Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28367 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. II, 11/12/2020, (ud. 09/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23046-2019 proposto da:

N.B., elettivamente domiciliato in Venezia-Mestre, via

Sottomarinana, n. 1934/c., presso lo studio dell’avv.to CRISTINA

MARTINI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Venezia, con decreto pubblicato il 3 luglio 2019, respingeva il ricorso proposto da N.B., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il richiedente aveva riferito di aver lasciato il (OMISSIS) il 18 aprile 2016 perchè aveva avuto un incidente stradale durante il quale, per evitare di investire un gruppo di persone, aveva involontariamente ferito un ragazzo in bici. A seguito dell’incidente era stato arrestato dalla polizia ed era rimasto in carcere per tre giorni, uno zio aveva pagato la cauzione ed era stato liberato per far visita alla famiglia prima dell’udienza, a quel punto era fuggito.

Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. La narrazione circa i motivi che lo avevano costretto all’espatrio era, infatti, troppo generica, piena di contraddizioni e di incoerenze e anche il documento comprovante l’incidente era ritenuto non genuino.

In ogni caso, i fatti non integravano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale nè con riferimento alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, dato che non era paventato alcun pericolo di persecuzione, nè a quella di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), oltre che per la non credibilità del racconto, anche per la stessa allegazione del richiedente.

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Dalle fonti internazionali infatti emergeva che il (OMISSIS) era un paese nel quale non sussisteva alcun conflitto armato nel senso richiesto ai fini della suddetta protezione.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il Tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non avendo questi raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale e non potendosi ravvisare un miglioramento nelle condizioni di vita in una valutazione comparativa con il paese d’origine. Inoltre, il suo racconto non era stato ritenuto credibile.

2. N.B. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di sette motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

La censura ha ad oggetto la ritenuta non credibilità del racconto, anche in relazione al contesto del paese di provenienza oltre che per la situazione del (OMISSIS) dove, seppure non sussiste una situazione di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato, vi è comunque una situazione di incertezza per tutti i civili ed in particolare per i soggetti più deboli.

Sarebbero, dunque, presenti i presupposti per riconoscimento della protezione sussidiaria sia sotto il profilo soggettivo sia sotto quello oggettivo ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il Tribunale di Venezia avrebbe utilizzato la scarsa credibilità del racconto del ricorrente per non ritenere esistenti profili di vulnerabilità che giustificano il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Anche in questo caso il ricorrente ritiene erronea la valutazione circa la sua non credibilità e, in ogni caso, evidenzia che a prescindere dalla veridicità del racconto, il Tribunale avrebbe dovuto valutare la situazione di fragilità e di vulnerabilità del ricorrente anche con riferimento al suo percorso di integrazione sociale.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale di Venezia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente.

Il Tribunale di Venezia, inoltre, ha fatto riferimento, sia pure generico, a fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che il (OMISSIS) non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

La pronuncia impugnata, dunque” risulta del tutto conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, atteso che quanto al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia, esso può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa.

Giova aggiungere che le Sezioni Unite di questa Corte, nella recente sentenza n. 29460/2019, hanno ribadito, in motivazione, l’orientamento di questo giudice di legittimità in ordine al “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”, rilevando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass. 28 giugno 2018, n. 17072)”, in quanto, così facendo, “si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria”.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese in quanto il Ministero si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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