Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28407 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 05/11/2019), n.28407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19783-2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SILVERIO DAMU;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

43, presso lo studio dell’avvocato MAURO CATI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO URAS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 18/5/2017, la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta da P.L., ha condannato M.M. al risarcimento, in favore dell’attrice, dei danni dalla stessa subiti a causa dell’illegittima occupazione, da parte del M., di un immobile di sua proprietà;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente liquidato il danno subito dalla P. attraverso la determinazione del valore locativo del relativo immobile, rappresentando, tale valore, il riferimento equitativo più attendibile ai fini della riparazione delle conseguenze dannose concretamente sofferte dall’originaria attrice;

che, avverso la sentenza d’appello, M.M. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che P.L. resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., il ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2043 e 2056 c.c. in relazione agli artt. 1223,1226 e 2697 c.c. (con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente riconosciuto, in assenza di prova, il danno da mancato godimento dell’immobile dell’attrice alla stregua di un danno in re ipsa, in contrasto con le norme di legge richiamate e la relativa prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale;

che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, con riferimento agli artt. 2043 e 2056 c.c., in relazione agli artt. 1223,1226 e 2697 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale argomentato la liquidazione del danno riconosciuto in favore della controparte sulla base di una motivazione insufficiente, meramente apparente e contraddittoria;

che entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono manifestamente infondati;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, nel caso di specie, la corte territoriale, lungi dall’identificare il danno sofferto dall’originaria attrice nel fatto, in sè, dell’illegittima occupazione da parte del M. (c.d. danno in re ipsa), ha espressamente rilevato come la sussistenza di tale danno dovesse ritenersi evincibile, in termini presuntivi, non solo dalla circostanza di fatto costituita dalla mancata possibilità, per la proprietaria, di usufruire, in corrispondenza del periodo dell’occupazione illegittima, delle utilità concretamente ritraibili dall’immobile, ma anche dall’obiettivo rilievo circostanziale dell’inequivoco interesse, concretamente manifestato dalla proprietaria, di ritornare con immediatezza nel godimento personale del proprio bene, di fatto impedito dalla illecita protrazione dell’occupazione da parte del M., che la stessa P. aveva inutilmente cercato di interrompere attraverso l’esperimento (pur vittorioso) di diverse iniziative giudiziarie di carattere cautelare;

che, ciò posto, attestata la sussistenza di elementi di prova critica sufficientemente univoci in relazione alla sussistenza di dette concrete conseguenze pregiudizievoli riferibili all’illecito del M., il giudice d’appello ha opportunamente liquidato il danno riscontrato avvalendosi del parametro costituito dal valore locativo dell’immobile occupato, in tal modo pervenendo alla liquidazione del risarcimento del danno sulla base di una motivazione logicamente coerente e giuridicamente corretta, come tale integralmente idonea a sottrarsi alle censure in questa sede sollevate dal ricorrente;

che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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