Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28386 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 07/11/2018), n.28386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28711/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

EREDITA’ GIACENTE DI D.G.G., in persona del curatore pro

tempore;

– intimata –

e

D.G.P., D.G.F. e V.C., tutti

n.q. di eredi di D.G.G.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana, sez. staccata di Livorno, n. 95/23/2010 depositata il 5

ottobre 2010, non notificata;

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 giugno 2018

dal consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

Fatto

RILEVATO

che:

-Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. staccata di Livorno, (in seguito, CTR), veniva rigettato l’appello proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Livorno (in seguito, CTP) nn. 225/02/2001 e confermata la decisione di primo grado avente ad oggetto un avviso di accertamento in rettifica relativo ad IVA per l’anno di imposta 1994 notificato a D.G.G.;

– D.G.G. proponeva ricorso alla CTP lamentando, tra l’altro, l’illegittimo – a suo dire – diniego da parte dell’Amministrazione di adire al c.d. concordato di massa D.L. n. 564 del 1994, ex art. 3; la CTR accoglieva il ricorso per questa ragione, assorbita ogni altra doglianza e l’Agenzia proponeva appello alla CTR; durante il processo di appello interveniva il decesso del contribuente, parte e difensore in proprio e, a seguito di interruzione del processo, questo veniva riassunto dall’Agenzia nei confronti dei chiamati all’eredità del contribuente D.G.P., D.G.F. e V.C.; a seguito di loro rinuncia al diritto di accettare, veniva evocata in giudizio il curatore dell’eredità giacente del de cuius, in ultimo costituitasi in giudizio; la CTR rigettava in ultimo l’appello;

– Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l’Agenzia affidato a quattro motivi, mentre i chiamati e il curatore dell’eredità giacente sono rimasti contumaci.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– In via pregiudiziale, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva di D.G.P. e D.G.F., V.C., tutti n.q. di eredi di D.G.G., dal momento che è accertato nella sentenza gravata il fatto che hanno esercitato la rinuncia al diritto di accettare l’eredità del de cuius e, in appello, si era anche costituito il curatore dell’eredità giacente;

– Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR erroneamente applicato la disciplina sul giudicato esterno in relazione ad altre decisioni della CTR rese nei confronti del de cuius per le medesime riprese, ma diversi anni di imposta, il 1995 e 1996, in quanto non definitive;

– Il motivo è fondato, non solo la CTR non dà evidenza alcuna del fatto che le sentenze della CTR “n. 23/23/06 e n. 24/23/06” relative agli anni di imposta 1995 e 1996, ed aventi ad oggetto sempre la rettifica IVA a carico del de cuius, fossero passate in giudicato al momento dell’emissione della sentenza gravata, ma anzi vi è anche prova del contrario e, in particolare, la seconda è stata riformata da questa Corte con la sentenza del 18 settembre 2013 nn. 21302, giudicato esterno rilevabile d’ufficio;

– Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere solo apparente la motivazione dei giudici d’appello, consistente in un mero rinvio alla sentenza di primo grado, di un laconicità tale da non consentire di comprendere il percorso valutativo compiuto nella conferma di tale decisione, tenuto anche conto che la Corte con la sentenza 12 maggio 2006 n. 11085 si è pronunciata inter partes sul provvedimento di diniego dell’istanza di adesione al concordato di massa, decidendo in senso favorevole all’Amministrazione;

– Il motivo è fondato, sotto il profilo dell’omessa motivazione. Va premesso che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova. Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (Cass. 14 novembre 2013 n.25608). Orbene, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste qualora circa siffatta circostanza decisiva il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte dagli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad addurre l’insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali (Cass. 7 febbraio 2018 n.2963; Cass. 2 marzo 2012 n.3370). La motivazione omessa o insufficiente è configurabile qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (Cass. Sez. Un. 25 ottobre 2013 n. 24148);

– Nel caso di specie la motivazione della sentenza gravata, conferma la decisione di primo grado con il richiamo ad un giudicato esterno, argomento privo di fondamento per le ragioni sopra viste in dipendenza del primo motivo, e sulla base dell’unica affermazione seguente: “anche nel merito l’appello dell’Ufficio è infondato, dovendosi ritenere corretta la motivazione dei primi giudici alla luce delle sentenze tributarie di secondo grado e di quella della Cassazione che hanno avvallato gli assunti del contribuente”. Anche il riferimento alla sentenza della Cassazione non è specifico ma, se deve riferirsi alla sentenza 12 maggio 2006 n. 11085 come argomenta l’Agenzia, è destituito di fondamento, dal momento che la Cassazione con la sentenza da ultimo citata ha cassato in quel processo la sentenza della CTR per avere affermato che la pendenza di procedimento penale per concorso in uno dei reati previsti dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 bis, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, non è di ostacolo alla definizione prevista dal D.L. n. 449 del 1996, art. 3, non convertito, confermando il diniego interposto dall’Amministrazione all’istanza del de cuius ad adire al concordato di massa;

– Pertanto, il laconico passaggio motivazionale rientra a pieno titolo nel paradigma dell’omessa motivazione, al limite della motivazione apparente in quanto è anche completamente scollegato da riferimenti puntuali alla fattispecie concreta, privo di richiami analitico a documenti e alle ragioni di condivisione di una tesi piuttosto che di un’altra, senza nemmeno aver riportato i motivi di appello e aver articolato una risposta a ciascuno;

– L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo e quarto, formulati in via subordinata, con cui si denuncia rispettivamente la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, punto 2 e art. 2909, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione alle medesime rationes decidendi;

– In conclusione, accolti i motivi primo e secondo del ricorso, ed assorbiti il terzo e quarto, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte:

dichiara il difetto di legittimazione passiva di D.G.P., D.G.F. e V.C., n.q. di eredi di D.G.G.;

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo e quarto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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