Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28368 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. II, 11/12/2020, (ud. 09/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23997-2019 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in Padova, via Ugo Foscolo n.

13, presso lo studio dell’avv.to ELISABETTA COSTA che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

05/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Venezia, con decreto pubblicato il 5 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da O.J., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il richiedente aveva riferito di aver lasciato la (OMISSIS) per il timore ingeneratogli da alcune persone con le quali aveva effettuato quattro sequestri a scopo di estorsione. Egli, dopo otto mesi di collaborazione con queste persone, si era pentito e si era rifugiato in una chiesa, praticando il digiuno, era stato poi ricoverato e aveva ricevuto una telefonata dai suoi ex complici, alla quale aveva risposto la madre senza svelare il luogo del ricovero. Egli, dunque, temendo i sequestratori, aveva lasciato il paese.

Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. La narrazione circa i motivi che lo avevano costretto all’espatrio era, infatti, troppo generica, piena di contraddizioni e di incoerenze. Per gli stessi motivi non poteva essere accolta la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Dalle fonti internazionali, infatti, emergeva che la zona di provenienza del ricorrente ((OMISSIS)) nell’ambito della (OMISSIS) non presentava una situazione riconducibile ad un conflitto armato nel senso richiesto ai fini della suddetta protezione.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il Tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non avendo questi raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale e non potendosi ravvisare un miglioramento nelle condizioni di vita in una valutazione comparativa con il paese d’origine.

2. O.J. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: carenza di motivazione relativamente alla valutazione di non credibilità del racconto del ricorrente.

La censura ha ad oggetto la ritenuta non credibilità del racconto, che invece era completa di tutte le circostanze spazio-temporali e, dunque, credibile e circostanziato.

1.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La censura è del tutto generica. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente,, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La generica critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale di Venezia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

La censura attiene alla presunta erronea valutazione da parte del Tribunale di Venezia della situazione storico sociale esistente in (OMISSIS) correlata ai fatti narrati dal ricorrente.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Anche in questo caso la censura è del tutto generica e priva dei requisiti minimi di ammissibilità. In ogni caso, il Tribunale di Venezia ha fatto ampio riferimento alle fonti internazionali, dalle quali ha tratto la convinzione che l'(OMISSIS) in (OMISSIS) non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese in quanto il Ministero si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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