Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28369 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28369 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 8037-2007 proposto da:
PISANO’ IVANA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA A.
GRAMSCI 16, presso lo studio dell’avvocato GIGLIO
ANTONELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato LEONE
MAURIZIO giusta delega in calce;
– ricorrente 2013
2257

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente con atto di costituzione –

Data pubblicazione: 19/12/2013

avverso la sentenza n. 144/2005 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 23/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/06/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIGLIO che si

riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 29-1-1996 Pisanò Ivana cedeva l’azienda, costituita da “caffè bar” in Milano, per un
corrispettivo di lire 102.000.000, con una plusvalenza di lire 75.125.000.

comma 1, lett. g) e 18 TUIR, imputava la stessa in modo frazionato per ciascun periodo di imposta dal
1997 al 2003 ed inseriva i relativi importi per ciascuno dei detti anni nel quadro M (redditi soggetti a
tassazione separata); non compilava, invece, il quadro M della dichiarazione redditi 1996 in quanto il
corrispettivo della cessione era stato incassato a partire dal 1997, e quindi la quota percepita nell’anno
1996 era pari a zero.

Con avviso di accertamento relativo all’anno 1996 l’Agenzia delle Entrate di Milano 3, rilevava che, al
fine di tassare separatamente la plusvalenza, era necessario -ex art. 16, comma 2, TUIR- farne richiesta
nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale la plusvalenza avrebbe dovuto

essere applicata in tassazione ordinaria quale componente del reddito (quindi, nel caso di specie, nella
dichiarazione dei redditi relativa al 1996), richiesta invece non presente nel caso di specie; riteneva
pertanto che fosse da applicare la tassazione ordinaria prevista dall’art. 54 TUIR nel periodo di
imposta in cui era stata realizzata la cessione; procedeva, quindi, a rideterminare il reddito per il detto
anno, accertando maggior IRPEF, CSSN e Tassa Europa; l’Agenzia, inoltre, rettificava in aumento anche
l’importo della plusvalenza (da lire 75.125.000 a lire 152.056.000).

La CTP di Milano, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente avverso detto
avviso di accertamento, fissava in quello dichiarato di lire 75.125.000 l’importo della plusvalenza, e
riteneva detto importo legittimamente recuperato a tassazione per l’intero per l’anno 1996.

Con sentenza depositata il 23-1-2006 la CTR Lombardia rigettava sia l’appello principale della
contribuente sia l’appello incidentale dell’Agenzia; in particolare, per quanto ancora interessa, la CTR
riteneva legittima l’imputazione della quota della plusvalenza anche all’anno 1996, in quanto in detto
anno era avvenuta la cessione ed era maturato il corrispettivo; soggiungeva, inoltre che dallo stesso
comportamento della contribuente si poteva desumere l’intento di suddividere in quote costanti negli
esercizi successivi la plusvalenza, solo che quest’ultima “doveva essere imputata anche all’anno in
questione e comunque non poteva essere dilazionata oltre il quarto anno successivo”.

La contribuente, intendendo optare per la tassazione separata della plusvalenza, ai sensi degli artt. 16,

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la contribuente, affidato a tre motivi;
l’Agenzia si costituiva al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo di ricorso la ricorrente, deducendo -ex art. 360 n. 5 cpccontradditoria motivazione in ordine all’interpretazione della volontà, nonché -ex art. 360 n. 3 cpcsuddividere la plusvalenza in quote costanti ma non oltre il quarto anno successivo, aveva inteso
applicare l’art. 54, comma 4, TUIR, che disciplinava però la tassazione ordinaria delle plusvalenze, e
che era pertanto norma estranea alla fattispecie, nella quale la contribuente, per comportamento
concludente (indicazione della parte di corrispettivo attribuibile a plusvalenza nei quadri M -relativi a
tassazione separata- delle dichiarazioni dei redditi 1996/2003), il cui significato era stato totalmente
travisato dalla CTR, aveva optato per la tassazione separata.

Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo -ex art. 360 n. 3, cpc- violazione degli artt 16, comma 1°
lettg) e 18, comma 1°, TUIR, rilevava che, nell’attribuire la plusvalenza -pro quota- agli esercizi nei
quali era stato effettivamente percepito il corrispettivo della cessione di azienda, essa contribuente si
era attenuta a quanto previsto da dette disposizioni, i cui presupposti erano sussistenti nel caso di
specie; in particolare, al riguardo, precisava infatti che il previsto presupposto della richiesta della
tassazione separata nella dichiarazione relativa all’anno 1996 poteva essere sostituito dal
comportamento concludente di essa contribuente (indicazione in sette dichiarazioni dei redditi delle
quote di plusvalenza a ciascun esercizio attribuibili sulla base dell’effettiva percezione del
corrispettivo, e pertanto non in quote costanti); siffatta richiesta (di tassazione separata) non poteva
poi essere materialmente presentata, in quanto nell’anno 1996 la presentazione del mod. UNICO PC
non consentiva né di allegare documenti né di effettuare annotazioni di alcun tipo.

Il terzo motivo, da affrontare con precedenza per ragioni di ordine logico, è infondato.

Va, in primo luogo, precisato che la tassazione separata costituisce un beneficio per il contribuente,
consentito solo nelle ipotesi ed alle condizioni stabilite dal legislatore, atteso che la stessa si risolve in
una forma particolare di pagamento del tributo, consentita al fine di evitare che redditi maturati in un
lungo arco di tempo, ma percepiti (fiscalmente) in un unico periodo d’imposta, siano tassati con
aliquote diverse da quelle vigenti nel periodo di formazione del reddito stesso.

falsa applicazione dell’art. 54 TUIR, rilevava che la CTR, nell’argomentare sull’impossibilità di

Ciò posto, va, altresì, rilevato che l’art. 16 DPR 917/86, innovando la precedente disciplina (art. 12 DPR
597/1973) che in ordine alla plusvalenza da cessione d’azienda realizzata da persone fisiche imponeva
il regime della tassazione separata senza contemplare alternative, prevedeva sì la tassazione separata
(comma 1 lett. g) ma accordava al contribuente persona fisica la facoltà di scegliere tra la medesima
tassazione separata e la tassazione ordinaria, indicandone anche la specifica modalità (comma 2: “se
conseguiti da persone fisiche nell’esercizio di imprese commerciali, sono tassati separatamente a
condizione che ne sia fatta richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al

Tanto premesso, è pacifico che nella fattispecie in esame non sia intervenuta una espressa e
tempestiva opzione per il beneficio della tassazione separata nella dichiarazione dei redditi relativa al
periodo di imposta (nel caso di specie: anno 1996) al quale la plusvalenza sarebbe stata imputabile
come componente del reddito d’impresa; al riguardo non appare decisiva la dedotta difficoltà,
agevolmente superabile, di annotazioni nel mod. unico in uso nell’anno in questione; né può ritenersi,
trattandosi (come detto) di un beneficio per il contribuente (che, come tale, è consentito solo nei casi
previsti ed alle condizioni previste dal legislatore), che la mancanza di tale opzione nella dichiarazione
nei redditi del 1996 possa essere in qualche modo surrogata dalla mera indicazione della parte di
corrispettivo attribuibile a plusvalenza nei quadri M -relativi a tassazione separata- delle distinte e
diverse (da quella oggetto del giudizio, relativa al 1996) dichiarazioni dei redditi 1997-2003.

Il rigetto di tale motivo comporta l’assorbimento degli altri due.

In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, non avendo l’Agenzia svolto attività difensiva.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma in data 27-6-2013 nella Camera di Consiglio della quinta sez. civile.

quale sarebbero imputabili come componenti del reddito di imprese”).

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