Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28404 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 14/12/2020), n.28404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26456-2016 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI PORTA

PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato MARIO SANTARONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DI MEGLIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BARANO D’ISCHIA;

– intimato –

avverso le sentenze nn. 3238/2016, 3239/2016 e 3241/2016 della COMM.

TRIB. REG. di NAPOLI, depositate il 06/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. in tre controversie proposte da M.S. nei confronti del Comune di Barano d’Ischia per l’annullamento degli avvisi di pagamento di maggior TARSU degli anni 2007, 2008 e 2009, la commissione tributaria regionale della Campania, con le tre sentenze in epigrafe, respingeva i ricorsi originari del contribuente sul rilievo che le questioni sollevate erano identiche, “nelle componenti in fatto e in diritto”, a quelle sollevate in riferimento alla TARSU degli anni 2001 – 2005 con precedenti ricorsi, talchè doveva valere per esse il giudicato di rigetto formatosi relativamente a questi ultimi;

2. il contribuente ricorre per la cassazione delle sentenze suddette prospettando, in primo luogo, che le decisioni di rigetto a cui viene fatto riferimento non siano passate in giudicato perchè i ricorsi per cassazione proposti contro di dette sentenze sono stati da questa Corte decisi nel senso dell’inammissibilità “senza alcuna pronuncia”, in secondo luogo, che le questioni prospettate rispetto agli avvisi ora impugnati hanno riguardo ad una situazione diversa da quella a cui hanno avuto riguardo le questioni prospettate rispetto agli avvisi degli anni precedenti perchè vi sarebbero state variazioni oggetto di una denuncia presentata da esso ricorrente ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70, e non contestata dal Comune; in terzo luogo, che gli avvisi impugnati sarebbero basati su un’errata applicazione della tariffa, su un errato calcolo del periodo di utilizzo della struttura – un albergo – luogo di produzione dei rifiuti, sulla omessa considerazione del fatto che ad esso ricorrente sarebbe spettata una riduzione del 40% della tariffa per essere il più vicino centro di raccolta dei rifiuti a distanza di otre milleduecento metri dalla struttura;

3. il Comune non si è costituito;

4. il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha dedotto che le sentenze relative alla TARSU degli anni 2001 – 2005 mancavano dell’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., e dunque non potevano essere ritenute definitive.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. quanto eccepito dal ricorrente con memoria e la prima doglianza formulata in ricorso sono infondati. Si legge nelle sentenze impugnate che il comune aveva depositato copia delle sentenze “definitive”. L’impostazione iniziale del ricorrente è stata centrata sull’assunto secondo cui dette sentenze non sarebbero passate in giudicato non perchè ancora impugnabili ma perchè il ricorso per cassazione contro di esse proposto sarebbe stato dichiarato inammissibile senza alcuna valutazione di infondatezza. La certezza del passaggio in giudicato, di regola risultante dal certificato di cancelleria, risulta nel caso di specie, da quanto precede. Ciò detto, il ricordato assunto del contribuente è in contrasto con il disposto degli artt. 324 e 387 c.p.c., (quest’ultimo dettato in tema di appello ma applicabile anche per il ricorso per cassazione) ai sensi dei quali, rispettivamente, la sentenza non più impugnabile con mezzi ordinari passa in giudicato e “il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge”;

2. il ricorso è, per il resto, inammissibile. Precisamente, è inammissibile per difetto di autosufficienza (art. 366 c.p.c.), quanto alla doglianza centrata sulla dedotta diversità tra la situazione di fatto a cui si correlano gli avvisi e le questioni relative alle pretese impositive degli anni 2001-2005 e la situazione di fatto a cui si correlano gli avvisi e le questioni relative alle pretese impositive degli anni 2007 – 2009. Il ricorrente non ha precisato quando la diversità sarebbe stata fatta valere nel giudizio di merito. E’ inammissibile per le ulteriori doglianze perchè queste ultime – che non sono state qualificate dal ricorrente come diverse rispetto alle doglianze mosse contro gli avvisi riguardanti le annualità 2001/2005 – sono coperte dall’effetto espansivo del giudicato di rigetto formatosi su tali annualità;

3. il ricorso va quindi rigettato;

4. non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione della parte intimata;

5. ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La corte rigetta il ricorso;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

 

 

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