Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28375 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 11/12/2020), n.28375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31225-2019 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 4,

presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO

ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

V.S. propone ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Perugia il 26 marzo 2019. Questo decreto, reso nel giudizio di opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, ha ritenuto congrua la liquidazione delle spese processuali nell’importo di Euro 225,00 operata dal magistrato designato in sede di ingiunzione, giacchè in linea col disposto del D.M. n. 55 del 2014, artt. 19 e 4.

Il Ministero della Giustizia, intimato, ha depositato atto di costituzione.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 55 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018. Il ricorrente espone che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dal D.M. n. 55 del 2014, dovendosi far riferimento alla Tabella 12 per i giudizi davanti alla Corte d’appello, e non alla Tabella 8 per i procedimenti monitori, ed in ogni caso risultando la liquidazione di un compenso di soli Euro 225,00 praticamente simbolica e non consona al decoro professionale.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il motivo di ricorso è infondato.

Si ha riguardo alla liquidazione del compenso per la fase monitoria L. n. 89 del 2001 ex art. 3, del procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo. A tale fase del giudizio, che culmina nel decreto del presidente della corte d’appello, o di un magistrato della corte a tal fine designato (a differenza dell’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, la quale realizza una fase a contraddittorio pieno, da considerare quale procedimento avente natura contenziosa, cui trova perciò applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, da regolare, a seconda degli esiti, in via unitaria o autonoma, in base alle alternative delineate da Cass. Sez. 6 – 2, 22/12/2016, n. 26851) si applica la tabella 8 del D.M. n. 55 del 2014 per i procedimenti monitori (Cass. Sez. 2, 31/07/2020, n. 16512). La tabella 8, in relazione alle domande di valore da Euro 0 a Euro 5.200,00 (quale quella oggetto di causa), stabilisce il compenso unico di Euro 450,00, riducibile, pertanto, D.M. n. 55 del 2014 ex art. 19 (formulazione applicabile ratione temporis), “in ogni caso in misura non superiore al 50 per cento”, e dunque fino ad Euro 225,00. A tal fine, deve ribadirsi quanto affermato da Cass. Sez. 6 – 2, 05/08/2016, n. 16392, e cioè che, nei giudizi di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il giudice, purchè non scenda al di sotto degli importi minimi, può ridurre il compenso del difensore sino alla metà (nel caso di cui al citato precedente, D.M. n. 140 del 2012 ex art. 9), anche senza necessità di specifica motivazione, e senza che perciò operi il limite di cui all’art. 2233 c.c., comma 2.

Riguardo alle considerazioni svolte dal ricorrente nelle memoria, va evidenziato come la paventata difformità di decisioni sul punto possa intendersi ormai superata a seguito della già richiamata Cass. Sez. 2, 31/07/2020, n. 16512, che ha definito la questione di diritto in esame a seguito di trattazione in pubblica udienza.

Il ricorso va dunque rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo svolto utili attività difensive l’intimato Ministero. Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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