Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28389 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 05/11/2019), n.28389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16974-2018 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio del Dott. GARDIN MARCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LO MARTIRE CARMELA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

VALENTE NICOLA, CAPANNOLO EMANUELA, PULLI CLEMENTINA, MASSA MANUELA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2710/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della pronuncia del Tribunale di Brindisi, ha rigettato la domanda di S.R., titolare di indennità di accompagnamento quale cieco civile assoluto, rivolta ad ottenere l’equiparazione dell’importo della predetta indennità a quella di assistenza e di accompagnamento goduta dai grandi invalidi nella misura prevista dal D.P.R. n. 915 del 1978, Tabella E, lett. A-bis, n. 1, adeguata come per legge, e la conseguente condanna dell’Inps alla corresponsione delle somme maturate a decorrere dal 1 luglio 2011;

avverso la sentenza S.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria, cui ha resistito l’INPS con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”; la Corte territoriale avrebbe errato nel non dichiarare inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in appello, l’eccezione dell’Istituto relativa alla corretta individuazione della voce tabellare applicabile;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia “Omessa pronuncia su una domanda” violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.”; la pronuncia sarebbe ultronea in merito alla statuizione di inapplicabilità all’odierna ricorrente degli importi indicati nel D.P.R. n. 915 del 1978, tabella E, lett. A-bis, n. 1, poichè l’Inps si era limitato a contestare il diritto all’adeguamento dell’assegno integrativo;

con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c.”;

la ricorrente ritiene erronea la statuizione con cui il giudice dell’appello, basandosi sull’accertamento della mancata allegazione, da parte dell’odierna ricorrente, della differenza tra i ratei corrisposti e quelli ritenuti spettanti per legge, ha rigettato la domanda;

il primo motivo è inammissibile; la censura, proposta con il vizio di motivazione, esula dalla formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il quale ciò che rileva è che la parte dimostri che il fatto storico controverso, che si assume pretermesso dal giudice del merito, abbia una valenza tale da determinare un diverso esito del giudizio (Sez. Un. 8053 del 2014);

nel caso in esame la doglianza si limita a contestare – genericamente – i motivi posti a base dell’appello dell’Inps, trascurando altresì che sul punto vi fu un rigetto dell’eccezione d’inammissibilità della censura, sul presupposto che non si trattasse di domanda nuova, proposta per la prima volta in appello, essendo stata la stessa intesa come “…circoscritta all’ambito della difesa svolta dall’Inps in primo grado” (in motivazione, a p. 2 sent.);

il secondo motivo è inammissibile;

esso non appare sufficientemente esaustivo nell’indicare l’oggetto della pretesa, e, quindi, non è aderente al principio di specificità del ricorso, la cui rigorosa osservanza costituisce condizione essenziale perchè questa Corte esplichi il potere, riconosciutogli dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 di procedere direttamente all’esame e alla valutazione del “fatto processuale” (da ultimo cfr. Sez. Un. 20181 del 2019);

la doglianza non contiene una critica alla qualificazione dell’oggetto della domanda dell’appellata da parte del giudice dell’appello, Intesa come rivolta ad “…ottenere l’equiparazione dell’importo della propria indennità di accompagnamento a quella goduta dai grandi invalidi di guerra di cui alla Tabella E lett. A bis n. 1 che riguarda coloro che hanno subito la perdita di ambo gli arti superiori fino al limite della perdita delle due mani” (p.6 sent.), nonchè gli adeguamenti di legge;

ciò è confermato dallo svolgimento dell’iter argomentativo seguito, che si rivela coerente con quanto pacificamente affermato da questa Corte, secondo cui “L’equiparazione dell’indennità di accompagnamento goduta dai ciechi civili assoluti a quella prevista per i grandi invalidi di guerra investe esclusivamente la misura dell’indennità stessa e le relative modalità di adeguamento automatico, e non comporta l’estensione ai primi dell’intero complesso delle misure di assistenza predisposte a favore dei secondi, sicchè va escluso il diritto ad una equiparazione all’assegno di superinvalidità per i ciechi di guerra, di cui alla L. n. 422 del 1990, art. 1, ed all. 1, – che richiama, quanto alla determinazione della misura di tale prestazione, la L. n. 656 del 1986, art. 3, comma 2, – senza che tale differenziazione realizzi una ingiustificata disparità di trattamento, in considerazione della diversità dei presupposti che sono alla base del fatto invalidante, scaturente, in quest’ultimo caso, da eventi bellici, che comportano anche un elemento risarcitorio, estraneo all’ipotesi della invalidità civile.” (Così Cass. n. 24982 del 2016; cfr. anche Cass. n. 10144 del 2018);

ai fini della determinazione del quantum spettante all’appellata la Corte territoriale ha poi individuato correttamente l’elemento di raffronto nel D.P.R. n. 915 del 1978, Tabella A1, che riguarda coloro che in guerra abbiano riportato “Alterazioni organiche e irreparabili di ambo gli occhi che abbiano prodotto cecità assoluta e permanente” escludendo la Tabella A 1 bis allegata allo stesso D.P.R., che si riferisce a coloro che hanno subito “la perdita degli arti superiori fino al limite della perdita delle due mani” (Cass. n. 10144 del 2018) Cass. n. 4495 del 2017);

L’applicazione della tabella E lett. A) n. 1 risulta testualmente dalla L. n. 429 del 1991, art. 1, comma 1, che richiama l’indennità spettante alle persone affette da cecità bilaterale assoluta e permanente per causa di guerra e dalla L. n. 508 del 1988, art. 2, comma 2, che ai fini dell’importo spettante a ciechi civili assoluti richiama quello “…dell’indennità di accompagnamento percepita dai ciechi di guerra ascritti alla Tabella E, lettera A, n. 1 allegata alla legge medesima” (ovvero alla L. 6 ottobre 1986, n. 656) (cfr. anche Cass. n. 26068 del 16 dicembre 2016; Cass. n. 17648 del 6 settembre 2016; Cass. 19 luglio 2016, n. 14723);

il principio sopra richiamato trova applicazione anche qualora riferito al diritto all’adeguamento automatico dell’indennità di accompagnamento, riconosciuto ai ciechi civili assoluti secondo quanto previsto per il corrispondente beneficio goduto dai ciechi di guerra; tale diritto si concretizza in un assegno aggiuntivo, risultante dall’applicazione di una quota – determinata annualmente – dell’indice di variazione previsto dalla L. 3 giugno 1973 n. 160, art. 9; resta, infatti, acquisito, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui il diritto all’equiparazione nel quantum del beneficio riguardi sia la misura base che l’adeguamento automatico, in conformità con la L. n. 429 del 1991, art. 1, comma 2, il quale così prevede: “Con la stessa decorrenza di cui al comma 1 si applicano alla indennità di accompagnamento per i ciechi civili assoluti i meccanismi di adeguamento automatico previsti e richiamati dalla L. 6 ottobre 1986, n. 636, art. 1, come sostituito dalla L. 10 ottobre 1989, n. 342, art. 1, per l’indennità di assistenza ed accompagnamento spettante alle persone affette da cecità bilaterale assoluta e permanente per causa di guerra” (in tema cfr. Cass. n. 4495 del 2017);

la critica generica e non adeguatamente documentata contenuta nel secondo motivo, prospettato come vizio di ultrapetizione, non è sufficientemente esaustiva nell’indicare l’oggetto della pretesa della ricorrente, e non lascia, quindi, margini per una valutazione del “fatto processuale” diversa da quella operata dal giudice del merito, la cui decisione si pone, peraltro, in conformità con i consolidati principi di diritto affermati da questa Corte;

il terzo motivo è inammissibile;

la ricorrente non trascrive e non produce la memoria costitutiva dell’Inps in primo grado da cui possa dedursi che l’eccezione concernente la carenza di specifica allegazione riguardo alla comparazione fra quanto percepito e quanto ritenuto spettante sia stata posta soltanto in grado di appello;

in ragione del principio di specificità, il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

la censura di eccezione nuova non soddisfa l’obbligo di allegazione e specificità e, pertanto, sotto tale profilo, la critica formulata col terzo motivo è inammissibile, e la sentenza va ritenuta esente da vizi là dove ha accertato, con motivazione chiara e coerente che, non essendo stato allegato dall’odierna ricorrente alcun elemento da cui potesse dedursi la prova della differenza per difetto invocata, l’indennità di accompagnamento era stata correttamente liquidata;

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo

unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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