Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2840 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. III, 05/02/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 05/02/2021), n.2840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32960-2019 proposto da:

M.M., rappresentata e difesa dall’avv.to STEFANIA SANTILLI, con

studio in Milano, via Lamarmora 42 giusta procura speciale allegata

al ricorso ed elettivamente domiciliata presso la cancelleria civile

della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1558/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.M., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese in quanto, dopo aver subito discriminazioni per essere figlio di padre (OMISSIS), era stato raggiunto da minacce telefoniche, essendo sostenitore del partito politico (OMISSIS) che si trovava all’opposizione. Ha aggiunto che il fratello – che seguiva il suo orientamento politico – era sparito a seguito delle elezioni nazionali che avevano visto vincitore il partito attualmente al governo e lui era stato minacciato di fare la stessa fine: deduceva che per tale ragione il rimpatrio doveva ritenersi rischioso per la sua incolumità.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “l’omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione e l’omessa valutazione di tutti gli elementi di fatto della situazione socio politica del (OMISSIS).”.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la prima parte della censura è riferita a un vizio non più esistente, visto che la critica la motivazione, non sotto il profilo dell’apparenza ma in relazione alla conformazione di essa, non è più sindacabile in sede di legittimità a seguito delle modifiche dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotte dal D.L. n. 83 del 2012 convertito nella L. n. 134 del 2012.

1.2. Per quanto riguarda il secondo profilo prospettato, e cioè l’omessa valutazione di tutti gli elementi di fatto della situazione socio politica del (OMISSIS), si osserva che non viene indicato il fatto storico principale o secondario di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma viene soltanto prospettata una differente complessiva quanto generica valutazione della condizione socio politica del (OMISSIS): la censura, pertanto, anche sotto questo aspetto, è priva di contenuto rispetto al vizio denunciato.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della convenzione di Ginevra del 1951 ed, in particolare, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7,8 e 14 con omesso esame delle circostanze di fatto e sociopolitiche del paese di origine, visto che la motivazione si era esclusivamente incentrata sullo stato di difficoltà economica della sua famiglia in (OMISSIS), escludendo, per altro verso, la credibilità del suo racconto.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. La Corte territoriale, infatti, ha escluso che la narrazione fosse credibile, riscontrandone sinteticamente l’incoerenza e l’assenza di qualsiasi riscontro probatorio; ed ha affermato con motivazione sintetica ma costituzionalmente sufficiente che fosse ” inverosimile che una persona debba abbandonare il proprio paese per delle minacce telefoniche” (cfr. pag. 5 sentenza impugnata).

2.3. A fronte di ciò, le censure proposte appaiono del tutto generiche, in quanto il ricorrente si è limitato ad enunciare, senza alcun riferimento alla storia narrata, i principi vigenti in relazione alla fattispecie di status di rifugiato (pag. 21 e 22 della sentenza impugnata) nonchè la sistematica violazione dei diritti fondamentali nel paese di origine.

2.4. La censura, pertanto, risulta del tutto generica e priva di decisività rispetto ad una diversa decisione della controversia.

3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente deduce, ancora, la violazione e l’errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; la violazione dei parametri normativi per la definizione del danno grave e la possibilità di ricorso alla protezione interna, e l’omesso esame della situazione socio-politica e della attività delle forze di polizia.

3.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva valutato la situazione del paese di origine in modo apodittico e senza alcun riferimento alle COI aggiornate, così come già prospettato nel motivo d’appello che aveva evidenziato i numerosi episodi di minacce gravi e di violenza provenienti dal partito di governo, rispetto ai quali le forze di polizia non erano mai intervenute: deduce l’assenza di tutela da parte dello Stato a fronte di minacce di un soggetto privato, fatto che rappresentava una violazione dei diritti fondamentali, idoneo a giustificare la concessione della protezione sussidiaria.

3.2. Il motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

La censura proposta, infatti, non dà conto del correlativo motivo di gravame proposto e non consente, pertanto, di apprezzare l’errore denunciato.

3.3. Al riguardo, questa Corte ha affermato che “ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso. (cfr. Cass. 13403/2019)

4. Con il quarto motivo, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 TUI, con motivazione apparente in relazione alla sua vulnerabilità che doveva essere ricondotta alla persecuzione subita, anche in relazione ad essa priva di qualsiasi riscontro, riferito a fonti ufficiali aggiornate; aggiunge che la motivazione escludeva in modo apodittico le ripercussioni persecutorie causate dall’origine (OMISSIS) del padre: con ciò la Corte aveva sostituito le sue convinzioni personali ad un riscontro concreto dei fatti narrati anche in relazione alla protezione umanitaria.

4.1. Anche questa censura è inammissibile.

4.2. Le argomentazioni prospettate a sostegno del motivo, infatti, non risultano correlate alla ratio decidendi della statuizione riguardante la fattispecie in esame.

4.3. In relazione ad essa, la Corte, con motivazione logica e costituzionalmente sufficiente ha escluso che il ricorrente avesse dimostrato, in modo idoneo, la propria integrazione ed ha affermato che non aveva allegato nulla di rilevante per configurare una condizione di vulnerabilità (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). 4.4. A fronte di ciò il ricorrente prospetta critiche generiche ed assertive, prive di specificità rispetto alle statuizioni censurate: con ciò maschera una richiesta di rivalutazione di merito delle circostanze di fatto già esaminate dalla Corte, non consentita in questa sede.

5. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

6. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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