Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2842 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/02/2017, (ud. 17/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19946-2015 proposto da:

T.V., T.G., quali eredi di

T.M., difesi dall’avv. Davide Lo Giudice come da procura

speciale a margine del ricorso ed elettivamente domiciliati presso

la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 155/2015 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositato il 25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILLA;

udito l’Avvocato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Questa Corte Suprema con sentenza 10589/14 ha cassato il decreto 28.6.2012 emesso dalla Corte d’Appello di Caltanissetta sulla domanda di equa riparazione proposta da T.M. in relazione ad un procedimento fallimentare.

Alla riassunzione hanno provveduto G. e T.V. allegando di essere eredi dell’originario ricorrente, con ricorso del 18.7.2014, dichiarato inammissibile dalla Corte di per mancata dimostrazione della predetta qualità e mancata indicazione della data del presunto decesso.

3 Ricorrono per cassazione i T. con unica censura.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Lamentano i ricorrenti violazione di legge e sostanzialmente degli artt. 162 e 182 c.p.c.: a loro dire la Corte d’Appello avrebbe dovuto non già dichiarare inammissibile il ricorso ma, previa verifica di ufficio della regolare costituzione, invitarle alla regolarizzazione degli atti ritenuti difettosi o concedere un termine per documentare la morte del padre e la loro qualità di figli attraverso rispettivamente, il certificato di morte e di famiglia storico.

La censura è infondata.

Come affermato anche dalle sezioni unite, colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima (v. Sez. U, Sentenza n. 12065 del 29/05/2014 Rv. 630997).

Nel caso di specie la Corte d’Appello ha rilevato la mancata dimostrazione della qualità di eredi della parte originaria, nonchè la mancata indicazione della data del decesso e i ricorrenti – si badi bene – non contestano tali circostanze (v. pag. 6 ricorso).

Ebbene, un tale quadro probatorio nel giudizio di merito evidenziava addirittura la mancanza di prova dell’apertura della successione (art. 456 c.c.) e, quindi, della delazione (art. 457 c.c.), sicchè non si trattava di invitare la parte a regolarizzare la sua posizione processuale, come semplicisticamente oggi si deduce, quanto piuttosto di sopperire alla totale carenza di prova della titolarità del rapporto dedotto.

Ben diversa sarebbe stata la soluzione se i ricorrenti, non potendo avvalersi del principio generale di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. – stante la mancata costituzione del Ministero in sede di riassunzione di cui dà atto il decreto impugnato – avessero quanto meno documentato il loro status di chiamati (esibendo tempestivamente il certificato di morte e lo stato di famiglia), perchè in tal modo avrebbero agevolmente ed automaticamente dimostrato anche la loro qualità di eredi, attraverso il compimento di un chiaro atto di accettazione tacita rappresentato appunto dall’iniziativa giudiziaria finalizzata a conseguire gli indennizzi spettanti al genitore defunto.

Non merita pertanto censura il provvedimento impugnato e il ricorso va conseguentemente respinto senza alcuna pronuncia sulle spese, in considerazione del mancato espletamento di attività difensiva del Ministero.

Trattandosi di procedimento esente, non si provvede sul contributo unificato.

PQM

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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