Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28419 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 14/12/2020), n.28419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9627/2018 proposto da:

Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITO

GIUSEPPE GALATI 100/C, presso lo studio dell’avvocato ANNA D’ALISE,

rappresentato e difeso dagli avvocati GAETANO IROLLO, SEBASTIANO

SCHIAVONE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2343/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositata il 18/09/2017 R.G.N.; 8616/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SEBASTIANO SCHIAVONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 18.9.2017, il Tribunale di Napoli Nord, pronunciando in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c., comma 6, ha rigettato la domanda di Z.A. volta all’accertamento del requisito sanitario utile ai fini dell’indennità di accompagnamento.

Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto di non dover procedere al rinnovo della perizia disposta in fase di istruzione preventiva, all’uopo non valutando bastevoli le censure proposte dall’istante nel ricorso introduttivo della fase di opposizione, e – dopo aver chiamato il CTU a rendere chiarimenti sulla perizia in atti – ha deciso conformemente ad essa, nonostante l’ulteriore documentazione medica prodotta all’udienza conclusiva della fase di opposizione.

Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione Z.A., deducendo un unico complesso motivo di censura. L’INPS è rimasto intimato. La causa è stata rimessa all’udienza pubblica a seguito di infruttuosa trattazione camerale con ordinanza n. 20815 del 2019 della Sesta sezione civile di questa Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico complesso motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 445-bis c.p.c., comma 6 e della L. n. 18 del 1980, art. 1 e L. n. 508 del 1988, art. 1, nonchè difetto di motivazione, per avere il Tribunale ritenuto inammissibili i motivi di contestazione nei confronti della CTU espletata nella fase di istruzione preventiva, siccome non specificanti i differenti criteri medico-legali sottesi alla diversa valutazione del grado d’invalidità, ed altresì per non aver valutato, ai fini del giudizio, l’ulteriore documentazione medica depositata all’udienza del 18.9.2017.

Il motivo è infondato.

Va intanto rilevato che, sebbene il Tribunale abbia (erroneamente) affermato che le censure non specificanti i differenti criteri medico-legali sottesi alla diversa valutazione del grado d’invalidità dovevano giudicarsi inammissibili e abbia (altrettanto erroneamente) assimilato il proprio controllo delle risultanze peritali a quello che questa Corte di legittimità è chiamata a compiere sulle sentenze di merito (e per dimostrare che si tratta di assunti erronei valga richiamare il principio costantemente affermato da questa Corte di legittimità secondo cui il giudice di merito, quale peritus peritorum, non solo non ha alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, potendo ricorrere alle conoscenze specialistiche che abbia acquisito direttamente attraverso studi o ricerche personali, ma soprattutto, esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, può disattenderne le argomentazioni, in quanto sorrette da motivazioni contraddittorie, o sostituirle con proprie diverse, tratte da proprie personali cognizioni tecniche: cfr. da ult. Cass. n. 30733 del 2017), ha comunque rigettato il ricorso nel merito, ritenendo le conclusioni del CTU, a seguito dei chiarimenti disposti in fase di opposizione, “sorrette da adeguata motivazione medico-legale” (così pag. 2 della sentenza impugnata) e “immuni da vizi logici e pienamente compatibili con le risultanze documentali in atti” (ibid., pag. 4), tra le quali è stato espressamente menzionato anche il certificato geriatrico del 17.6.2016, prodotto nella fase di opposizione. Ed è evidente che, a fronte di una decisione di merito, prive di interesse ex art. 100 c.p.c., appaiono le censure rivolte nei confronti di quelle statuizioni della sentenza che, ancorchè erronee, non hanno avuto alcuna efficacia causale sul decisum, l’impugnazione non tutelando l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma essendo preposta ad eliminare il pregiudizio patito dalla parte in virtù di un’affermazione in fatto o in diritto che sia risultata pregiudizievole in concreto (cfr., tra le tante, Cass. n. 26157 del 2014).

Nè a diverse conclusioni può giungersi considerando l’ulteriore doglianza volta a censurare la mancata valutazione della documentazione prodotta all’udienza di discussione del 18.9.2017, costituita rispettivamente da una relazione medico-geriatrica dell’ASL Napoli Nord e da una coeva fluorangiografia retinica (le cui diagnosi sono trascritte a pag. 7 del ricorso per cassazione), non potendo attribuirsi ad alcuna di esse quel carattere decisivo (cioè di per sè solo idoneo a sovvertire il giudizio di fatto) ch’è necessario affinchè l’omesso esame di un fatto addotto in funzione di prova di un fatto costitutivo del diritto possa essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e innumerevoli successive conformi): è sufficiente sul punto rilevare che da nessuna di esse risulta che l’odierno ricorrente non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua o non possa deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore.

Il ricorso, pertanto, va rigettato, nulla statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità per non avere l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

 

 

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