Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28421 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/12/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 14/12/2020), n.28421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1323/2018 proposto da:

CONSORZIO AUTOSTRADE SICILIANE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA IRNERIO n.

11, presso lo studio dell’Avvocato ANNARITA FERA, rappresentato e

difeso dall’Avvocato CARMELO MATAFU’.

– ricorrente principale –

contro

P.F., P.A., PA.RO., tutti quali

eredi di P.A. elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

DEI RE DI ROMA N. 3, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI CARUSO,

che li rappresenta e difende.

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 624/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 04/07/2017 R.G.N. 876/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Messina, con sentenza n. 624/2017, riformando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto del defunto P.A., già dipendente del Consorzio Autostrade Siciliane con inquadramento nella qualifica di istruttore geometra livello A1, a percepire le differenze retributive tra il livello A1 e il livello A del CCNL Autostrade e Trafori per avere svolto invece le mansioni superiori di capo ufficio geometra, con condanna del Consorzio al pagamento, in favore dei suoi eredi in epigrafe indicati, delle somme corrispondenti a tali differenze per il periodo dal 2000 fino al deposito del ricorso introduttivo del giudizio, pari ed Euro 14.516,04, oltre interessi come per legge.

2. La Corte di appello, premesso che la domanda dell’originario ricorrente era fondata sullo svolgimento di mansioni superiori e sull’applicazione del contratto collettivo privatistico, ha osservato – in sintesi – quanto segue:

a) il Consorzio per le Autostrade Siciliane ha natura di ente pubblico non economico (Cass. S.U. n. 98 del 2000, n. 185 del 2001, n. 19661 del 2003, n. 20886 del 2006 e 10823 del 2015), con conseguente applicazione ai suoi dipendenti della contrattazione collettiva regionale e del D.Lgs. n. 165 del 2001, secondo le previsioni di cui alla L.R. n. 10 del 2000, artt. 1 e 24, e che di conseguenza l’applicazione di una contrattazione collettiva diversa da quella prevista dalla legge poneva in essere una situazione riconducibile alla nullità del contratto per violazione di norma imperativa;

b) il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con parere n. 841 del 2010, a seguito di quesito posto dall’Assessorato regionale Infrastrutture e Mobilità, aveva chiarito che, a decorrere dall’entrata in vigore della L.R. n. 10 del 2000 (17 maggio 2000), al personale del Consorzio avrebbero dovuto applicarsi le disposizioni della stessa legge, tra cui l’art. 24, per quanto atteneva al trattamento economico del personale, e avrebbe dovuto cessare ogni ultrattività della singolare e più favorevole disciplina anteriormente autorizzata in un diverso contesto normativo. Tale parere era stato ribadito dal medesimo Consiglio di Giustizia Amministrativa, chiamato nuovamente a pronunziarsi sulla questione, con parere n. 805 del 2012;

c) dunque, al lavoratore dipendente del C.A.S. doveva essere applicato esclusivamente il CCRL, restando escluso che il datore di lavoro pubblico possa introdurre deroghe, anche più favorevoli ai dipendenti, all’assetto definitivo fissato in sede di contrattazione collettiva (Cass. n. 4653 e n. 2187 del 2011);

d) era pure certo che di fatto il Consorzio, allorquando entrò in vigore la L. n. 10 del 2000, aveva già da tempo proceduto all’approvazione di un proprio regolamento, secondo cui le deliberazioni concernenti le piante organiche e le modifiche allo stato giuridico ed economico del personale erano soggette all’approvazione delle Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale per i lavori pubblici, e alla stregua di tale disciplina regolamentare il Consorzio aveva nel tempo regolato il rapporto di lavoro del personale con applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale delle Autostrade e Trafori, sia con riguardo all’inquadramento sia con riguardo al trattamento economico, continuando a farne applicazione anche dopo la L.R. n. 10 del 2000;

e) l’applicazione di tale normativa contrattuale si era protratta fino al momento della conclusione del percorso di riclassificazione e di passaggio effettivo del personale alla disciplina del contratto collettivo regionale di lavoro. Tale percorso, avviato nel 2010 dopo il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa, sia era concluso, previa predisposizione di apposite tabelle di equiparazione, con deliberazione dell’Assemblea del Consorzio per le Autostrade Siciliane del 21 novembre 2014, approvata dalla Giunta regionale con Delib. 16 febbraio 2015, n. 26;

f) nel caso in esame, tuttavia, il periodo dedotto in giudizio riguardava un periodo (anni 1998/2005) anteriore all’inizio del suddetto percorso (anno 2010), quando cioè il Consorzio applicava di fatto ai propri dipendenti il contratto collettivo di lavoro privatistico, pur essendo tenuto all’applicazione del contratto regionale;

g) la questione del diritto alla retribuzione propria del superiore livello andava risolta alla luce dell’art. 2126 c.c., applicabile a tutti i casi di prestazione di fatto in violazione di legge e dettata per regolare in senso favorevole al lavoratore gli effetti della nullità o dell’annullamento del contratto di lavoro, e la cui applicabilità poteva essere esclusa solo in caso di illiceità dell’oggetto o della causa, situazioni che nella specie non ricorrevano, poichè si versava in un’ipotesi di violazione della norma imperativa;

h) l’art. 2126 c.c., era applicabile anche ai rapporti di lavoro instaurati con la P.A. e con un ente pubblico non economico, secondo costante giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24266 del 2016, 23645 del 2016, n. 991 del 2016);

i) ne conseguiva che una volta accertato l’effettivo svolgimento di mansioni superiori, correlate alla superiore qualifica, in violazione di norme imperative, la Pubblica Amministrazione doveva tenere conto del principio di corrispettività delle prestazioni di lavoro subordinato medio tempore espletate e non poteva ripetere le retribuzioni percepite per le mansioni effettivamente svolte (Cons. Stato, sez. 5, n. 2833 del 2001). Ci si trovava in presenza di un annullamento di un atto di conferimento di mansioni superiori equiparabile all’annullamento del contratto in relazione all’art. 2126 c.c. (e, tramite detta disposizione, all’art. 36 Cost.), da reputarsi compatibile con il regime del lavoro pubblico contrattualizzato (Cass. nn. 22287 del 2014, 11248 del 2012, 10759 del 2009);

j) il quesito relativo a quale fosse la retribuzione dovuta era problema che si risolveva nel senso che era dovuta la retribuzione corrispondente alle mansioni svolte, mentre per individuare il parametro normativo occorreva esaminare il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro nel periodo al quale si riferisce lo svolgimento di mansioni superiori;

k) nel caso in esame, era emerso dalla prova testimoniale, con assoluta certezza, che il P. era stato preposto presso il Centro Operativo (OMISSIS) alla gestione integrale del procedimento volto alla individuazione delle aree interessate dal tracciato della costruenda autostrada (OMISSIS): procedimento finalizzato all’acquisizione di immobili e che richiedeva l’espletamento di compiti riconducibili alla qualifica di Capo Ufficio livello A;

l) spettavano quindi le differenze retributive in applicazione del livello A, secondo il CCNL concretamente applicato di fatto dal Consorzio a tutti i suoi dipendenti nel periodo di tempo al quale si riferiva lo svolgimento di mansioni superiori, quantificate a mezzo di ctu ed evidenziando che l’eccezione di prescrizione quinquennale, tempestivamente sollevata in primo grado, non era stata ritualmente reiterata in appello.

3. Per la cassazione di tale sentenza il Consorzio Autostrade Siciliane ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.

4. Hanno resistito con controricorso gli eredi di P.A. in epigrafe indicati, proponendo, altresì, ricorso incidentale condizionato con un solo motivo.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Con unico motivo il Consorzio ricorrente denuncia violazione della L.R. Sicilia n. 20 del 2000, art. 24, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2 e artt. 40 e segg. dello citato Decreto, nonchè falsa applicazione dell’art. 2126 c.c. e dell’art. 36 Cost. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte di appello determinato il trattamento economico alla stregua di un CCNL che la stessa Corte ha riconosciuto non potere legittimamente regolare il rapporto di lavoro del personale del C.A.S., il quale era invece assoggettato al CCRL sottoscritto dall’ARAN. Aggiunge che semmai il dipendente avrebbe dovuto chiedere la retribuzione per le mansioni superiori previste dal CCRL allegando la corrispondenza dell’attività svolta a quella previsione, ma, al di là dell’assenza di una formale allegazione, la Corte di appello ha comunque disposto c.t.u. contabile dalla quale si rilevava l’inesistenza di un credito ai sensi di tale diversa fonte normativa.

6. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, gli eredi di P.A. lamentano che la Corte di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., non si era pronunciata sulla richiesta di inammissibilità ex art. 437 c.p.c., della eccezione sollevata in grado di appello dal Consorzio di inapplicabilità del CCNL delle Autostrade private, piuttosto che il CCRL per i dipendenti regionali e per gli enti di cui alla L.R. n. 10 del 2000, art. 1.

7. Preliminarmente deve essere valutata l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso per cassazione, formulata dagli odierni controricorrenti, per essere stato con esso evocato in giudizio il geom. P.A. sebbene lo stesso fosse deceduto l'(OMISSIS) e di tale evento il Consorzio Autostrade Siciliane fosse a conoscenza.

8. L’eccezione è fondata.

9. In punto di fatto va evidenziato quanto segue.

10. P.A. è deceduto l'(OMISSIS), nel corso del giudizio di appello promosso nell’anno 2013 e definito con sentenza pubblicata il 4.7.2017. Gli eredi avevano comunicato al Consorzio Autostrade Siciliane il decesso del loro dante causa con la notifica, in forma esecutiva, della sentenza impugnata, nella cui relata era stato espressamente indicato che la stessa era stata trasmessa dagli eredi del defunto geom. P.: ciò in data 29.11.2017.

11. Il ricorso per cassazione, invece, è stato notificato il 22.12.2017 all’Avv. Giovanni Caruso nella qualità di procuratore costituito in secondo grado di P.A..

12. Orbene, in sede di legittimità si è affermato il principio, cui questo Collegio intende dare seguito, secondo cui è nullo, nel suo valore sostanziale, l’atto introduttivo del giudizio per cassazione allorchè esso, per errata identificazione del soggetto passivo della “vocatio in ius”, invece, che nei confronti dell’erede, sia proposto e notificato (mediante il rilascio di copia nel domicilio eletto dal procuratore) alla parte deceduta e del cui decesso il ricorrente abbia già avuto conoscenza legale, restando una tale nullità, tuttavia, sanata dalla costituzione in giudizio dell’erede, avvenuta prima del passaggio in giudicato dell’impugnata sentenza (Cass. n. 7981 del 2007; Cass. n. 11466 del 2020).

13. Nella fattispecie in esame, essendo stata la gravata decisione pubblicata il 4.7.2017, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., è divenuta definitiva il 4.1.2018. la costituzione degli eredi del P., nel presente giudizio, è avvenuta con controricorso notificato il 24.1.2018, depositato il 9.2.2018.

14. Alla stregua del principio sopra esposto, non può attribuirsi efficacia sanante alla suddetta costituzione e, pertanto, il ricorso per cassazione è inammissibile per l’intervenuto passaggio in giudicato della impugnata pronuncia.

15. Accanto a questo profilo, devono sottolinearsi, in ogni caso, ulteriori ragioni di inammissibilità.

16. Rileva il Collegio che non risulta avere formato oggetto di censure nè l’accertamento giudiziale relativo alle mansioni di fatto svolte dal de cuius nel periodo dedotto in giudizio, ritenute dal giudice di appello (al pari del primo giudice) riconducibili ad un livello superiore a quello di inquadramento, nè l’applicabilità dell’art. 2126 c.c., anche in relazione all’art. 36 Cost., al rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, come affermato nella sentenza impugnata in linea con la giurisprudenza costante di questa Corte, pure specificamente richiamata. Il ricorso contesta unicamente il parametro utilizzato dalla sentenza impugnata per la determinazione della giusta retribuzione, ai sensi dell’art. 2126 c.c. e dell’art. 36 Cost..

17. In primo luogo, la censura viola il requisito di specificità del motivo di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4.

18. Secondo costante giurisprudenza (cfr., tra le più recenti Cass. n. 16700 del 2020) il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità.

19. Nel caso in esame, la ratio decidendi, sottesa alla soluzione adottata dalla sentenza impugnata in merito alla questione ora oggetto del motivo di ricorso, muove da un duplice assunto, il primo (di fatto) è la presa d’atto che il Consorzio, tardando a dare attuazione alla L.R. n. 10 del 2000, aveva di fatto prorogato l’applicazione del CCNL del personale Autostrade e Trafori anzichè dare applicazione al CCRL, come avrebbe dovuto; l’altro (di diritto) è quello contenuto nel passaggio in cui viene richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2833 del 2001 – secondo cui, in caso di recupero derivante dall’annullamento di un inquadramento illegittimo di un proprio dipendente, la Pubblica Amministrazione deve tenere conto del principio di corrispettività delle prestazioni di lavoro subordinato medio tempore espletate e non deve procedere alla ripetizione in caso di mansioni effettivamente svolte (Cons. Stato, Sez. V, n. 2833/01) -, traendone argomento per ritenere che, una volta sussunta la fattispecie nella disposizione di cui all’art. 2126 c.c., il principio di corrispettività, unitamente a quello di effettività, valesse a ritenere fondata la pretesa del dipendente di vedere applicato il contratto collettivo che regolava di fatto il rapporto di lavoro nel periodo dedotto in giudizio. Con tale ragionamento la Corte di appello ha, altresì implicitamente ritenuto inapplicabili retroattivamente le tabelle di equiparazione riguardanti il raffronto tra i profili professionali del personale dipendente del Consorzio Autostrade Siciliane e quelli del personale dipendente della Regione Siciliana, tabelle che solo più tardi avrebbero trovato recepimento per effetto della Delib. Giunta Regionale Siciliana 18 febbraio 2015, n. 26.

20. Orbene, nessuno dei punti or ora riferiti, posti a fondamento del decisum, è stato preso in esame e vagliato dal Consorzio ricorrente. Tale situazione è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso.

21. Va pure aggiunto, sempre sotto il profilo della carenza di specificità del motivo ex art. 366 c.p.c., n. 4, che il Consorzio ricorrente, argomentando unicamente sul fatto che la Corte di appello avrebbe dovuto dare applicazione ad un contratto collettivo diverso da quello che lo stesso Consorzio aveva di fatto applicato, non ha neppure chiarito le ragioni dell’ambiguo comportamento tenuto dal medesimo Ente, che in giudizio ha sostenuto una tesi in contrasto con la condotta dallo stesso tenuta all’epoca dei fatti.

22. Per altro concorrente ordine di ragioni, il ricorso è inammissibile in quanto non solo non riproduce in allegato al ricorso il Contratto regionale di lavoro, ma non fornisce neppure elementi per evidenziare l’interesse (art. 100 c.p.c.) ad una pronuncia che ne faccia applicazione.

23. Relativamente ai contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all’art. 40 del predetto D.Lgs., è norma di stretta interpretazione sicchè non può trovare applicazione ai contratti collettivi regionali ivi non contemplati (Cass. n. 7671 del 2016, conf. Cass. n. 19084 del 2018), per cui il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un contratto collettivo regionale di lavoro, soggiace agli oneri di cui trascrizione e riproduzione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

24. Posto che il Consorzio si duole della erronea applicazione di un contratto collettivo sull’implicito assunto dell’essere tale applicazione a sè sfavorevole, sarebbe stato onere del Consorzio non solo evidenziare il contenuto delle declaratorie delle aree proprie del CCRL del personale regionale, in cui validamente sussumere le mansioni che il dipendente aveva di fatto svolto, il cui accertamento operato dalla sentenza impugnata non è neppure stato contestato, come detto in precedenza, ma altresì evidenziare in quali termini l’applicazione del trattamento normativo ed economico del diverso contratto collettivo che si assume essere stato erroneamente applicato, avrebbe portato ad un risultato a sè più favorevole.

25. Difatti, l’interesse all’impugnazione – inteso quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo – deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica (da ultimo, Cass. 3991 del 2020).

26. Per tutte le esposte concorrenti ragioni, il ricorso principale va, quindi, dichiarato inammissibile; la trattazione del ricorso incidentale, proposto in via condizionata, resta conseguentemente assorbita.

27. Il Consorzio Autostrade Siciliane deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

28. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 e n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

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