Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28414 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 05/11/2019), n.28414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17808-2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

NADIA SPALLITTA;

– ricorrente –

contro

WIND TRE SPA già WIND TELECOMUNICAZIONI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUIGI

GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

BOZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1031/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 04/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 1031/2017, pronunciata a seguito di rinvio operato dalla ordinanza di questa Corte n. 17186/2016, confermava la decisione con la quale il Tribunale locale aveva rigettato la domanda proposta da M.M., C.G., D.F.S., L.Z.; Lo.Sc.Gi., Ma.Ir. e V.C., diretta alla conversione, in contratti a tempo indeterminato, dei contratti di somministrazione a termine stipulati tra il 2006 ed il 2008 per l’attività di assistenza tecnica sulla linea ADSL, con Wind Telecomunicazioni spa.

La corte palermitana, conformemente alla statuizione del giudice di legittimità in sede di rinvio, aveva ritenuto, sulla base degli elementi istruttori acquisiti, l’effettiva sussistenza delle “punte di più intensa attività” e delle esigenze “di inserimento di personale di supporto per attività di call center cui non possa farsi fronte con il ricorso al normale assetto produttivo”, tali da giustificare l’assunzione a termine in questione. Avverso detta decisione C.G. aveva proposto ricorso affidato a due motivi, anche coltivati da successiva memoria, cui aveva resistito con controricorso Wind Tre spa (già Wind Telecomunicazioni spa).

Era depositata proposta ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; violazione degli artt. 112,113,115,116 e 132 c.p.c.; violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 253 c.p.c..

La ricorrente rileva sostanzialmente la erronea valutazione del materiale probatorio, fondata su dichiarazioni de relato del teste B. non supportate, a suo dire, da richiamo a documentazione oggettiva, nonchè la mancata valorizzazione e considerazione, nella motivazione della sentenza delle complessive risultanze probatorie, non sufficientemente analizzate dalla corte territoriale con grave carenza motivazionale.

Censura infine la mancata valutazione delle eccezioni svolte sulla attendibilità del teste B..

Il motivo risulta inammissibile per più profili.

Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi del’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 17761/2016).

Ha anche specificato che “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (Cass. n. 23238/2017).

La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poichè determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).

Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.

Le suddette circostanze, che sostanziano il vizio denunciato, non risultano allegate nel motivo in esame, che solo si traduce in richiesta di nuova e differente valutazione delle prove testimoniali, estranea, quindi, al giudizio di legittimità.

A riguardo, come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis, Cass. n. 19011/2017; Cass. n. 16056/2016). La valutazione richiesta non può neppure trovare sponda sul versante dell’esame della motivazione e della sua denunciata carenza e contraddittorietà, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053/2014 hanno chiarito che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. L’assenza di precise indicazioni inerenti una delle ipotesi sopra enunciate rende quindi inammissibile la censura.

Anche infondata la censura sulla attendibilità del teste poichè la sentenza ha specificato che il B. all’epoca dei fatti di causa era responsabile del centro operativo di Palermo e dunque la sua non era una testimonianza de relato.

2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, Violazione degli artt. 112,113,115,116 e 132 c.p.c.; violazione dell’art. 111 Cost.. E’ dedotta una motivazione apparente.

Il motivo è inammissibile perchè, come già statuito da questa Corte “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass.n. 12096/2018).

Ha altresì soggiunto che “non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione” e che la motivazione risulta apparente, quando sia del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.” (Cass. n. 22598/2018).

Nella fattispecie in esame l’iter logico di motivazione è chiaro ed è supportato da elementi di valutazione non suscettibili di riesame in questa sede di legittimità. Il ricorso è inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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