Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28385 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE – UFFICIO VETERINARIO PER GLI ADEMPIMENTI

COMUNITARI DEL TRENTINO-ALTO ADIGE, in persona del Ministro e del

Direttore pro tempore, rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

H.H., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

a margine del controricorso, dagli Avv. Pobitzer Hansjorg ed Ermanno

Prastaro, elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in

Roma, via A. Chinotto, n. 1, se. C/14;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di

Merano, n. 59 del 4 marzo 2005.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Merano, con sentenza in data 4 marzo 2005, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da H.H., ha annullato in parte l’ordinanza-ingiunzione prot. n. 1682/2003/323 del 10 febbraio 2003 del Ministero della salute – Ufficio veterinario per gli affari CE del Trentino-Alto Adige, là dove essa si riferiva alla contestazione della violazione del D.Lgs. 30 gennaio 1993, n. 28, art. 13-bis (Attuazione delle direttive 89/662/CEE e 90/425/CEE relative ai controlli veterinari e zootecnici di taluni animali vivi e su prodotti di origine animale applicabili negli scambi intracomunitari), per l’avvenuta importazione di due bovini (yaks) vivi dalla Germania in assenza della prevista convenzione;

che il Tribunale ha rilevato che l’ H., avendo importato gli yaks solo ad uso proprio, non soggiaceva all’obbligo di stipula della convenzione, essendo lo scopo commerciale imprescindibile ai fini della connotazione di azienda del complesso agricolo;

che per la cassazione della sentenza del Tribunale il Ministero della salute – Ufficio veterinario per gli adempimenti comunitari del Trentino-Alto Adige ha proposto ricorso, con atto notificato l’8 marzo 2006, sulla base di un motivo;

che l’intimato ha resistito con controricorso.

Considerato che con l’unico mezzo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 gennaio 1993, n. 28, artt. 2, 5, 11 e 13-bis ed in particolare erronea interpretazione e conseguente violazione dell’art. 2, comma 1, lett. d), di detto Decreto Legislativo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il Tribunale abbia ritenuto che, diversamente dall’obbligo di registrazione, l’obbligo di stipulare la convenzione non farebbe carico agli agricoltori, ma riguarderebbe soltanto i commercianti;

che il motivo è fondato;

che il D.Lgs. n. 28 del 1993, art. 11, comma 3, prevede che le garanzie richieste ai destinatari di cui al comma 1, lett. c), punti 3) e 4), sono stabilite nell’ambito di una convenzione da stipulare con la competente autorità al momento della registrazione preliminare (e la mancata stipula della convenzione costituisce illecito amministrativo punito ai sensi del successivo art. 13-bis, comma 2);

che secondo quanto disposto dall’art. 11, comma 1, lett. c), punto 4), soggiacciono alle misure di controllo le “aziende”;

che la definizione di “azienda” è data dall’art. 2 dello stesso Decreto Legislativo, il quale per tale definisce “il complesso agricolo e la stalla del commerciante nei quali sono tenuti o allevati abitualmente gli animali di cui agli allegati A e B nonchè, per gli equini, l’azienda agricola o di addestramento, la stalla o in generale qualsiasi locale o impianto in cui sono tenuti o allevati abitualmente equini indipendentemente dal loro impiego”;

che – contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale – l’utilizzazione della congiunzione “e” dopo la locuzione “il complesso agricolo” e prima della espressione “la stalla del commerciante”, non vale a riferire il complemento di specificazione “del commerciante” tanto al complesso agricolo quanto alla stalla;

che nel contesto in cui è inserita, la congiunzione “e” assume piuttosto una valenza distintiva e non cumulativa, perchè serve ad elencare due attività economiche diverse ed autonome, il complesso agricolo accanto alla stalla del commerciante, ciascuna di per sè idonea ad essere ricompresa nella nozione di “azienda”;

che la tesi fatta propria dal giudice a quo, nel predicare la necessità di un attributo commerciale anche per l’azienda agricola, non è coerente con il complesso della disciplina introdotta dal decreto legislativo, la quale, attenendo ai controlli veterinari (miranti direttamente o indirettamente a garantire la protezione della salute pubblica e della salute animale), ha riguardo ad una funzione destinata ad esplicarsi non soltanto nei riguardi delle attività commerciali;

che inoltre, l’interpretazione del Tribunale è la meno conforme al diritto comunitario, giacchè l’art. 2 della direttiva del Consiglio n. 425 del 26 giugno 1990 (relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno), alla quale ha dato attuazione il citato D.Lgs. n. 28 del 1993, con una disposizione dal significato evidente e chiaro, ricorre alla disgiuntiva “o”, definendo azienda “il complesso agricolo o la stalla del commerciante ai sensi delle vigenti regolamentazioni nazionali, situati nel territorio di uno Stato membro, nei quali sono tenuti o allevati abitualmente gli animali di cui agli allegati A e B, ad eccezione degli equini, nonchè l’azienda definita dall’art. 2, lett. a), della direttiva 90/426/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti di equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi”;

che pertanto, in tema di controlli veterinari e zootecnici negli scambi intracomunitari, anche gli agricoltori che non sono commercianti e che non ricoverano il bestiame in funzione dello svolgimento dell’attività di intermediazione, tipica di questi ultimi, sono soggetti all’obbligo di convenzione di cui al D.Lgs. n. 28 del 1993, art. 11 il quale – come questa Corte ha già rilevato (Sez. 2, 4 marzo 2011, n. 5251) – è stabilito a tutela della salute, pubblica e animale, e sorge per il semplice verificarsi del fattore di rischio (l’importazione di animali);

che quindi, il ricorso deve essere accolto;

che cassata, in parte qua, la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al Tribunale di Bolzano, in persona di diverso magistrato;

che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bolzano, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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