Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28398 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 14/12/2020), n.28398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18587/2013 R.G. proposto da:

A.A., con l’avv. Arturo Salerni e domicilio eletto nel di

lui studio in Roma, Viale Carso n. 23;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

Equitalia Centro s.p.a., con gli avv.ti Maurizio Cimetti, Giuseppe

Parente e Sante Ricci, nel domicilio eletto presso lo studio

dell’ultimo, in Roma, alla via della Quattro Fontane n. 161;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per

l’Emilia Romagna n. 04/18/2013, depositata il 23 gennaio 2013, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 luglio

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani;

Letta la requisitoria scritta del Sost. Proc. Gen. Stefano Visonà

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Al contribuente erano notificate due cartelle di pagamento, l’una per il recupero di somme dovute per cinque avvisi di accertamento e per atto di contestazione, ritualmente notificati e non impugnati nei termini di legge; la seconda per accertamento e contestazione su utenze di telefonia mobile.

Esperiva ricorso sollevando plurimi motivi di doglianza circa la ritualità della notifica della cartella, nonchè circa la ritualità della sottoscrizione ed esistenza del ruolo, nonchè ancora sulla illegittimità delle sanzioni irrogategli, protestando di essere stato vittima di un raggiro da parte della propria commercialista, sulla quale produceva documentazione che la indicava come sottoposta a processo penale per fatti collegati all’attività di consulenza.

I gradi di merito erano sfavorevoli al contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a sei motivi di doglianza, cui replicano con controricorso sia l’Agenzia delle entrate, sia l’Agente per la riscossione, ciascuno per i profili di propria competenza.

Il P.M. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti sei motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 148 stesso codice di rito civile, nella sostanza contestandosi l’irritualità della relata di notificazione, posta non in calce alla cartella notificanda, bensì in frontespizio.

2. Con il secondo motivo si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 148 c.p.c., per inesistenza della notifica, in quanto priva degli elementi essenziali, cioè data, ufficio e soggetto che avrebbe provveduto alla notificazione e la relativa sottoscrizione.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro evidente connessione. Le doglianze non colgono la specifica ratio decidendi della gravata sentenza, laddove ha ritenuto che la notifica non possa essere dichiarata nulla, avendo raggiunto il suo scopo poichè il contribuente ha potuto tempestivamente esercitare il diritto di difesa (Cass. V, n. 11043/2018).

I motivi sono dunque inammissibili e tali vanno dichiarati.

3. Con il terzo motivo si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli art. 140 e 148 c.p.c., laddove una delle cartelle notificate, quella di maggior importo, è stata notificata in via della Casa Comunale a Riccione e non pressò il domicilio del contribuente. Correttamente la CTR (fine pag. 6 e inizio pag. 7 gravata sentenza) rileva che la nullità non possa essere dichiarata avendo la notifica raggiunto il suo scopo e consentito al contribuente lo spiegamento di tempestive e rituali difese.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

4. Con il quarto motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1 bis, per difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del titolare dell’Ufficio, cui consegue la nullità o inesistenza del ruolo esattoriale.

Questa Corte ha già statuito che la sottoscrizione del ruolo è atto interno, privo di lesività autonoma, la cui validità ed efficacia deriva dalla sua riproduzione nella cartella da notificare al contribuente, atto provvedimentale di natura esecutiva che non richiede la sottoscrizione del titolare dell’Ufficio e che ha contenuto vincolato, di talchè non rilevano i vizi formali, ove si dimostri che il contenuto non poteva essere diverso da quello effettivamente avuto, ai sensi della L. n. 241 del 1990, ex art. 21 octies (cfr. Cass. V, n. 2365/2013; n. 26053/2015; n. 1976172016; n. 27561/2018).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

5. Con il quinto motivo si prospetta di nuovo censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, laddove la CTR non avrebbe apprezzato che il ricorrente sarebbe vittima di un raggiro perpetrato a suo danno dalla propria consulente rag. C.L. che non avrebbe versato al fisco le somme che egli – a richiesta – le corrispondeva, con assegni o in contanti.

La lettura della penultima pagina della gravata sentenza (segnatamente lett. e)) evidenzia che nel concreto non sussistono i presupposti di cui agli invocati articoli ad esimentè, segnatamente l’art. 6, poichè a seguito della presentata denuncia il processo penale era ancora pendente al momento della pronuncia della qui gravata sentenza, sicchè i fatti addebitati alla commercialista non erano ancora provati e parimenti non provata era l’estraneità del contribuente ai fatti. Correttamente la CTR ha dunque motivato ed applicato le norme sopra citate.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

6. Con l’ultimo motivo si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 153 c.p.c. e della L. n. 69 del 2009, art. 58, laddove la CTR non ha considerato che l’istituto si applica ai giudizi iniziati successivamente al 4 luglio 2009, data dell’entrata in vigore della I n. 69/2009.

In verità, la CTR (ultima pagina della gravata sentenza) tiene conto di questo termine, ma rileva che la decadenza dall’impugnazione degli avvisi di accertamento – per le somme poi esatte in cartella – è intervenuta sessanta giorni dopo la notifica degli avvisi, ovvero il 13 luglio 2008, quindi era già maturata al momento dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 che non consente la remissione in termini per decadenze già intervenute al momento della sua entrata in vigore. Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

7. L’infondatezza e il rigetto del ricorso assorbono l’esame dell’istanza di sospensione.

In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro seimila/00 oltre spese prenotate a debito a favore dell’Agenzia delle entrate e in Euro seimila/00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese nella misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge a favore dell’agente per la riscossione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

 

 

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