M.F., nella qualità di procuratore speciale di Ma.Fr., convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la Readomus s.r.l., chiedendo l’eliminazione delle opere abusivamente realizzate dalla convenuta e la condanna della stessa al risarcimento dei danni ed alla riduzione in pristino.

La vicenda ebbe inizio da un’azione cautelare, non andata a buon fine, proposta da M.F., per chiedere che venissero adottati provvedimenti di urgenza finalizzati alla tutela della proprietà.

Proponendo giudizio di merito, parte attrice dedusse che la Readomus, iniziò dei lavori di trasformazione interni ed esterni che modificarono non solo l’aspetto architettonico della villa bifamiliare – composta del pianterreno, di proprietà della società convenuta, e del primo piano, di proprietà di Ma.Fr. – ma provocarono una serie di lesioni ai muri e alla guaina del solaio, favorendo infiltrazioni d’acqua; inoltre, senza alcuna autorizzazione, furono inseriti dei tubi corrugati nel muro di protezione del lastrico solare, di esclusiva proprietà del M.. La Readomus, costituendosi in giudizio, chiese il rigetto della domanda; propose, altresì, domanda riconvenzionale diretta al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6760 del 2016, dichiarò inammissibile la querela di falso proposta da M.F. nei riguardi delle perizie; accolse parzialmente la domanda proposta dallo stesso nella qualità di procuratore di Ma.Fr. e, per l’effetto, condannò la Readomus s.r.l. all’eliminazione delle cavillature presenti nell’immobile dell’attore; rigettò tutte le ulteriori domande dell’attore e la rincovenzionale avanza dalla convenuta, condannando la medesima società al pagamento delle spese processuali e parte attrice al pagamento delle spese del procedimento cautelare in corso di causa.

M.F., quale procuratore speciale di Ma.Fr., propose appello avverso la predetta sentenza.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5760/2017 del 14 settembre 2017, dichiarava inammissibili le querele di falso proposte in questo giudizio, rigettava l’appello proposto da M.F., nella qualità di Ma.Fr., e compensava tra le parti le spese di giudizio.

3. Avverso tale decisione propone ricorso in Cassazione Ma.Fr., sulla base di sette motivi illustrati da memoria.

3.1. Resiste con controricorso la Società Readomus S.r.l.

4. stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la ” Violazione degli artt. 1362 C.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″

Il motivo investe la parte in cui la sentenza di secondo grado accertava e dichiarava l’invalidità della procura conferita da Ma.Fr. al padre M.F..

La Corte di Appello avrebbe mal interpretato le due procure prodotte dal M., in quanto, pur avendo ad oggetto solo i procedimenti cautelari e non anche il giudizio di merito, risulterebbe, comunque, inequivocabile la volontà del mandante ( Ma.Fr.) di conferire al padre ( Ma.Fr.) la gestione del rapporto “di natura sostanziale”. Pertanto, si rileverebbe con evidenza l’errore di lettura della Corte causato dalla violazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 C.c. e ss., e, segnatamente, del principio dell’art. che prevede, nella interpretazione dei contratti la lettura delle singole parti “le une per mezzo delle altre con attribuzione a ciascuna del senso che risulta dal complesso dell’atto”.

6.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la “Violazione degli artt. 101 e 183 c.p.c., artt. 3 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

La Corte avrebbe violato il principio dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in quanto, a seguito di una questione rilevata d’ufficio l’inefficacia della procura -, il giudice non avrebbe garantito il principio del contraddittorio, non avendo previsto un termine perentorio per presentare memorie difensive sul punto.

6.3. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della “Violazione dell’art. 359 c.p.c., comma 1, art. 182 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″. Il giudice di seconde cure avrebbe disapplicato l’art. 182 c.p.c., omettendo di assegnare il termine per la regolarizzazione della procura alle liti, pronunciandosi direttamente nel merito sui motivi di appello.

6.1.1. I primi tre motivi sono inammissibili per difetto di interesse avendo il giudice di appello ritenuta assorbita la questione dell’inidoneità della procura.

Inoltre il primo motivo sarebbe anche inammissibile perchè attinente al risultato interpretativo della procura di competenza del giudice di merito.

Il secondo motivo sarebbe ugualmente inammissibile per mancata indicazione dello specifico pregiudizio al diritto di difesa derivato dalla violazione processuale denunciata (ed inoltre l’art. 101, comma 2, non riguarda il rilievo d’ufficio di questioni processuali).

L’inammissibilità del terzo motivo discende dalla mancata impugnazione da parte del ricorrente della pronuncia di assorbimento sulla inidoneità della procura.

6.4. Con il quarto motivo lamenta la ” Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”. La Corte avrebbe omesso di esaminare la domanda di condanna della società Readomus alla rimozione del tubo corrugato collocato nel muro esterno del lastrico di proprietà del M.. Tale omissione configurerebbe violazione dell’art. 112 c.p.c.

Il motivo è infondato perchè il giudice si è pronunciato sul motivo di appello. Infatti a pag. 5 della sentenza il giudice dell’Appello ha affermato che ‘nell’ambito dello stesso motivo di gravame (…) lamenta il rigetto della domanda di rimozione dei tubi corrugati del lastrico (sul punto ritiene che non vi siano motivi per dare luogo ad ennesimi accertamenti peritali (…) posto che le conclusioni alle quali sono pervenuti i due consulenti risultano adeguatamente motivatè.

6.5. Con il quinto motivo si denuncia la ” Violazione degli artt. 832,1032,948 e 949 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”. La sentenza d’appello non avrebbe motivato, o l’avrebbe fatto solo implicitamente, il gravame relativo alla collocazione del tubo corrugato nel muro di protezione del lastrico solare, violando gli articoli indicati 832, 1032,948 e 949.

Anche questo motivo è inammissibile perchè il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza del giudice del merito. Infatti il giudice di appello non ha fatto implicito rinvio alla motivazione di 1, ma ha motivato. Infatti a pag. 5 della sentenza ha affermato che (…) sul punto ritiene che non vi siano motivi per dare luogo ad ennesimi accertamenti peritali (…) posto che le conclusioni alle quali sono pervenuti i due consulenti risultano adeguatamente motivate.

6.6. Con il sesto motivo si duole della “Violazione dell’art. 132 c.p.c., artt. 1120 e 1122 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. La sentenza della Corte di appello sarebbe nulla per inesistenza della motivazione, in quanto apparente, nella parte in cui la stessa non si sarebbe pronunciata sulla domanda di rimozione delle diverse opere lesive del decoro architettonico realizzate dalla Readomus.

Il motivo segue la stessa sorte dei precedenti in quanto, anche qui non coglie la ratio decidendi della sentenza. Il ricorrente denuncia la motivazione apparente ma il giudice di merito, definendo il motivo di appello confuso, lo ha ritenuto inammissibile per mancato rispetto del 342.

6.7. Con il settimo motivo lamenta la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. La Corte avrebbe errato nell’asserire la mancata allegazione e prova della causa petendi del diritto di comproprietà del M. sulla particella 164, che in realtà, tale titolo sarebbe stato un effetto dell’atto di compravendita dell’appartamento di primo piano, adeguatamente indicato e prodotto. Pertanto, il giudice avrebbe omesso un fatto decisivo.

Il motivo è inammissibile per due ordini di ragioni.

Innanzitutto perchè si censura con difetto di motivazione quale omesso esame di fatto una statuizione di difetto di allegazione, che attiene non al piano probatorio ma a quello preventivo delle allegazioni che doveva essere denunciato con l’art. 360 c.p.c., n. 4.

La seconda ragione è che ove si ritenga che sia stato impugnata la statuizione di mancanza di difetto di allegazione si sarebbe comunque nell’ambito dell’errore revocatorio quale mancata percezione del fatto processuale corrispondente all’allegazione.

7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, cd agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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