Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28407 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 22/12/2011), n.28407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13255-2005 proposto da:

C.B. (OMISSIS), C.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 15, presso lo studio dell’avvocato SCIARRA

NICOLINO, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI CERELLA,

CERELLA ANTONINO;

– ricorrenti –

contro

CI.DI.;

– intimata –

sul ricorso 17330-2005 proposto da:

CI.DI. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell’avvocato DEL FEDERICO

LORENZO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSA

LAURA;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

C.B., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 163/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso principale; inammissibilità del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.B., G., Gi. e g., proprietari i primi tre ed usufruttuario il quarto di un terreno in (OMISSIS), a confine con Ci.Di., assumendo un pacifico, indisturbato, ininterrotto ed ultraventennale possesso, arbitrariamente da lei interrotto il 14.7.1990, con accoramento alla sua proprietà mediante recinzione e successivo asporto dei precedenti picchetti, con atto 28-29-8.1990 la convenivano in giudizio per il riconoscimento del loro titolo, l’inesistenza di altrui diritti e la condanna al rilascio ed ai danni. La Ci. assumeva di essere proprietaria del terreno.

Prodotti documenti, espletati interrogatorio formale della convenuta e ctu, articolate prove riproposte in sede di conclusioni, con sentenza 14.6.2000 il GOA del Tribunale di Vasto, qualificata la domanda come possessoria, condannava la convenuta alla reintegra ed alle spese.

Proponeva appello la Ci., si costituivano C.B. e G., rimanevano contumaci Gi. e g. e la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza 163/2004, accoglieva l’appello e rigettava la domanda, compensando le spese ed osservando che il primo giudice aveva erroneamente qualificato possessoria un’azione di accertamento della proprietà cui ineriva la conseguente richiesta di rilascio.

Gli attori avevano l’onere di provare rigorosamente anche se con qualsiasi mezzo il loro titolo ma a parte l’intestazione catastale e la nota di trascrizione della denunzia di successione, non pertinente era la nota di trascrizione dell’atto Rulli di are 5 e non 8,80 come rivendicato ed ubicato in contrada (OMISSIS).

La convenuta aveva prodotto atto notarile riferito all’acquisto di un immobile in tale località anche se di incerta riferibilità.

Ricorrono C.B. e G. con due motivi, resiste la Ci. proponendo ricorso incidentale ed eccependo la non integrità del contraddittorio.

All’udienza del primo dicembre 2010 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Ci.Gi. e g.

mediante notifica del ricorso principale e dell’incidentale nel termine di 60 giorni da detta udienza.

In assenza di tali adempimenti la causa era stata fissata per la camera di consiglio del 7 luglio 2011 ma questa Corte, sul presupposto che trattasi di integrazione ex art. 332 c.p.c., l’ha rimessa alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si lamenta violazione degli artt. 2697 e 948 c.c. perchè gli attori avevano prodotto l’intestazione catastale, la nota di trascrizione della denunzia di successione e la nota di trascrizione dell’acquisto per notaio Rulli. La ctu aveva confermato che il terreno rivendicato ricadeva nella particella catastale intestata agli attori.

Col secondo motivo si lamentano vizi di motivazione perchè la Corte di appello ha dedotto che la prova può essere data con qualsiasi mezzo, ma poi, contraddicendosi, lo ha negato.

Col ricorso incidentale si denunziano vizi di motivazione per non avere il Giudice di appello accolto le richieste istruttorie formulate in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado e riproposte in appello. Le censure non meritano accoglimento.

In ordine al ricorso principale, la sentenza ha rilevato che gli attori avevano prodotto l’intestazione catastatale, la nota di trascrizione della denunzia di successione e la nota di trascrizione dell’atto Rulli, del 14.2.1949, che indicava una estensione ed una località diverse (terreno di are 5 e non 8,80, come rivendicato, ubicato in contrada (OMISSIS)) e la convenuta atto notarile riferito all’acquisto di un immobile in tale ultima località, anche se di incerta riferibilità a quello in contestazione, ed ha concluso nel senso che gli attori non avessero fornito la prova rigorosa del loro diritto, in quanto la sola intestazione catastale non appariva corroborata da altri validi elementi di supporto, stante l’insufficienza della nota di trascrizione e dell’atto notarile riferibile ad altro fondo.

Trattasi di motivazione logica, sufficiente e non contraddittoria, cui non si contrappone alcun argomento, ma ci si limita a ribadire che si era fornita la prova. Peraltro, la censura con la quale alla sentenza impugnata s’imputino i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve essere intesa a far valere, a pena d’inammissibilità comminata dall’art. 366 c.p.c., n. 4 in difetto di loro puntuale indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi; non può, per contro, essere intesa a far valere la non rispondenza della valutazione degli elementi di giudizio operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non si può con essa proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento degli elementi stessi, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma stessa;

diversamente, il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe – com’è, appunto, per quello in esame – in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.

Nè può imputarsi al detto giudice d’aver omesse l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa all’esigenza d’adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti – come è dato, appunto, rilevare nel caso di specie – da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo; in altri termini, perchè sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse.

Nella specie, per converso, le esaminate argomentazioni non risultano intese, nè nel loro complesso nè nelle singole considerazioni, a censurare le rationes decidendi dell’impugnata sentenza sulle questioni de quibus, bensì a supportare una generica contestazione con una valutazione degli elementi di giudizio in fatto difforme da quella effettuata dal giudice a quo e più rispondente agli scopi perseguiti dalla parte, ciò che non soddisfa affatto alla prescrizione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto si traduce nella prospettazione d’un’istanza di revisione il cui oggetto è estraneo all’ambito dei poteri di sindacato sulle sentenze di merito attribuiti al giudice della legittimità, onde le argomentazioni stesse sono inammissibili, secondo quanto esposto nella prima parte delle svolte considerazioni.

E’ inammissibile il ricorso incidentale, che peraltro, non riporta le richieste istruttorie formulate. Al rigetto del ricorso principale consegue la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale e condanna i ricorrenti principali alle spese liquidate in Euro 1700, di cui 1500 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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