Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28374 del 11/12/2020
Cassazione civile sez. VI, 11/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 11/12/2020), n.28374
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29111-2019 proposto da:
M.B., rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA GRAZIA
CONTE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositato il
12/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/11/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.
Fatto
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
M.B. propone ricorso articolato in due motivi avverso il decreto n. 1396/2019 reso il 12 agosto 2019 dalla Corte d’Appello di Lecce.
L’intimato Ministero della Giustizia si difende con controricorso. Il decreto impugnato ha rigettato l’opposizione L. n. 89 del 2001 ex art. 5 ter, proposta avverso il decreto del magistrato designato del 7 gennaio 2019, ed ha perciò confermato il rigetto per tardività della domanda di equa riparazione formulata in data 13 dicembre 2018 da M.B. in relazione alla durata non ragionevole di un giudizio penale, definito dalla Corte di cassazione in data 24 gennaio 2018 (data di deposito del dispositivo). La Corte di Lecce ha ritenuto infondate le doglianze del ricorrente, secondo cui solo con il deposito delle motivazioni egli sarebbe venuto a conoscenza della sentenza di cassazione, avendo il M. avuto avviso del giorno di trattazione del processo di legittimità ed avendo il suo difensore partecipato all’udienza.
Il primo motivo di ricorso di M.B. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 4 marzo 2001, n. 89, art. 4, essendo stato il ricorso per cassazione discusso all’udienza del 24 gennaio 2018, e venendo però depositata la sentenza il successivo 14 giugno 2018, con annullamento della sentenza d’appello limitatamente alle statuizioni civili e rinvio al competente giudice civile. Per il ricorrente, il termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, non può che decorrere da quando l’interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento che definisce il processo presupposto.
Il secondo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 p. 1 CEDU, anche qui ribadendo che il termine semestrale decorre soltanto dall’effettiva conoscenza della sentenza definitiva.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il Collegio reputa che il ricorso sia inammissibile, in quanto il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame del motivo di ricorso non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.
Le due censure vanno esaminate congiuntamente in quanto connesse.
Il decreto impugnato ha deciso la questione di diritto in esame uniformandosi alla consolidata interpretazione di questa Corte, secondo cui, in tema di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nello stabilire che la domanda di equa riparazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi del “momento in cui la decisione è divenuta definitiva”, fa specifico riferimento alla decisione che conclude il procedimento e, cioè, a quella finale che, come tale, è in linea di principio immutabile non appena viene ad esistenza, non essendo ulteriormente impugnabile, salvo che in alcune ipotesi tassativamente previste. Ne consegue che, con riguardo alla domanda di equa riparazione per la eccessiva durata di un procedimento penale definito dalla Corte di cassazione all’esito della trattazione della causa in pubblica udienza, il predetto termine decorre dalla data della lettura del dispositivo della pronuncia dei legittimità non già da dalla data di deposito della sentenza completa della sua motivazione (come suppone il ricorrente), divenendo la decisione di merito irrevocabile da quella data, come stabilisce l’art. 648 bis c.p.p., e ciò anche quando l’imputato non sia presente in udienza, atteso che dal fatto che egli ha conoscenza del giorno in cui è trattato il processo (comunicato mediante avviso al difensore o all’imputato personalmente) e che il medesimo difensore partecipi all’udienza che definisce il processo, si evince che la parte è posta in condizioni di conoscere il giorno dal quale decorre il termine iniziale per proporre la domanda di equa riparazione, senza essere gravata di oneri eccedenti l’ordinaria diligenza e, comunque, tali da rendere difficoltosa o da pregiudicare la tutela del proprio diritto (Cass. Sez. 6 – 1, 04/10/2013, n. 22767; Cass. Sez. 6 – 1, 12/06/2013, n. 14725; Cass. Sez. 1, 16/04/2008, n. 10070).
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, regolandosi secondo soccombenza le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.
Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020