Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28364 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. I, 11/12/2020, (ud. 04/11/2020, dep. 11/12/2020), n.28364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(OMISSIS) s.p.a. in liquidazione in concordato preventivo, in persona

del liquidatore sociale volontario e liquidatore giudiziale, poi

divenuta FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del

curatore fall. p.t., rappr. e dif. dall’avv. Cesare Filippo

Casarini, e dall’avv. Guido Orlando, elett. dom. presso lo studio

del secondo, in Roma, via Gregorio VII n. 474, come da procura

notarile in atti;

– ricorrente –

contro

TRENTINO SVILUPPO s.p.a., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Germano Berteotti, e dall’avv. Paolo Panariti, elett. dom.

presso lo studio del secondo, in Roma, via Celimontana n. 28, come

da procura a margine dell’atto;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Trento 27.8.2014, n. 257/2014,

R.G. 204/2013;

vista la memoria del ricorrente;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo, alla camera di consiglio del 4.11.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione in concordato preventivo, dapprima in persona del liquidatore sociale volontario e liquidatore giudiziale, poi divenuta FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, dunque in persona del curatore fallimentare, come specificato da ultimo nella memoria (FALLIMENTO), impugna la sentenza App. Trento 27.8.2014, n. 257/2014, R.G. 204/2013 che ha respinto il suo appello avverso la sentenza Trib. Rovereto 27.3.2013, n. 139/13 che aveva accolto la domanda di TRENTINO SVILUPPO s.p.a. (TRENTINO) riconoscendone il diritto ad ottenere l’indennità di occupazione di un immobile, oltre al risarcimento del danno, con credito in prededuzione;

2. ha premesso la corte che: a) con contratto quindicennale del 11.2.2007 tra le parti era intercorsa una locazione finanziaria di un immobile, con la formula di sale and lease back, cui aveva fatto seguito la morosità della conduttrice (OMISSIS); b) con raccomandata ricevuta il 10.4.2009, la locatrice Trentino aveva dichiarato di avvalersi della clausola risolutiva espressa, chiedendo – senza esito – la restituzione del bene; c) (OMISSIS) aveva già avuto accesso nel frattempo al concordato preventivo; d) con sentenza Trib. Rovereto 29.12.2010 (poi passata in giudicato) era dichiarata la risoluzione del contratto con decorrenza 8.4.2009 per fatto e colpa della conduttrice (OMISSIS), cui era ordinato l’immediato rilascio del bene, attuato il 4.1.2011; e) Trentino aveva adito il giudice ordinario per chiedere l’accertamento della natura prededuttiva del proprio credito per occupazione dell’immobile; f) il giudice di primo grado accertava il credito in Euro 113.428, oltre accessori dalla intimata risoluzione al rilascio, con la citata prededuzione, facendo applicazione dell’art. 1591 c.c. (dunque con il parametro dei canoni); g) in particolare la prededuzione era spiegata con la maturazione del debito dopo il concordato e riguardava la sua esecuzione, poichè il mantenimento di macchinari e personale aveva reso possibile l’accesso alla CIGS, nè Trentino era stato contemplato tra i possibili creditori ammessi al voto;

3. la corte ha ritenuto, per quanto qui di residuo interesse: a) non pertinenti i rinvii agli istituti in tema di prededucibilità e finanziamenti L. Fall., ex artt. 182-quater e 182-quinquies, posto che (OMISSIS) non era in continuità aziendale, ma il suo concordato era liquidatorio; b) tempestiva la domanda di prededuzione, comunque inequivocamente dedotta nei suoi fatti costitutivi e anche L. Fall., ex art. 111; c) la gestione e detenzione dell’immobile continuata dopo l’ammissione al concordato (in data rettificata del 27.4.2009, dopo la domanda già del 27.3.2009) e con utilità per la procedura, sia per l’accesso alla CIGS (e dunque il risparmio di oneri) sia per il ricovero dei beni mobili da liquidare; d) il credito doveva dunque dirsi sorto in occasione e in funzione del concordato, disputandosi in giudizio dell’importo maturato dalla domanda di accesso alla procedura (anteriore alla dichiarazione di risoluzione contrattuale) sino al rilascio, irrilevante essendo che detta risoluzione fosse originata da inadempimenti ancora anteriori; e) nessuna tolleranza di mero fatto permetteva di inferire un consenso alla protratta occupazione, come comprovato dalla causa intentata da Trentino per far accertare l’avvenuta risoluzione contrattuale con la condanna alla restituzione e dagli esiti delle prove orali;

4. il ricorso è su un motivo, ad esso resiste Trentino con controricorso; il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il motivo si contesta la violazione della L. Fall., art. 111, avendo errato la corte ove non ha riconosciuto che essendo l’inadempimento contrattuale maturato per insoluti anteriori al concordato, il relativo credito del locatore doveva subire, alla stregua di chirografario, la comune falcidia concordataria; nè vi era alcuna utilità per la massa, con dunque errata motivazione, stante la rivalsa dell’INPS, in prospettiva, per la CIGS e la genericità del motivato risparmio di spesa;

2. il ricorso, in entrambi i suoi profili, è inammissibile; non è controverso che, con sentenza passata in giudicato di terzo giudice, la locazione intervenuta tra le parti sia stata dichiarata risolta e con effetti dalla data in cui la società locatrice aveva dichiarato alla conduttrice (OMISSIS) di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa; l’efficacia della menzionata pronuncia di risoluzione è stata riferita ad un’epoca in cui (OMISSIS) aveva già depositato la domanda di concordato preventivo, essendosi dunque da quel momento determinati gli effetti per i quali, secondo il testo della L. Fall., art. 168 ratione temporis vigente, la concorsualità era assunta dai crediti anteriori; la società Trentino, non conseguendo la restituzione dell’immobile se non dopo quasi due anni dalla intimazione e avendo agito in questa sede con l’azione dell’art. 1591 c.c., ha pertanto fatto valere un credito posteriore, richiesto nei confronti di un debitore già caduto nel regime concorsuale dei suoi atti; sotto questo profilo, non va infatti confuso l’inadempimento dei canoni pregressi rispetto alla (e ai fini della) domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione contrattuale con il mancato pagamento dei canoni successivi a tale momento, costituendo il primo la ragione giustificativa della citata declaratoria giudiziale ed il secondo l’oggetto della presente – differente ed autonoma – controversia;

3. posta la morosità della conduttrice, pacifica, anche nel rilascio dell’immobile, la decisione – impugnata solo per la contestata qualità prededuttiva del credito – appare coerente con il principio per cui “il credito del proprietario di locali occupati “sine titulo” da beni ceduti dal debitore ai creditori nell’ambito di una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni è un credito prededucibile ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, (nel testo modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169), in quanto sorto “in occasione” della procedura. Invero, tale credito si caratterizza, da un lato, per l’elemento cronologico, essendo sorto in quanto i beni, a suo tempo collocati nei locali, sono stati ivi mantenuti dal liquidatore giudiziale anche a seguito dell’apertura della procedura concordataria; e, dall’altro, per un (implicito) elemento soggettivo, consistente nella sua riferibilità agli organi della procedura (il liquidatore, che avrebbe dovuto procedere alla loro liquidazione)” (Cass. 1513/2014);

4. è vero infatti, come sostenuto da Cass. 20113/2016, che il “riferimento all’elemento cronologico (“in occasione”), deve essere integrato, per avere un senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all’attività degli organi della procedura”; e proprio questa circostanza risulta essere stata accertata dal giudice di merito, il quale non si è limitato a registrare la sequenza temporale dell’obbligazione dovuta per la occupazione del bene sine titulo (parametrata al canone, posto che in giudizio non erano emerse prove di un maggior danno, dunque di un debito di valore) ma ha altresì imputato la prestazione di godimento ad una oggettiva corrispondenza alle attività della procedura, nonostante i suoi organi non l’avessero assunta in modo anche formalmente deliberativo; già questa Corte ha precisato, in tema di obbligazioni conseguenti all’occupazione di beni altrui protratta anche dopo la instaurazione della procedura concorsuale e senza titolo, che la “applicazione della predetta norma non deve intendersi circoscritta – come potrebbe suggerire una interpretazione ingiustificatamente formalistica della locuzione “debiti contratti”- agli effetti dell’attività negoziale della Curatela, bensì estesa alle situazioni obbligatorie che di tale connotazione negoziale sono carenti, quali i fatti illeciti riferibili alla Curatela stessa e, più in generale, ogni altro atto o fatto idoneo a dar vita ad una obbligazione in conformità all’ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.), purchè si pongano in connessione di dipendenza causale dalla procedura concorsuale” (Cass. 17801/2019, n. m.);

5. invero la sentenza impugnata ha dato conto di una specifica utilità per la massa, ancorchè fosse sufficiente la inerenza della detenzione del bene altrui alle attività legittime della società debitrice ovvero degli organi della procedura (nella specie coincidenti, poichè il liquidatore volontario era anche liquidatore giudiziale), avendo riscontrato innanzitutto che il mantenimento nell’immobile di macchinari e personale ha consentito a (OMISSIS) di accedere alla CIGS, dunque sgravandola di oneri di lavoro e previdenziali diretti, apparendo ininfluente l’obiezione circa la possibile rivalsa INPS, che comunque concernerebbe semmai un debito differito e concorsuale al posto di una spesa diretta, invece evitata; inoltre, la persistente occupazione dell’immobile ha altresì reso possibile lo svolgimento delle attività liquidatorie di beni mobili, con la gestione in loco affidata all’incaricato alle vendite, dunque assolvendo ad una funzione conservativa dei beni stessi, senza altri costi custodiali, di smontaggio, trasporto e ricollocamento, consegna; in analoga fattispecie e riaffermando il principio di Cass. 1513/2014, questa Corte ha ricordato che “nell’individuare i crediti prededucibili, la…disposizione fa infatti riferimento ad un duplice criterio, cronologico e teleologico, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all’interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l’amministrazione fallimentare, e conseguentemente con gl’interessi del ceto creditorio” (Cass. 24683/2017);

6. sul punto, pertanto, se la censura appare specificamente inammissibile perchè diretta a sovvertire un apprezzamento di fatto proprio delle prerogative del giudice di merito (Cass. s.u. 8053/2014), d’altra parte convince che, nella sentenza impugnata, sia stata pienamente integrata la nozione di occasionalità di cui alla L. Fall., art. 111, laddove questa esige, accanto all’elemento temporale dell’insorgenza del debito, un’imputazione anche solo oggettiva delle prestazioni, che ne costituiscono il titolo, alle attività istituzionali della società in concordato ovvero dei suoi organi di procedura;

il ricorso è dunque inammissibile, con condanna alle spese secondo le regole della soccombenza; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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