Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28385 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. un., 14/12/2020, (ud. 03/11/2020, dep. 14/12/2020), n.28385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9901/2019 proposto da:

CONSORZIO AUTOSTAZIONE MERCI DI MILANO – C.A.M.M. S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE GIUFFRE’, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati BENEDETTO GIOVANNI CARBONE, e CARMINE PUNZI;

– ricorrente –

contro

MILANO SERRAVALLE – MILANO TANGENZIALI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO DEL

VECCCHIO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO PAOLO

BELLO;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, A.N.A.S. S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5590/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 28/09/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso;

uditi gli avvocati Benedetto Giovanni Carbone ed Antonio D’Alessio

per delega dell’avvocato Carmine Punzi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR Lombardia con la quale il primo giudice aveva rigettato l’impugnativa, proposta dal Consorzio Autostazione Merci di Milano – CAMM, del provvedimento del 18/12/2014 con cui la soc. Milano – Serravalle, concessionaria dello Stato per la costruzione e l’esercizio della tangenziale est di Milano, aveva invitato CAMM a sgomberare l’area sottostante il viadotto autostradale con conseguente ripristino dei luoghi. Il Consiglio di Stato ha confermato la qualificazione dell’area in questione come pertinenza di esercizio trattandosi di aree che,collocandosi in strettissima contiguità con l’opera pubblica, inerivano stabilmente alla stessa risultando, invece, infondata la tesi della CAMM che ravvisava un mero diritto d’uso di natura civilistica con la conseguenza che la Milano – Serravalle non avrebbe potuto imporne unilateralmente la restituzione e la relativa controversia avrebbe dovuto essere devoluta al giudice ordinario in quanto attinente l’esecuzione di un negozio privato.

Qualificata, pertanto, l’area quale pertinenza autostradale esercitabile mediante concessione, la relativa controversia doveva essere devoluta al giudice amministrativo.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso a queste Sezioni Unite il Consorzio CAMM denunciando l’eccesso di potere giurisdizionale del Consiglio di Stato.

Si è costituita la soc. Milano – Serravalle – Milano Tangenziali depositando controricorso. Il Ministero delle Infrastrutture e l’Anas sono rimasti intimati. Il Consorzio e la Milano Serravalle hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. La soc. ricorrente denuncia che la decisione travalicava i limiti esterni della giurisdizione con invasione della sfera spettante alla giurisdizione ordinaria. Deduce che Milano Serravalle si era arrogata un potere pubblicistico che in realtà non aveva assumendo di agire con atti avente la natura di provvedimenti amministrativi,avverso i quali era ammissibile il ricorso al TAR entro 60 giorni. Rileva,invece, in relazione alla giurisdizione, che la convenzione dell’8/1/1970 intercorsa con Milano Serravalle – il cui art. 6 riconosceva l’utilizzo da parte di CAMM delle aree su cui insisteva il manufatto autostradale esclusivamente per parcheggio e transito – attribuiva a CAMM un diritto d’uso perpetuo delle aree sottostanti il manufatto autostradale, non configurandosi come concessione di pertinenza autostradale, ma era una mera ricognizione di un preesistente diritto reale regolato iure privatorum. Lamenta che il Consiglio di stato, invece di esaminare la convenzione del 1970 ed in particolare l’art. 6, lett. c), per desumere la natura o meno di concessione era partito dalla qualificazione di tali aree come pertinenze; qualora avesse correttamente esaminato la convenzione avrebbe dovuto escludere che si trattasse di concessione di beni pubblici.

4. Il ricorso è inammissibile non avendo il C.d.S. violato i limiti esterni della giurisdizione ad esso attribuita.

5. Come più volte ribadito da questa Corte (cfr. tra le tante Sez. U. 20/3/2019, n. 7926), il ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8 e dell’art. 362 c.p.c. e art. 110cod. proc. amm., è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione ed è quindi esperibile solo nel caso in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato l’ambito della giurisdizione in generale, esercitando la stessa nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, oppure, al contrario, negando la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale, ovvero qualora abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale o negandola o compiendo un sindacato di merito, pur trattandosi di materia attribuita alla propria giurisdizione limitatamente al solo controllo di legittimità degli atti amministrativi, e invadendo arbitrariamente il campo dell’attività riservato alla P.A. (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. U. 23 luglio 2015, n. 15476; Cass. Sez. U., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass. Sez. U., 30/03/2018, n. 8047).

Ampliamenti interpretativi dei principi di cui sopra sono stati ritenuti inammissibili dalla Corte Cost. con la pronuncia 18/1/2018, n. 6. Il giudice delle leggi ha a riguardo affermato che “l'”eccesso di potere giudiziario”, denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, come è sempre stato inteso, sia prima che dopo l’avvento della Costituzione, va riferito, dunque, alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonchè a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici”, e che “Il concetto di controllo di giurisdizione, così delineato nei termini puntuali che ad esso sono propri, non ammette soluzioni intermedie, come quella pure proposta nell’ordinanza di rimessione, secondo cui la lettura estensiva dovrebbe essere limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze “abnormi” o “anomale” ovvero di uno “stravolgimento”, a volte definito radicale, delle “norme di riferimento”.

6. Ciò posto, ed applicando detti principi al caso di specie,deve ritenersi inammissibile il ricorso che, nel suo nucleo essenziale, è inteso a far valere l’eccesso di potere giurisdizionale per avere il Consiglio di Stato qualificato pertinenza autostradale l’area sottostante il viadotto – trattandosi di aree che collocandosi in strettissima contiguità con l’opera pubblica, ineriscono stabilmente alla stessa – escludendo, invece che la CAMM avesse sulle stessa un diritto d’uso di natura civilistica riconosciuto dalla convenzione del 1970 intercorsa con la Milano Serravalle. Secondo il Consiglio di Stato il diritto d’uso di cui all’art. 6, lett. c), della richiamata convenzione con la Milano Serravalle aveva ad oggetto l’utilizzo di una pertinenza autostradale esercitabile mediante concessione d’uso con conseguente devoluzione al giudice amministrativo.

7. All’evidenza, la ricorrente addebita alla pronuncia del Consiglio di Stato di essere incorso negli errori di giudizio prospettati: in tal modo, nella stessa tesi della ricorrente, si è del tutto al di fuori dal perimetro della violazione dei limiti esterni della giurisdizione, versandosi nella deduzione di meri errori di diritto e di interpretazione delle convenzioni intercorse tra le parti.

Il ricorso si incentra, in definitiva, sul difetto relativo di giurisdizione pronunciandosi in una controversia di natura privatistica in violazione dei criteri di riparto della giurisdizione.

A riguardo deve essere richiamato il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui “l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione” (cfr Cass. 20/10/2016 n. 21260, n1309 del 19/01/2017, n. 22439 del 24/09/2018, n. 33685 del 31/12/2018,n. 6281 del 04/03/2019).

8. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente a pagare le spese di lite.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 5.500,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

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