Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28390 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13187/06) proposto da:

CAPITANERIA DI PORTO DI CATANIA, in persona del Comandante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

e domiciliata per legge in Roma presso i suoi Uffici, alla via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente principale –

contro

L.A., rappresentato e difeso, in virtù di

procura speciale a margine del controricorso (contenente ricorso

incidentale), dall’Avv. Trantino Enrico ed elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’Avv. Alessio Costantini, in Roma, alla v.

Ruggero Fauro, n. 102;

– controricorrente –

e

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17611/06) proposto da:

L.A., rappresentato e difeso, in virtù di

procura speciale a margine del controricorso (contenente ricorso

incidentale), dall’Avv. Enrico Trantino ed elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’Avv. Alessio Costantini, in Roma, alla v.

Ruggero Fauro, n. 102;

– ricorrente incidentale –

contro

CAPITANERIA Di PORTO DI CATANIA, in persona del Comandante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

e domiciliata per legge in Roma presso i suoi Uffici, alla via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente principale –

Avverso la sentenza del Giudice di pace di Acireale n. 104/2005,

depositata il 28 febbraio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso, previa riunione dei

ricorsi, per il rigetto del primo motivo del ricorso principale e per

l’accoglimento del secondo, nonchè per il rigetto integrale del

ricorso incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso del 30 settembre 2004 formulato ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 il sig. L.A. proponeva opposizione, dinanzi al giudice di pace di Acireale, avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 513/04 del 31 agosto 2004, notificatagli il 6 settembre 2004, con la quale la Capitaneria di Porto-Guardia costiera di Catania gli aveva irrogato la sanzione amministrativa di Euro 1.140,00 perchè aveva navigato con la propria unità da diporto entro le boe di delimitazione della zona A della riserva integrale marina delle isole dei (OMISSIS), in violazione dell’ordinanza n. 41/90 del 14 maggio 1990 adottata dalla stessa Capitaneria di Porto.

Nella costituzione dell’opposta Capitaneria di Porto (che eccepiva l’incompetenza per materia del giudice adito), il suddetto giudice di pace, con sentenza n. 104/2005 (depositata il 28 febbraio 2005), dichiarata la sussistenza della propria competenza per materia, accoglieva parzialmente la proposta opposizione riducendo l’importo della sanzione pecuniaria ad Euro 300,00, avuto riguardo all’eccessività di quella irrogata con l’ordinanza-ingiunzione impugnata (fondata su verbale di contestazione con la quale era stata richiesta la somma di Euro 206,00) e ai limiti edittali minimo e massimo previsti per la violazione in questione.

Nei confronti della richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Capitaneria di Porto di Catania basato su due motivi, al quale ha resistito con controricorso (contenente ricorso incidentale riferito anch’esso a due motivi) l’intimato L.A..

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

2. I ricorsi devono, innanzitutto, essere riuniti perchè proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

3. Con il primo motivo del ricorso principale l’Amministrazione ricorrente ha dedotto la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 22 bis, comma 2, lett. d) (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 2) nonchè il vizio di contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, sul presupposto che il giudice di pace di Acireale avrebbe errato nel ritenersi competente dovendosi, invero, ricondurre la sanzione irrogata ad una violazione concernente disposizioni in materia di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, della flora, della fauna e delle aree marine protette, come tale appartenente alla competenza per materia del Tribunale.

3.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto essere rigettato, avendo questa Corte (v. Cass. n. 17573 del 2007, ord.) già condivisibilmente statuito che, in tema di competenza per materia per le cause di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, l’illecito sanzionato dall’art. 1164 c.n. (oggetto dell’opposizione in questione proposta dinanzi al giudice di pace di Acireale) non rientra nella previsione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 bis, comma 2, lett. d), atteso che il bene tutelato dalla norma è il demanio marittimo quale complesso di beni di proprietà pubblica la cui fruizione, anche se concessa in esclusiva a privati, è disciplinata dalle ordinanze della competente autorità marittima, ai fini della sicurezza della balneazione e non di tutela del paesaggio, con la conseguenza che tale illecito appartiene alla competenza del giudice di pace in virtù della regola generale di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 bis, comma 1.

4. Con il secondo motivo la ricorrente principale ha prospettato la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 1 e la falsa applicazione dell’art. 1164 c.n., comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), avuto riguardo alla determinazione della sanzione come ridotta all’esito del giudizio di opposizione in violazione del limite minimo edittale.

4.1. La doglianza è fondata e, pertanto, merita accoglimento.

Con la sentenza impugnata il giudice di pace di Acireale ha ridotto la sanzione irrogata con l’ordinanza-ingiunzione impugnata alla misura di Euro 300,00, tenendo presente il disposto del secondo comma del citato art. 1164 c.n. nel testo vigente al momento dell’adozione della decisione (introdotto dalla L. 8 luglio 2003, n. 172, art. 5, punto 2 pubblicata sulla G.U. n. 161 del 14 luglio 2003, entrata in vigore nel rispetto dell’ordinaria “vacatio legis”), prendendo come riferimento il limite edittale minimo di Euro 100,00 e quello massimo di Euro 1000,00. Così pronunciandosi, però, il suddetto giudice di pace ha applicato un parametro di riferimento del trattamento sanzionatorio previsto per la menzionata violazione entrato in vigore successivamente alla commissione dell’illecito amministrativo oggetto dell’opposizione (risalente al 23 luglio 2003), allorquando, peraltro, era applicabile il solo comma 1 del medesimo art. 1164 c.n. (unico in vigore al tempo del predetto illecito), che sanzionava l’inosservanza delle disposizioni dei provvedimenti legalmente emanati dalla pubblica autorità competente, relativamente all’uso del demanio marittimo, con la sanzione amministrativa del pagamento di un importo variabile da lire due milioni a L. sei milioni (da rapportare in Euro) e, perciò, in ogni caso superiore a quello in concreto applicato dal giudice di pace all’esito dell’opposizione. In tal modo, pertanto, l’indicato giudice, oltre all’inesatta applicazione della disposizione sanzionatoria effettivamente applicabile nella fattispecie, ha violato il principio generale del “tempus regit actum” in tema di illeciti amministrativi, alla stregua del quale – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 414 del 2005 e Cass. n. 1789 del 2008) – sono irrilevanti, nella materia “de qua”, tutte le modifiche della disciplina successive alla consumazione dell’illecito anche quando esse risultino più favorevoli ai trasgressore.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale il L. A. ha denunciato l’omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia in relazione all’illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione emessa dalla Capitaneria di Porto di Catania oltre il termine di 30 giorni previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 2.

5.1. Il motivo è palesemente infondato avendo questa Corte a sezioni unite (v. sentenza n. 9591 del 2006) chiarito che la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, applicabile “ratione temporis”, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36-bis convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve (v., da ultimo, in senso conforme, Cass. n. 8763 del 2010 e Cass. n. 16764 del 2010). Pertanto, in tema di sanzioni amministrative, alla mancata previsione nella L. n. 689 del 1981 del termine per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, non si può ovviare applicando quello previsto per la conclusione del procedimento amministrativo dalla L. n. 241 del 1990, art. 2 risultando, invece, applicabile il termine quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28 ancorchè detta norma faccia letteralmente riferimento al termine per riscuotere le somme dovute per le violazioni (cfr. Cass. n. 7067 del 2006 e Cass. n. 17526 del 2009).

6. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale ha censurato la sentenza impugnata per omessa ed erronea motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione alla mancata applicazione della scriminante di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 4.

6.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento poichè dalle complessive ed adeguate argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata – con riferimento, in particolare, alla valorizzazione delle risultanze del verbale di accertamento e alla loro fidefacienza (in ordine all’accertato sconfinamento nell’area di riserva marina) – il giudice di pace siculo ha escluso univocamente la sussistenza di ogni causa scriminante, non potendosi certamente qualificare come tale la situazione di dedotta emergenza del natante perchè rimasto privo di carburante (come allegato dal L.), essendo suo obbligo quello di prevenire inconvenienti del genere da ritenersi, in ogni caso, non giustificativi della violazione dell’area marina protetta.

7. In definitiva, deve essere accolto il solo secondo motivo del ricorso principale, mentre vanno rigettati tutti gli altri, con la conseguente cassazione, per quanto di ragione, della sentenza impugnata ed il rinvio della causa all’Ufficio del giudice di pace di Acireale, in persona di altro giudicante, che, oltre a rideterminare la sanzione da irrogare al L. (in funzione della valutazione dei parametri effettivamente applicabili e degli altri criteri oggettivi e soggettivi allo scopo rilevanti, secondo la L. n. 689 del 1981, art. 11), provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al giudice di pace di Acireale, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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