Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28404 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 22/12/2011), n.28404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGRICOLA MARSCIANESE DI CECCARINI ENRICO & C SS, in persona

del

Titolare e legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato

GARGANI BENEDETTO, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati SANTANTONI ANNA, CORBUCCI GABRIELE;

– ricorrente –

contro

3 B INGROSSO CARNI SUINE OVINE FLLI BIONDI SNC in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7/2005 del GIUDICE DI PACE di ARCIDOSSO,

depositata il 25/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Agricola Marscianese di Ceccarini e C. conveniva in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Arcidosso, la società 3B Ingrosso Carni suine e Ovine dei fratelli Biondi snc, per la revoca del D.L. n. 43 del 2002, emesso dal Giudice di Pace di Arcidosso, il quale condannava la società odierna opposta al pagamento della somma di Euro 850,00 oltre accessori, dovuta dall’opponente a saldo della fattura n. (OMISSIS). Deduceva l’opponente l’integrale pagamento dell’intestata fattura avvenuto in epoca antecedente all’emissione dell’impugnato decreto ingiuntivo.

Si costituiva la società 3B Ingrosso Carni suine e Ovine dei fratelli Biondi snc, contestando quanto dedotto dalla società opponente.

Il Giudice di Pace di Arcidosso, con sentenza n. 7 del 2005, confermava il decreto ingiuntivo e respingeva l’opposizione. A sostegno di questa decisione, il GdP osservava: a) che nel caso in esame l’opposizione ex art. 645 c.p.c. controverteva esclusivamente sul mancato adempimento al pagamento della fattura n. (OMISSIS) non contestando, l’opponente, la fornitura effettuata dal creditore (opposto-attore) di cui alla menzionata fattura. Sicchè, nella fattispecie dedotta in giudizio era quindi il debitore convenuto opponente a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto costituito; b) che nel presente giudizio, la Agricola Marscianese ss.

Di Cuccarmi Enrico e C. non ha assolto tale onere.

La cassazione della sentenza del Giudice di Pace di Arcidosso è stata chiesta dalla società Agricola Marscianese di Ceccarini e C. con ricorso affidato a tre motivi. La società 3B Ingrosso Carni suine e Ovine dei fratelli Biondi snc, in questa sede, non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- In via preliminare questa Corte osserva che, qualora una controversia promossa davanti al giudice di pace abbia ad oggetto un credito contenuto nei limiti del giudizio di equità, la relativa sentenza – nel regime processuale anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, sarà impugnabile con il ricorso per cassazione e non con l’appello. Sicchè il ricorso per cassazione in esame è ammissibile dato che ha ad oggetto un credito (di Euro 850,00), contenuto nei limiti del giudizio di equità i sensi dell’art. 113 c.p.c. e per “ratione temporis” è applicabile l’art. 339 previgente.

2.- Con il primo motivo la ricorrente, la società Agricola Marscianese di Ceccarini e C, lamenta l’insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Avrebbe errato il Giudice di Pace, secondo la ricorrente, per aver ritenuto che gli assegni versati in atti non fossero validi elementi di prova per dimostrare l’avvenuto pagamento della prestazione effettuata dalla società 3B dei fratelli Biondi perchè non provenivano dalla società debitrice ma da altro soggetto giuridico, non corrispondevano negli importi alla fattura n. (OMISSIS) non corrispondevano alla stessa fattura nella data di emissione, non corrispondevano gli importi indicati. Epperò, secondo la ricorrente, priva di alcun rilievo è la circostanza che gli assegni non corrispondevano negli importi alla fattura citata, dato che è emerso nel giudizio che gli assegni in parola erano stati emessi dal C.R. per il contestuale pagamento, sia della fattura n. 291 del 1997 e sia della fattura n. (OMISSIS) intestata allo stesso; nessun rilievo può avere il fatto gli assegni provengono dal figlio socio della società debitrice considerato che a norma dell’art. 1180 c.c. l’adempimento dell’obbligazione può essere effettuata legittimamente anche da un terzo; per quanto riguarda la data di emissione degli assegni successiva alla data portata dalla fattura preme evidenziare che il pagamento può essere legittimamente eseguito anche dopo la scadenza del termine. E’ evidente, pertanto – conclude la ricorrente – che il Giudice di primo grado avrebbe erroneamente valutato le prove acquisite e se fossero state valutate correttamente avrebbero portato ad una decisione completamente diversa.

1.1.- Il motivo è inammissibile, non solo, o non tanto, perchè la ricorrente, con la censura, in esame, si propone di ottenere un nuovo e diverso giudizio di merito, inibito al giudice di legittimità, ma, e soprattutto, perchè, la censura non è proponibile con ricorso in cassazione, considerato che una pretesa errata valutazione delle prove acquisite in giudizio, non rappresenta, o non è riconducibile ad, una delle ipotesi per le quali la sentenza del Giudice di pace, pronunciata secondo equità, (come nel caso in esame) è ricorribile in cassazione.

1.1.a).- Come è stato chiarito da questa Corte, le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi dell’art. 113 cod. proc. civ., comma 2 nel regime anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, sono ricorribili in cassazione soltanto: a) per errores in procedendo, per vizi di motivazione, ove questi si traducano in inesistenza, mera apparenza o perplessità della stessa, e b) per errores in iudicando conseguenti alla violazione non solo di norme costituzionali o comunitarie di rango superiore a quelle ordinarie, ma, a seguito della sentenza n. 206/04 della Corte Costituzionale, anche dei principi informatori della materia, che costituiscono il limite esterno del giudizio di equità.

(Sent. n. 16749 del 2005 e successivamente Sez. U, n. 564 del 14/01/2009).

1.1.b).- Ora, nel caso in esame, non ricorre certamente: a) un’ipotesi di mancanza assoluta di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice di pace ha dato sufficiente conto delle ragioni della sua decisione, ed, in particolare, ha indicato le ragioni che a suo giudizio escludevano di ritenere che gli assegni versati in atti fossero validi elementi di prova per dimostrare l’avvenuto pagamento della prestazione effettuata dalla società 3B dei fratelli Biondi, b) nè, un’ipotesi di violazione di un principio costituzionale o di un principio informatore della materia, considerato che il vizio dedotto dalla ricorrente involge la valutazione delle prove acquisite in giudizio, in particolare, la valutazione di alcuni assegni versati in atti.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: A) art. 2697 cod. civ., B) Art. 1193 cod. civ. C) Art. 1180 cod. civ. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata si porrebbe in evidente contrasto: a) con il disposto di cui all’art. 2697 cod. civ. perchè il GdP, sulla base di una mera supposizione, avrebbe, erroneamente, sostenuto che l’onere probatorio a carico dell’attuale ricorrente non fosse stato assolto. B) con il disposto di cui all’art. 1193 cod. civ. perchè il GdP non avrebbe ritenuto di imputare i pagamenti indicati in giudizio ad estinzione del credito di cui era causa, nonostante, l’altra parte non avesse dato la prova dell’esistenza di altri ipotetici crediti scaduti, ai quali avrebbero dovuto eventualmente imputarsi i suddetti pagamenti; c) con il disposto di cui all’art. 1180 cod. civ. perchè il GdP non avrebbe considerato che l’obbligazione possa essere adempiuta anche da un terzo e, nell’ipotesi in esame, che l’obbligazione per cui fosse causa era stata adempiuta da C.R. figlio del socio dell’Agricola Marscianese.

2.1.- Anche questo motivo è inammissibile perchè le pretese violazioni:

dell’art. 2697 cod. civ. sull’onere della prova, dell’art. 1193 cod. civ., in tema di imputazione di pagamento, dell’art. 1180 cod. civ., sull’adempimento del terzo, esprimono regole di diritto sostanziale e, pertanto, danno luogo ad “errores in iudicando” non deducibili con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità (come nel caso in esame), per quella stessa ragione di cui si è già detto in precedenza.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia nonchè la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 127 del 2004, art. 1 in ordine alla liquidazione delle spese processuali operata dal Giudice di Pace.

Secondo la ricorrente, la liquidazione degli onorari liquidati in sentenza è illegittima perchè, comunque, superiore nel totale ai massimi previsti dalla tariffa professionale vigente. Invero, il GdP avrebbe liquidato la somma di Euro 1.405,00 per onorari a favore della controparte, mentre il totale onorari al massimo tariffario per l’attività professionale espletata sarebbe di Euro 1225,00;

3.1.- Anche questo motivo è inammissibile per due diverse ragioni:

a) perchè la questione relativa alla determinazione dell’ammontare delle spese del giudizio attiene all’applicazione di norme sostanziali e deve, conseguentemente, escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la determinazione che di esse ne abbia fatto il giudice di pace con sentenza pronunciata secondo equità.

3.1.a).= b) Tuttavia, ove si dovesse ritenere che l’ipotesi in esame integra gli estremi di un’ipotesi in cui il giudice di pace, superando i limiti tariffari, ometterebbe di enunciare (consumando un vizio di omessa motivazione) quale criterio equitativo, diverso da quello implicito nel rispetto degli stessi, aveva adottato per discostarsi da essi ed indicare le ragioni per le quali tale superamento non contrastava con i principi ai quali si è ispirato il legislatore nel prevedere delle tariffe professionali per talune professioni intellettuali e nello stabilire in esse dei limiti massimi ai relativi compensi, la censura, così come formulata, non rispetta il principio dell’autosufficienza, considerato che nell’indicare le voci che secondo la ricorrente rappresenterebbero l’attività svolta dal procuratore avversario non indica – e lo avrebbe dovuto fare – il contenuto dell’atto con il quale il procuratore interessato, aveva provveduto a richiedere la liquidazione delle spese.

Per queste ragioni, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione perchè la società 3B Ingrosso carni suine ovine fratelli Biondi snc. regolarmente intimata, in questa sede, non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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