Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28421 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. I, 07/11/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 07/11/2018), n.28421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23898/2014 proposto da:

F.N., V.A., e Trade Franchising Team S.a.s. di

N.F. e C., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato

R.B., che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.C., e D.M.G., quali eredi di D.M.R.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via di Santa Costanza n. 27,

presso lo studio dell’avvocato Marini Elisabetta, rappresentati e

difesi dall’avvocato Russo Walter, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

contro

Italfondiario S.p.a., nella qualità di procuratrice della Castello

Finance s.r.l., nonchè – quale società incorporante la Castello

Gestione Crediti s.r.l. – di procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Piazza B. Gastaldi n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Ziccheddu Eleonora, rappresentata e difesa

dall’avvocato Cipullo Achille, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Cipullo Achille;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1036/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/05/2018 dal cons. VALITUTTI ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO LUCIO, che ha chiesto il rigetto

del ricorso; infondatezza della richiesta dei controricorrenti della

domanda ex art. 96 c.p.c..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 15 ottobre 2002, F.N., V.A. e la Trade Franchising Team s.a.s. di N.F. & C. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Intesa BCI s.p.a. ed Intesa Gestione Crediti s.p.a., chiedendo accertarsi il carattere usurario dei tassi di interesse applicati dalle banche al contrato di mutuo stipulato con le stesse in data 20 aprile 1990, ordinarsi alle medesime la cancellazione dell’ipoteca iscritta a garanzia e delle segnalazioni dei nominativi degli attori effettuate alla Centrale dei Rischi, e condannarsi le convenute alla restituzione agli istanti degli importi versaci in più del dovuto ed al risarcimento dei danni subiti.

1.1. Con successivo atto di citazione notificato il 18-21 ottobre 2002, F.N. ed V.A. proponevano opposizione nei confronti del titolo esecutivo (il contratto di mutuo suindicato) e del conseguente precetto, loro notificati in data 15 ottobre 2002 (lo stesso giorno della notifica del precedente atto di citazione), deducendo l’inesistenza del titolo, poichè unilateralmente determinato ed oggetto di contestazione giudiziale. Nel giudizio venivano evocati anche l’avv. C.A. ed il dr. D.M.R., per avere – nella rispettiva qualità di difensore e rappresentante della banca – agito in giudizio “nell’assoluta coscienza dell’inesistenza di titolo esecutivo di natura contrattuale ed idoneo a legittimare l’avvio dell’esecuzione”.

1.2. Il Tribunale adito, con sentenza del 28 ottobre 2008, rigettava la domanda, condannando gli attori alle spese di lite.

2. Con sentenza n. 1036/2014, depositata il 7 marzo 2014, la Corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello sull’opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso il precetto notificato agli appellanti, ritenendo non impugnabile tale atto secondo la disciplina applicabile ratione temporis, e rigettava gli appelli relativi alle altre domande, ritenendo corretto l’operato della banca appellata, in ragione della tipologia di contratto intercorso nella specie tra le parti (mutuo a tasso variabile) ed al contenuto delle clausole in concreto convenute dalle parti.

3. Per la cassazione di tale sentenza hanno, quindi, proposto ricorso F.N., V.A. e la Trade Franchising Team s.a.s. di N.F. & C. nei confronti di Italfondiario s.p.a. nella qualità di rappresentante della Castello Finance s.p.a. e di Intesa Sanpaolo s.p.a., di D.M.R. e dell’avv. Achille Cipullo, affidato a quattro motivi. I resistenti C.C. e D.M.G., quali eredi di D.M.R., e Italfondiario s.p.a. hanno replicato con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, F.N., V.A. e la Trade Franchising Team s.a.s. denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. I ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che il giudizio introdotto con la citazione notificata il 15 ottobre 2002 – di accertamento negativo dell’inesistenza del credito della banca derivante dal mutuo stipulato tra le parti il 20 aprile 1990 – e quello introdotto con atto notificata il 18/21 ottobre 2002, conseguente all’avvenuta notifica agli istanti, da parte dell’istituto di credito, del titolo esecutivo (contratto di mutuo) e del precetto, fossero da qualificarsi entrambi opposizioni a precetto ex art. 615 c.p.c.. In tal modo opinando, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento negativo del credito vantato dalle banche, avendo dichiarato l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 616 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis).

1.2. Il mezzo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

1.2.1. Va, invero, osservato che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre esclusivamente quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 27/11/2017, n. 28308).

Nel caso di specie, la Corte d’appello non ha, per contro, in alcun modo omesso di provvedere sulla domanda di accertamento negativo del credito, avendo ritenuto che la stessa andasse qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., in relazione alla quale l’appello era da reputarsi inammissibile, ai sensi dell’art. 616 nel testo applicabile alla fattispecie concreta.

1.2.2. Ad ogni buon conto, deve considerarsi che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass., 10/08/2017, n. 19989).

Nel caso concreto, gli istanti si sono – ben al contrario – limitati a dedurre, peraltro del tutto genericamente, che il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente qualificato entrambi i giudizi come opposizioni all’esecuzione, sebbene si trattasse di due azioni distinte per causa petendi, petitum e soggetti, senza – tuttavia – censurare affatto le specifiche rationes decidendi poste a fondamento dell’impugnata sentenza.

La Corte ha, invero, ritenuto di qualificare la domanda di accertamento negativo del credito come opposizione all’esecuzione, essendo stata tale domanda proposta successivamente alla notifica del precetto, ed essendo la causa petendi di tale azione ricompresa nell’opposizione ex art. 615 c.p.c., pure proposta – in un secondo tempo – dai ricorrenti. Di più, essendo stata la domanda di accertamento negativo del credito qualificata dalla sentenza di primo grado come opposizione ex art. 615 c.p.c., la Corte d’appello ha richiamato il cd. principio dell’apparenza, secondo il quale l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata tenendo conto della qualificazione dell’azione operata dal giudice nello stesso provvedimento, pervenendo, di conseguenza, alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, stante il regime di stabilità di tale provvedimento operante temporalmente nella fattispecie concreta.

1.2.3. Quanto alla pretesa erronea applicazione dell’art. 616 c.p.c. (nel testo introdotto dalla L. n. 52 del 2006), va osservato che la regola della non appellabilità delle sentenze sulle opposizioni all’esecuzione, decise dal giudice dell’esecuzione competente tra il 1 marzo 2006 e l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (4 luglio 2009), ricorribili solo per cassazione ex art. 111 Cost., è applicabile anche alle decisioni sulle opposizioni a precetto di cui all’art. 615 c.p.c., comma 1, proposte dinanzi al giudice competente, secondo una lettura costituzionalmente orientata che esclude disparità di trattamento tra sentenze destinate, di norma, a risolvere controversie di analoga portata (Cass., 15/10/2015, n. 20886; Cass., 30/04/2011, n. 9591).

Sul punto la censura è, pertanto, infondata.

2. Con il secondo e quarto motivo di ricorso, F.N., V.A. e la Trade Franchising Team s.a.s. denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

2.1. Gli istanti deducono – con riferimento al merito, esaminato dalla Corte territoriale, nonostante la pronuncia in rito di inammissibilità dell’appello proposto dagli odierni ricorrenti l’erronea interpretazione del contratto di mutuo e del computo degli interessi operata dal giudice di seconde cure, e lamentano, altresì, che la Corte territoriale non si sia pronunciata sul gravame della Trade Franchsing, diretto a censurare un’omissione di pronuncia del primo giudice sulle domande dalla stessa proposte, e perfino sulla stessa sua partecipazione al giudizio.

2.2. Le doglianze sono inammissibili.

2.2.1. Ed invero, i motivi – oltre che involgere questioni di merito – sono diretti a censurare un’argomentazione effettuata per mera completezza dalla Corte territoriale (“solo per ragioni di completezza espositiva”), come tale non costituente una ratio decidendi dell’impugnata sentenza – incentrata, come dianzi detto, sulla questione pregiudiziale di inammissibilità del gravame. Di talchè le censure sono da reputarsi inammissibili per difetto di interesse (cfr., ex plurimis, Cass., 05/06/2007, n. 13068; Cass. Sez. U., 20/02/2007, n. 3840; Cass., 22/11/2010, n. 23635; Cass., 22/10/2014, n. 22380).

D’altro canto, gli stessi esponenti, con il terzo motivo di ricorso che non si traduce in una vera e propria censura – hanno affermato che le “questioni di merito”, discusse in sentenza per mera “completezza espositiva”, a fronte della questione pregiudiziale decisa dalla Corte, “non hanno alcun rilievo giuridico” per il giudice di legittimità, essendo ormai riservate alla decisione della Corte napoletana.

2.2.2. Quanto alla pretesa mancata pronuncia sulle domande della società Trade Franchising, è evidente che trattandosi di questioni assorbite dalla questione pregiudiziale di inammissibilità dell’appello – l’omissione di pronuncia non è configurabile (Cass., 26/01/2016 (, n. 1360; Cass., 25/02/2005, n. 4079).

2.3. I motivi, poichè inammissibili, non possono, pertanto, trovare accoglimento.

3. Deve essere, del pari, dichiarata inammissibile la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta dai resistenti C.C. e D.M.G. (quali eredi di D.M.R.), atteso che avendo i medesimi censurato il rigetto di tale domanda operato dalla Corte d’appello, che ha disatteso l’appello incidentale da essi proposto – gli istanti, in quanto soccombenti sul punto, avrebbero dovuto proporre ricorso incidentale per cassazione. Per la medesima ragione, non essendo stato proposto ricorso incidentale, va dichiarata inammissibile l’istanza di ridereminazione delle spese processuali relative ai precedenti gradi del giudizio e, per quanto concerne le spese di primo grado, trattandosi di censura che non investe la decisione di appello.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna dei ricorrenti, risultati maggiormente soccombenti, alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Dichiara inammissibili le domande proposte dai controricorrenti. Condanna i ricorrenti, in favore dei controricorrenti, alle spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuno di essi, in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, vomma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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