Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2837 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 06/02/2020), n.2837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26444-2016 proposto da:

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA

CANNAS, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO;

– ricorrente –

contro

CIRCE SRL;

– intimato –

Nonchè da:

CIRCE SRL, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MAURIZIO VILLANI;

– controricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 830/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

FOGGIA, depositata il 07/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019 dal Consigliere Dott. MAURA CAPRIOLI.

Fatto

RITENUTO

che:

Il Comune di San Giovanni Rotondo proponeva appello avverso la sentenza della CTP di Foggia con cui era stato accolto il ricorso presentato dalla società Circe s.r.l. contro il diniego di rimborso della Tarsu corrisposta per l’Albergo San Michele relativamente agli anni dal 2007 al 2011.

Il giudice di appello rilevava per gli aspetti che qui interessano che il Comune aveva adottato un regolamento che prevedeva una regime di tassazione più elevato per gli alberghi senza operare alcuna differenziazione fra le aree destinate esclusivamente a camere e quelle destinate ad uso comune. Osservava relativamente alle contestazioni sollevate in via di appello incidentale dalla contribuente con riguardo alla tassazione applicata per gli anni 2010 e 2011 la legittimità del tributo preteso in forza del D.L. n. 201 del 2011, art. 47, che aveva abrogato la Tarsu con decorrenza dal 1.1.2013.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di San Giovanni Rotondo affidandosi ad un solo motivo cui resiste la società Circe s.r.l. eccependo l’inammissibilità del ricorso e spiegando a sua volta ricorso incidentale.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con un unico articolato motivo il Comune denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 61,65,68 e 69, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente lamenta che la impugnata decisione pur avendo rilevato la legittimità in astratto di tariffe differenziate fra gli alberghi e le abitazioni avrebbe operato una distinzione fra i vari locali di cui è composto un albergo non contemplata dalla legge.

Sostiene la legittimità della propria previsione regolamentare che ha previsto conformemente alla disciplina dettata in materia di Tarsu (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68) una differenziazione tariffaria in relazione alla maggiore o minore produttività dei rifiuti delle varie attività soggette al prelievo.

Preliminarmente va esaminata la questione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente per difetto del potere di rappresentanza sostanziale e processuale in capo al Sindaco legata alla mancata autorizzazione a stare in giudizio da parte della Giunta o del Dirigente competente.

L’eccezione è infondata.

Al riguardo giova ricordare che nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (“ex” art. 6, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) – di prevedere l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia). Ove l’autonomia statutaria si sia così indirizzata, l’autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza. U, Sentenza n. 12868 del 16/06/2005 V, anche Cass. 8083/2018).

L’autorizzazione alla lite da parte della Giunta è più necessaria salvo che lo Statuto disponga in deroga alla previsione generale diversamente.

La decisione assunta dalla CTR pertanto è perfettamente in linea con gli indirizzi già espressi dalla Suprema Corte e si sottrae alla critica che le viene mossa avendo il Giudice di appello correttamente escluso la necessità dell’autorizzazione alla lite da parte della Giunta in assenza di una diversa disposizione statutaria derogatoria alla regola generale.

Ciò posto il ricorso principale è fondato.

Giova infatti ricordare che questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui non può ritenersi illegittima una Delib. comunale che preveda “una tariffa Tarsu per la categoria degli esercizi alberghieri notevolmente superiore a quella applicata alle civili abitazioni, in quanto costituisce un dato di comune esperienza la maggiore capacità produttiva di rifiuti propria di tali esercizi” (tra le molte, da ultimo, Cass. 28676/18; 8308/18; 16175/16).

Parimenti costante è l’indirizzo interpretativo in base al quale: “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della Delib. comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili” (Cass. n. 7044/14; così Cass. 22804/06 e, più recentemente, Cass. nn. 1979/18, 3187/18, 28676/18; Cass. 2019nr 7446).

Non vi sono ragioni per discostarsi da tale indirizzo che si attaglia appieno alla fattispecie qui dedotta.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n. 16175/16, 11966/16, secondo la quale “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”. (Sul punto si è pronunciata anche Cass. n. 22804 del 2006, ord. n. 26132 del 2011 e, soprattutto, recentemente, Cass. nn. 22521-22529/17, 15041-15050/17; Cassazione civile, sez. VI, 03/04/2018, n. 8077).

In questo quadro le previsioni regolamentari del Comune di San Giovanni Rotondo sono pienamente in linea con i dettami normativi non essendo richiesta dalla legge alcuna differenziazione del tipo di quella introdotta dal Giudice di appello (cfr in questo senso fra le tante Cass. 20972/2019; Cass. 20966/2019; Cass. 20769/2019).

Il motivo di ricorso incidentale con cui è stata denunciata la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 208 del 30 dicembre 2008, art. 5, comma 1, convertito in legge con modificazioni (L. n. 13 del 2009, nonchè dell’art. 23 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è, invece, infondato.

Infatti, va rilevato come l’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa fu più volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dal D.L. n. 194 del 2009, art. 8, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2010. Ciò non significa che dal 1 gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della Tarsu ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattività generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/09 (p.1.6.4) la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da Tarsu/Tia alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 238, comma 6, ma altresì al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimità dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei comuni si sono espressi anche il Mef con la circolare 3/D dell’li novembre 2010 (cfr. punto 2.1. della circolare) e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella Delib. 28 gennaio 2011, n. 21. Pertanto, sia per l’anno 2010 che per l’anno 2011 la tassa richiesta era dovuta dalla società contribuente.

Del pari infondata è la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla società controricorrente, in quanto, l’art. 23 Cost. fissa in materia tributaria una riserva di legge relativa e non assoluta, sulla base della quale alla norma primaria è richiesto di delineare i requisiti essenziali del tributo, potendo la stessa demandare alla fonte subprimaria, le modalità e l’ammontare del prelievo, in relazione ai soggetti passivi. In particolare, sulla riserva di legge relativa, con rinvio di dettaglio anche ad atti amministrativi generale, vedi: C. Cost. 64/1995, 148/1979,180/1996, 269/1997, 435/2001; Cass.16498/2003, 17602 /2003, 18262/2004).

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale, la sentenza va cassata e la causa va decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.

Le spese relative alla fase di merito vanno compensate in ragione delle incertezze ermeneutiche relative all’applicazione della tarsu antecedenti alla proposizione del ricorso in cassazione.

Le spese della presente fase di legittimità vanno poste a carico della controricorrente e liquidate in dispositivo secondo i criteri del D.M. n. 37 del 2018. Va dato atto della sussistenza-dei presupposti, per il versamento, da parte deI2, ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso principale e rie quello incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione drnot accoltVe decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; compensa le spese della fase di merito; condanna la ricorrente in via incidentale al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 2800,00 oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge; Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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