Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28369 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. II, 11/12/2020, (ud. 09/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23965-2019 proposto da:

H.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ERITREA, 20,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1968/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 14 maggio 2019, respingeva l’appello proposto da H.S., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Venezia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il richiedente aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio paese per trovare un buon lavoro per mantenere la sua famiglia di origine. In sede di audizione davanti al Tribunale aveva poi aggiunto di aver contratto un prestito perchè la sua casa era andata distrutta da un’esondazione del fiume e di avere paura in caso di rientro per non aver pagato un debito. Secondo il collegio giudicante il racconto su quest’ultimo punto non era credibile, in quanto troppo generico e privo di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dargli un minimo di riscontro. Egli, inoltre, non aveva fatto riferimento alla situazione generale del paese che in ogni caso dalle fonti internazionali non rientrava tra quelle dove vi era una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato.

La Corte d’Appello non ravvisava neanche i presupposti per la protezione umanitaria mancando qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo a definire la presumibile durata di un’esposizione a rischio.

2. H.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un motivo di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7 e art. 14, lett. b) e c), ex art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura ha ad oggetto il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria nonostante il ricorrente, di condizioni sociali umili, sia vittima di usurari con il conseguente pericolo per la sua vita e per il rischi di trattamenti inumani e degradante in caso di rientro nel suo paese di origine, viste le condizioni in cui versa la giustizia del (OMISSIS), dove è presente una situazione di corruzione diffusa che coinvolge anche le forze dell’ordine come confermato da tutte le fonti internazionali. Non sarebbe da escludere neanche il rischio di una minaccia grave individuale alla vita alla persona derivante dalla violenza come confermato da varie fonti internazionali.

1.1 L’unico motivo di ricorso è inammissibile.

La censura del tutto generica non offre alcun elemento per rivalutare la credibilità del racconto del richiedente in ordine al prestito di natura usuraria. Deve, dunque, ribadirsi che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ord. n. 3340 del 2019).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello di Venezia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e alla contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente sul punto sopra citato.

La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto esplicito riferimento al report Easo aggiornato al dicembre 2017 dal quale ha tratto la convinzione che il (OMISSIS) non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che, in tal caso, non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

11. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100 più spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

 

 

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