Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28375 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.M. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato DI MEGLIO

Gianfranco, presso lo studio del quale in Roma, Via Innocenzo XI n.

8, è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 6023 del 2005,

depositata in data 9 febbraio 2005.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto dei

primi due motivi di ricorso e l’accoglimento del terzo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Giudice di pace di Roma ha rigettato l’opposizione proposta da C.M. avverso la determinazione dirigenziale del Comune di Roma in data 21 giugno 2004, con la quale gli era stato ingiunto il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 28, comma 3, per avere esercitato la vendita sul suolo pubblico (in via della Stamperia) di merci non alimentari (stampe) sprovvisto di autorizzazione amministrativa;

che il Giudice di pace ha rilevato che pur non potendosi escludere che l’opponente, come sostenuto nel ricorso, avesse esposto per la vendita alcuni dipinti di “produzione propria”, tuttavia la espressione “stampe” contenuta nel verbale di accertamento si riferiva chiaramente a un prodotto diverso dal frutto dell’ingegno e della libera attività creativa umana;

che, ha osservato ancora il Giudice di pace, al momento dell’accertamento l’opponente non aveva fatto alcuna dichiarazione al riguardo;

che al momento dell’accertamento (26 luglio 1999), il D.Lgs. n. 114 del 1998 era già entrato in vigore;

che per la cassazione di questa sentenza C.M. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi;

che l’intimato Comune non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con il primo motivo di ricorso il ricorrente, dopo aver ricordato di essere iscritto dal 1997 nel registro degli esercenti mestieri ambulanti R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 121 (T.U.L.P.S.) e di essere munito di determinazione dirigenziale del Comune di Roma per l’esercizio del mestiere ambulante di vendita di dipinti e disegni di produzione propria, denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata sul fatto controverso, decisivo per il giudizio, costituito dall’esposizione in vendita dei dipinti di produzione propria riprodotti a mezzo stampa;

che il ricorrente sostiene che il Giudice di pace non avrebbe tenuto conto della produzione documentale costituita dalle riproduzioni pittoriche a sua firma, del tutto identiche a quelle sequestrate dai Vigili urbani al momento dell’accertamento;

che con il secondo motivo il C. deduce violazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, n. 2, lett. h), a norma del quale la disciplina del commercio non si applica “a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonchè quelle dell’ingegno a carattere creativo”, rilevando che, nel caso di specie, non avrebbero potuto essere applicate le sanzioni previste dall’art. 29 del medesimo D.Lgs.; normativa questa che dovrebbe ritenersi non applicabile a chi eserciti mestieri regolati dall’art. 121 cit. T.U.L.P.S.;

che i primi due motivi, all’esame dei quali può procedersi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono infondati;

che invero, le censure del ricorrente postulano accertamenti di fatto – l’essere o no le opere che il ricorrente aveva esposto per la vendita in occasione dell’accertamento dei Vigili urbani, opere create dal medesimo ricorrente – precluso in questa sede, avendo il Giudice del merito ritenuto, sulla base dell’accertamento contenuto nel verbale dei Vigili urbani, assistito da efficacia probatoria ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., che oggetto della esposizione e della vendita fossero delle stampe;

che con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29 e art. 30, comma 2, rilevando che le disposizioni sanzionatorie contenute nel citato D.Lgs., non sarebbero comunque applicabili in forza del disposto dell’art. 30, a norma del quale “fino all’emanazione delle disposizioni attuative di cui all’art. 28 continuano ad applicarsi le norme precedenti”;

che in proposito il ricorrente rileva che nella Regione Lazio le norme attuative sono state adottate con L.R. 18 novembre 1999, n. 33, sicchè alla data dell’accertamento erano vigenti le disposizioni di cui alla regolamentazione comunale, in relazione alla L. n. 112 del 1991, art. 6 e al D.M. n. 248 del 1993, art. 23;

che il motivo è fondato;

che il ricorrente è stato sanzionato, ai sensi del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 28, per la violazione dell’art. 28, comma 3, del medesimo D.Lgs.;

che l’art. 28 dispone, al comma 2, che “l’esercizio dell’attività di cui al comma 1 è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative”; al comma 3, che “l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita anche all’esercizio in forma itinerante nell’ambito del territorio regionale; al comma 4, che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività.

L’autorizzazione di cui al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonchè nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago”; al comma 12, che “le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto, emanano le norme relative alle modalità di esercizio del commercio di cui al presente articolo, i criteri e le procedure per il rilascio, la revoca e la sospensione nei casi di cui all’art. 29, nonchè la reintestazione dell’autorizzazione in caso di cessione dell’attività per atto tra vivi o in caso di morte e i criteri per l’assegnazione dei posteggi.

Le regioni determinano altresì gli indirizzi in materia di orari ferma restando la competenza in capo al sindaco a fissare i medesimi”;

che l’art. 30 del medesimo D.Lgs., nel dettare le disposizioni transitorie e finali, stabilisce, al comma 1, che “I soggetti che esercitano il commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano gli altri commercianti al dettaglio di cui al presente decreto purchè esse non contrastino con specifiche disposizioni del presente titolo” e, al comma 2, che “Fino all’emanazione delle disposizioni attuative di cui all’arti. 28 continuano ad applicarsi le norme previdenti”;

che dunque, l’operatività della disciplina di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998 è subordinata all’adozione di una normativa regionale di attuazione;

che nella Regione Lazio la detta normativa di attuazione è stata adottata con L.R. 18 novembre 1999, n. 33;

che pertanto, al momento dell’accertamento, avvenuto il 26 luglio 1999, la detta normativa non era ancora stata approvata e pubblicata, sicchè non poteva trovare applicazione la disciplina sanzionatoria di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 29, a nulla rilevando che il medesimo decreto fosse entrato in vigore da oltre un anno (circostanza, questa, rilevante ai fini della efficacia della gran parte delle disposizioni del decreto legislativo, salve le eccezioni indicate nell’art. 26, ma non ai fini della applicazione della disciplina sanzionatoria) (sul rapporto tra legge regionale e applicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 114, v. Cass. n. 4377 del 2009);

che, dunque, il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, formulandosi il seguente principio di diritto: “In tema di violazioni alla normativa sul commercio, l’applicabilità delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 114 del 1998, postula l’adozione della normativa regionale di attuazione, secondo quanto previsto dagli artt. 28 e 30 del medesimo D.Lgs.”;

che la sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio ad altro Giudice di pace di Roma, perchè proceda a nuovo esame della opposizione attenendosi all’indicato principio di diritto;

che la giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso; accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altro Giudice di pace di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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