Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28419 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 05/11/2019), n.28419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7623-2018 proposto da:

S.E.E.I. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIO ANDREUCCI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO

MARITATO, ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO,

CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 994/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 02/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 2 gennaio 2018, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da S.E.E.I. s.r.l. avverso il verbale di accertamento con cui le erano state contestate omissioni contributive rivenienti da illecita interposizione di manodopera nonchè avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto il pagamento di parte della somma dovuta; che avverso tale pronuncia S.E.E.I. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., per avere la Corte di merito attribuito efficacia probatoria prevalente alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in occasione dell’accesso ispettivo, piuttosto che a quelle rese in giudizio;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli art. 115 – 116 c.p.c. nonchè omesso esame circa fatti decisivi, per avere la Corte territoriale attribuito efficacia di fede privilegiata al verbale ispettivo anche con riguardo a circostanze non direttamente constatate dagli ispettori verbalizzanti;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, per avere la Corte di merito ritenuto che non fosse stata data prova dell’esercizio del potere organizzativo e direttivo da parte dell’interposto nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto, nonostante i testi escussi tanto avessero riferito;

che, con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 1180 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto la novità e inammissibilità dell’eccezione di avvenuto adempimento dell’obbligazione contributiva da parte dell’interposto, siccome formulata per la prima volta in appello;

che il primo motivo è inammissibile, essendo consolidato il principio secondo cui la valutazione delle risultanze della prova testimoniale e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla loro credibilità involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra alcun limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare ogni deduzione difensiva (così Cass. n. 13910 del 2001, resa proprio in fattispecie in cui i giudici di merito avevano conferito maggiore attendibilità alle dichiarazioni rese da due testimoni agli ispettori dell’INPS rispetto a quelle successivamente da loro rese in giudizio, avendo ritenuto le prime più veritiere e genuine in base alla considerazione di una serie di elementi di fatto; più di recente, nello stesso senso, cfr. Cass. nn. 1554 del 2004, 17097 del 2010, 13054 del 2014, 29404 del 2017);

che parimenti inammissibile, per difetto d’interesse (nel senso chiarito da Cass. n. 7559 del 2019) è il secondo motivo, dal momento che – come si evince dalle argomentazioni contenute a pag. 6 della sentenza impugnata – la Corte di merito è giunta a ritenere fondato il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva valorizzando l’intero “quadro documentale offerto dall’appellante” e non già attribuendo efficacia di prova legale alle risultanze del verbale ispettivo;

che affatto inammissibile è il terzo motivo, dolendosi a ben vedere parte ricorrente non già dell’omesso esame circa un fatto decisivo (che peraltro, riguardando nella specie le dichiarazioni testimoniali rese da lavoratori impegnati nell’appalto, non potrebbe essere nemmeno dedotto ex se, siccome concernente una singola risultanza istruttoria: cfr. in tal senso Cass. S.U. n. 8053 del 2014), bensì dell’esito dell’esame compiuto dalla Corte di merito, in specie in ordine all’attendibilità dei testi escussi;

che del pari è inammissibile è il quarto motivo, essendo stata l’eccezione di adempimento del terzo formulata in modo meramente eventuale (cfr. pag. 15 del ricorso per cassazione) ed essendo consolidato il principio di diritto secondo cui l’interesse ad agire o a contraddire dev’essere concreto ed attuale e non può ravvisarsi nell’allegazione di una lesione meramente potenziale della propria sfera giuridica (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 28821 del 2017, 18819 del 2018, 2057 del 2019);

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 8.000,00, di cui Euro 7.800,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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