Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28370 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 07/11/2018), n.28370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27921/2011 R.G. proposto da:

GABBIANO COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ugo Campese, con domicilio

eletto in Roma, via Panama, n. 88, presso lo studio dell’Avv.

Giorgio Spadafora;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, n.212/44/2011 depositata il 16 maggio 2011;

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 giugno 2018

dal consigliere Pierpaolo Gori.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania (in seguito, CTR), veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la GABBIANO COSTRUZIONI S.R.L. (in seguito, la contribuente), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento (in seguito, CTP) n. 57/07/2010, a sua volta avente ad oggetto un avviso di accertamento relativo a IVA, IRPEG e IRAP per l’anno di imposta 2006; venivano così rideterminati maggiori ricavi relativi a cantieri non risultanti dalle fatture emesse dal prospetto lavori in corso a fine anno, oltre a recupero a tassazione di costi non inerenti ed IVA;

– La contribuente impugnava l’avviso avanti alla CTP contestando le riprese nel merito; resisteva l’Agenzia, e i giudici di primo grado accoglievano parzialmente il ricorso, determinando un maggior reddito di impresa di Euro 8.969,00 ed una maggiore IVA nella misura di Euro 794,00, ed annullando l’avviso nel resto; l’Agenzia proponeva appello, nella parte di decisione in cui era risultata soccombente, cui replicava la contribuente con controdeduzioni, e la CTR accoglieva integralmente l’appello;

– Avverso la sentenza della CTR propone ricorso la contribuente affidato a tre motivi, cui l’Agenzia resiste con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Va preliminarmente scrutinata e disattesa l’eccezione dell’Agenzia di inammissibilità dell’intero ricorso, in quanto, a suo dire, diretto unicamente ad una indebita rivalutazione del fatto accertato dal giudice del merito; l’eccezione, per come formulata in relazione all’intero atto introduttivo, non può trovare accoglimento, dal momento che il ricorso, prima ancora su vizi motivazionali, è incentrato sulla deduzione di violazione di un giudicato interno che in nessun modo può essere riconnesso ad una richiesta di rivalutazione del merito, salvo quanto segue;

– Con il primo motivo, si censura la nullità del procedimento per violazione del giudicato interno, ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la CTR omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’appello interposto dall’Agenzia, in relazione alle ragioni poste a sostegno della sentenza di primo grado, ossia agli elementi di prova prodotti dalla contribuente, rispetto alle quali l’Agenzia non avrebbe proposto specifici motivi di impugnazione;

– Il motivo è infondato; premesso che il giudicato, anche interno, si forma in linea di principio sulla domanda, identificata da soggetti, petitum e causa petendi, e non sul singolo elemento di prova, in merito al quale può eventualmente trovare applicazione il diverso principio della non contestazione, comunque l’atto di appello dell’Agenzia alle pagg. 2 e ss. contesta specificamente i documenti prodotti dalla controparte, al fine di dimostrare che non sono idonei a dimostrare l’inesistenza di cantieri diversi da quelli dichiarati, tesi poi motivatamente accolta dalla CTR e, per ciò solo, non sussiste la violazione sollevata;

– Con il secondo motivo, si deduce l’insufficiente motivazione in riferimento alla valutazione delle prove acquisite, ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– Con il terzo motivo, si lamenta l’insufficiente motivazione circa la dedotta mancata contestazione sia della “esistenza di ulteriori fatture di acquisto merci individuate dall’Ufficio per Euro 24.660,00 e specialmente, per Euro 171.819,00 indirizzate presso la sede sociale” sia della “misura del ricarico”, sempre ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– I motivi possono essere affrontati congiuntamente, afferendo alla medesima ratio decidendi, censurata secondo la medesima angolazione del vizio di motivazione, e sono inammissibili; infatti, con tali mezzi si contrasta la valutazione della prova operata dai giudici di appello senza far valere una prova contraria decisiva ritualmente introdotta nel processo e non adeguatamente considerata dalla CTR; non è decisivo, in particolare l’argomento secondo cui i giudici di appello non avrebbero tenuto conto del fatto che la contribuente svolgeva attività di impresa diretta alla costruzione e vendita di fabbricati, non escludendo ciò la presenza di cantieri non dichiarati; più in generale, l’accertamento della CTR è pacificamente fondato sulla base della documentazione e della stessa contabilità esibita dalla contribuente e, sempre pacificamente, come si legge anche a pag. 20 del ricorso, le fatture contestate indicano la sede sociale quale luogo di destinazione di materiali, mentre la rivalutazione del fatto che trattasi di mero refuso e non di un elemento di prova dimostrativo della presenza di opere ulteriori eseguite/cantieri non dichiarati, non è operabile in sede di legittimità, tenuto conto che la motivazione della CTR è, per quanto succinta, logica, e la contribuente non adduce elementi di prova di segno contrario non considerati;

– Al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese secondo il canone della soccombenza, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente alla rifusione all’Agenzia delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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