Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28369 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 07/11/2018), n.28369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24984/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

N.R., P.P.R., entrambi quali eredi di

P.G., rappresentate e difese dall’Avv. Vincenzo Taranto,

domiciliate presso la Cancelleria della Corte;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Siciliana

– sez. staccata di Catania, n. 378/31/2010 depositata il 28 ottobre

2010.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 giugno 2018

dal Consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Regionale Siciliana – sez. staccata di Catania (in seguito, CTR), veniva parzialmente accolto il ricorso proposto da N.R. e P.P.R., quali eredi di P.G. (in seguito, i contribuenti), e riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Catania n. 28/14/2007;

– In particolare, l’avviso di accertamento, relativo ad IVA, IRPEF ed addizionali, oltre ad IRAP per gli anni di imposta 1998, 1999 e 2000, in relazione all’attività commerciale di supermercati alimentari esercitata dal de cuius, veniva impugnato dalle due eredi con altrettanti ricorsi, per carenza di motivazione dell’avviso, indebita applicazione dell’accertamento induttivo in assenza dei presupposti, errata ricostruzione dei ricavi, errato disconoscimento dell’inerenza dei costi per carburanti e manutenzione automezzi; i ricorsi venivano riuniti dalla CTP e rigettati;

– Contro la decisione le contribuenti proponevano appello, lamentando il difetto di motivazione della sentenza e, nel merito, riproponendo le doglianze del primo grado; la CTR riformava la decisione dei giudici di prime cure e accoglieva i ricorsi introduttivi del idonea, a fondare presunzioni, gravi, precise e concordanti, l’analisi condotta dai verbalizzanti su di un ridottissimo numero di tipologie di merci commercializzate dalla ditta e su un complesso calcolo di medie di ricarico;

– I motivi sono connessi, attinendo alla ratio decidendi che ha negato vi fossero i presupposti per un accertamento induttivo nel caso di specie e, per tale ragione possono essere trattati congiuntamente;

– Vanno al proposito disattese le eccezioni preliminari di inammissibilità, del primo motivo per genericità, e di entrambi i motivi per difetto di autosufficienza e rivalutazione del merito, dal momento che il primo mezzo è sufficientemente specifico, ed entrambi i motivi sono adeguatamente corredati da allegazioni e diretti, rispettivamente, a censurare una legge che si assume violata e un’iter logico motivazionale; destituita di fondamento è anche l’eccezione di inammissibilità del secondo motivo per essere, a dire delle contribuenti, la motivazione ormai censurabile secondo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo per omessa motivazione circa un fatto decisivo, dal momento il nuovo testo della previsione, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, non si applica al caso di specie ratione temporis;

– Tanto premesso, i motivi sono fondati; questa Corte ha più volte affermato che “In tema di accertamento dell’IVA, il ricorso al metodo induttivo è ammissibile anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, il quale autorizza l’accertamento anche in base al “altri documenti” o “scritture contabili” (diverse da quelle previste dalla legge) o ad “altri dati e notizie” raccolti nei modi prescritti dagli articoli precedenti, potendo le conseguenti omissioni o false og inesatte indicazioni essere indirettamente desunte da tali risultanze ovvero anche in esito a presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti” (Cass. 25 marzo 2009 n. 7184); inoltre, è assodato che “In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini IRPEG ed IVA, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo” (Cass. 25 ottobre 2017 n. 25289);

– Dunque, in linea di principio, è consentito l’accertamento induttivo, quale è quello esperito nel caso di specie, in cui è stata esaminata la documentazione contabile offerta dal contribuente, ma ritenuta non attendibile, pur in presenza di una regolarità formale delle scritture. La ragione di tale inattendibilità emerge, dal richiamo al p.v.c. operato dall’avviso di accertamento, secondo cui ad es. per l’anno 1998 il titolare della ditta, P.G. ha confessato ai verbalizzati l’applicazione di una media di ricarico sul costo del venduto del 7-8% e, per il 2000, del 10%, dati in linea e, dunque, riscontrati oggettivamente, con la media ponderata ottenuta attraverso l’uso di fogli di calcolo elettronico, calcolata “per ogni prodotto” e, sulla base di tale percentuale, è stata calcolata l’omessa fatturazione.

– Si tratta di un elemento di fatto decisivo che dà spessore e riscontro alle risultanze del p.v.c. fondato su una confessione del titolare, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui “In tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, consentito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base del controllo delle scritture e delle registrazioni contabili, l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate,anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo” (Cass. 20 giugno 2014 n. 14068); sussistono dunque tanto il vizio di motivazione, quanto la violazione di legge denunciate con i mezzi di impugnazione summenzionati, essendo legittimo il ricorso al metodo induttivo sulla base della dimostrata inattendibilità della documentazione contabile;

– Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109 (T.U.I.R.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto al recupero IVA 1999, in quanto dalle fatture indicate nel processo verbale di constatazione (p.v.c.) emergerebbe con chiarezza che “i premi su fatturato 1998” erano stati corrisposti in quell’anno e non nel 1999 e, di conseguenza, gli importi corrispondenti non potevano essere detratti dall’imponibile IVA 1999;

– Con il quarto motivo si deduce l’omessa o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la CTR affermato, quanto al recupero IVA 1999 per “premi fatturato anno 1998” che esso sarebbe fondato sulla mancata dimostrazione dell’esistenza del contratto sotteso, mentre la ratio del recupero era da ritrovarsi nel fatto che le fatture contestate si riferivano ad un anno diverso da quello, il 1999, in cui erano state portate in detrazione;

– I due motivi sono da trattarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi perchè attinenti alla medesima ripresa, e diretti a censurare la medesima ratio decidendi, sia pure sotto i due angoli della violazione di legge e del vizio motivazionale;

– Vanno al proposito disattese le eccezioni di inammissibilità del terzo mezzo per difetto di autosufficienza, dal momento che è sufficientemente specifico, come pure l’eccezione di inammissibilità dei motivi per non cogliere la ratio decidendi, dal momento che l’Agenzia nella sostanza fa chiaramente valere una violazione di legge per aver la CTR ritenuto detraibili costi in relazione ad un diverso anno di imposta; inoltre va rigettata l’eccezione di inammissibilità per aver l’Agenzia chiesto, a dire delle contribuenti, una indebita rivalutazione del merito, dal momento che invece si lamenta una violazione di legge;

– I motivi sono fondati; l’Agenzia, infatti, richiama i pertinenti passaggi del p.v.c. in cui sono riportate le date di registrazione, nel maggio 1999, da parte della contribuente di due fatture emesse da altrettante società, la P.G. & C. s.a.s. e la P. s.r.l., aventi ad oggetto “premi su fatturato anno 1998” per un imponibile complessivo che risulta sovrapponibile al costo imputato dalla contribuente all’esercizio 1998, e la CTR non tiene conto di tali elementi per spiegare come mai l’IVA calcolata su tali basi imponibili, già imputate come costo nell’esercizio dell’anno precedente, sia poi stata detratta nell’anno 1999, oltre che per argomentare circa la pertinenza di tali premi al campo di applicazione dell’IVA; dunque la motivazione sotto tali profili è insufficiente, oltre che contraddittoria, e non risulta, sulla base della motivazione, operata nemmeno una corretta applicazione dell’art. 109 T.U.I.R.;

– All’accoglimento del ricorso, segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e al regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e al regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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