Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28365 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. II, 11/12/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 11/12/2020), n.28365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20351-2019 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato presso la casella di posta

certificata liso.loredana.accoatibari.legalmail.it rappresentato e

difeso dall’avv.to LOREDANA LISO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE DELLA

REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE BARI;

– intimate –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 27/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Bari, con decreto pubblicato il 27 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da F.E., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale riteneva non necessario procedere all’audizione del richiedente, istanza formulata senza indicare alcuno specifico aspetto meritevole di essere chiarito mediante l’ascolto diretto rispetto a quanto dichiarato dinanzi la commissione territoriale.

Il richiedente aveva riferito di essere scappato dal (OMISSIS) per sottrarsi alle violenze dello zio di religione (OMISSIS) che voleva costringerlo a convertirsi, essendo il richiedente di fede (OMISSIS). Per questo motivo si era allontanato dal villaggio nel 2012 salvo ritornarvi nel 2015, tuttavia lo zio aveva continuato nelle violenze ed egli aveva deciso di espatriare recandosi dapprima in Algeria poi in Libia fino a giungere in Italia. Egli non voleva tornare in patria per paura di ulteriori vessazioni da parte dello zio.

Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in quanto i fatti narrati dal richiedente non erano credibili per le numerose incongruenze e contraddizioni inoltre non attenevano a persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale.

L’inattendibilità del racconto effettuato dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in assenza di ulteriori riscontri probatori, rendeva inaccoglibile l’istanza di protezione non sussistendo elementi sui quali concretamente basare una decisione in senso positivo.

Quanto alla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), doveva evidenziarsi che mancavano i presupposti connessi alla situazione di conflitto o instabilità interna e in ogni caso la situazione generale del paese non presentava una situazione generalizzata di violenza indiscriminata come risultante dalle fonti internazionali.

Con riferimento alla protezione umanitaria il Tribunale evidenziava che doveva confermarsi l’insussistenza di una condizione di vulnerabilità tenuto conto della situazione oggettiva e soggettiva del ricorrente, con riferimento al paese di origine in comparazione con le condizioni di vita in Italia non caratterizzate neanche da un sufficiente grado di integrazione.

2. F.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di fatti decisivi violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, lett. b).

Il ricorrente ha dimostrato di essere scappato da un paese nel quale non sono garantiti i diritti umani in una situazione di conflitto di violenza generalizzata, i fatti narrati dimostrano contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale gli estremi del danno grave atteso che la minaccia rilevante agli effetti dell’art. 14, lett. b), può provenire anche da soggetti non statuali se i responsabili non possono o non vogliono fornire protezione. I fatti narrati rilevano anche per il riconoscimento dello status di rifugiato, essendo fondato il timore di persecuzione personale e diretto, a causa della religione oltre che per la situazione di instabilità dovuta al mancato rispetto dei diritti umani. Peraltro il tribunale di Bari non ha disposto l’audizione dell’istante ritenendo sufficiente l’udienza pubblica.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: vizio motivazionale motivazione apparente in relazione all’art. 1 della convenzione di Ginevra, all’art. 10 Cost. e agli artt. 2,3,7,14 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17 al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il Tribunale non avrebbe valutato compiutamente la situazione personale del ricorrente e avrebbe motivato in maniera generica e insufficiente, omettendo l’esperimento dell’istruttoria richiesta dalla legge nell’esame delle domande di protezione internazionale. La mancata credibilità del ricorrente sarebbe motivata su clausole di stile senza neanche disporre la sua audizione personale I senza l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine in violazione del dovere di cooperazione istruttoria. Il rigetto della domanda relativa alla protezione umanitaria sarebbe formulato senza alcuna indagine sulle diverse condizioni poste a base del titolo di soggiorno temporaneo quando ricorrano gravi violazioni dei diritti umani ancorchè non vi siano elementi sufficienti per la protezione sussidiaria. Il ricorrente ha mostrato la volontà di integrarsi e di lavorare nel paese ospitante elemento necessario per la valutazione della protezione umanitaria.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Preliminarmente deve dichiararsi inammissibile la censura relativa alla mancata audizione del richiedente.

Il ricorrente non censura l’omesso svolgimento dell’udienza di comparizione che, dunque, deve ritenersi regolarmente tenuta sicchè era onere del medesimo ricorrente specificare nel ricorso se egli era presente personalmente alla suddetta udienza e se ha insistito nella richiesta di audizione. Tale mancata specificazione rende inammissibile il motivo. Peraltro, anche accedendo all’interpretazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, secondo la quale deve essere disposta l’audizione ogni qual volta manchi la videoregistrazione del colloquio del richiedente asilo dinanzi la commissione territoriale, l’errore del Tribunale sarebbe sanato, trattandosi di nullità relativa che doveva essere eccepita dal ricorrente nel primo atto difensivo utile ex art. 157 c.p.c., comma 2.

3.1 Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

Nella specie il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile alla stregua dei parametri di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

Il Tribunale ha anche motivato sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente sia in ordine alla situazione complessiva del paese di provenienza, sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti.

Come si è detto il Tribunale ha esaminato, richiamando varie fonti di conoscenza, la situazione generale del paese di origine del ricorrente, precisando che, in base alle fonti, deve escludersi una situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo, quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali del paese, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile (Cass. n. 14283/2019). Invece l’esercizio di poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva, in relazione alle fattispecie previste dal citato art. 14, lett. a) e b), si impone solo se le allegazioni di costui al riguardo siano specifiche e credibili, il che non è nella specie, per quanto già detto.

Inoltre, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, anche in questo caso il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

9. In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2100 più spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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