Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28363 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 05/11/2019), n.28363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28040/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

EGROUP SPA, già ELCART. DISTRIBUTION SPA (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso dall’Avv. GIANLUCA BOCCALATTE, elettivamente domiciliato

presso l’Avv. MASSIMO SERRA in Roma, Via del Consolato n. 6;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 3060/2016, depositata il 20 maggio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Parte contribuente ha impugnato alcuni avvisi di rettifica e provvedimenti di contestazione di sanzioni, successivi alla notifica in data 13.11.2012 di un PVC, con i quali è stata contestata al contribuente la mancata contabilizzazione di diritti di licenza nel valore di transazione delle merci importate (ricevitori satellitari);

che la CTP di Milano ha rigettato il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 20 maggio 2016, ha accolto l’appello del contribuente, evidenziando che:

– gli avvisi di accertamento sono nulli per difetto di motivazione, non avendo l’ufficio dato conto, a termini del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, comma 4-bis, delle osservazioni presentate dal contribuente;

– non sono computabili nel valore di transazione della merce importata i diritti di licenza (royalties), non costituendo il pagamento di tali diritti condizione della vendita;

– non vi è prova di alcun controllo, nè diretto nè indiretto, ad eccezione del controllo di qualità, da parte del licenziante sul produttore, nè il licenziante impone il produttore all’importatore;

– il licenziatario corrisponde al licenziante una percentuale sul fatturato e non anche sulle merci importate, il che esclude che le royalties facciano parte del valore di transazione della merce importata;

che avverso la sentenza propone ricorso l’Ufficio affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso parte contribuente, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 4-bis, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7 e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato la nullità degli avvisi di rettifica e dei correlati provvedimenti di irrogazione delle sanzioni per non avere l’Ufficio valutato le controdeduzioni presentate dal contribuente; deduce l’Ufficio ricorrente che non vi è obbligo di motivare espressamente in ordine alle osservazioni del contribuente, anche in considerazione del fatto che il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 4-bis non contempla la nullità in caso di mancato rispetto del termine; deduce, ulteriormente, che a termini della L. n. 241 del 1990, art. 21-octies non sarebbe possibile annullare l’atto qualora, come nella specie, in caso di natura vincolata dell’atto, lo stesso non potrebbe assumere contenuto diverso da quello in concreto adottato; conclude parte ricorrente sostenendo che, in ogni caso, l’omissione del contraddittorio procedimentale comporterebbe la nullità dell’atto impositivo solo in caso di superamento della cd. prova di resistenza;

che con il secondo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha esaminato nel merito la pretesa dell’Ufficio, ritenendo che il pagamento dei diritti di licenza non costituisca condizione della vendita; deduce parte ricorrente che la CTR non avrebbe preso in considerazione gli elementi valorizzati con il PVC, nonchè alcune clausole dei contratti sottoscritti con i licenzianti relativi ai prodotti MPEG e DVT-B, nonchè elementi desumibili dalle fatture, allegate alle bollette di importazione, che denoterebbero un controllo del licenziante sui produttori, pur in assenza di accordi tra produttori e licenziante;

che con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c., nonchè violazione delle indicazioni contenute nel Commento n. 3 del Documento TAXUD/800/2002, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che dai contratti di licenza si possa ricavare che le royalties costituiscano condizione della vendita; rileva il ricorrente come i contratti inter partes evidenzierebbero la circostanza che le licenzianti si sarebbero assicurate un controllo anche solo indiretto sulla produzione dei fabbricanti, sino a giungere alla imposizione al licenziatario dei produttori, il che sarebbe sintomatico dell’inclusione dei diritti di licenza nel valore di transazione;

che la sentenza impugnata è retta da una duplice ratio decidendi, la prima incentrata sulla nullità degli atti impugnati, la seconda attinente al merito della pretesa tributaria;

che non è precluso l’esame preventivo del motivo attinente al merito, ove astrattamente sussistano cause che impongano di disattendere il ricorso, potendo il giudice di legittimità essere esentato, in applicazione del principio della ragione più liquida, dall’esaminare le questioni processuali poichè, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (Cass., Sez. IL 18 aprile 2019, n. 10839; Cass., Sez. V, 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., Sez. U., 22 marzo 2010, n. 6826);

che si procede ad esaminare preliminarmente il secondo motivo attinente al merito, il quale va dichiarato inammissibile, in quanto tende a una revisione del ragionamento decisorio sulla base del quale il giudice di appello ha escluso che il pagamento dei diritti di licenza costituisca condizione della vendita, nonchè ove ha escluso il controllo del licenziante sui produttori; il che è reso evidente dal fatto che il ricorrente si chiede se “siano stati presi in considerazione tutti gli elementi valorizzati con il PVC”, deducendo l’omissione di fatti asseritamente decisivi per il giudizio in ordine alle due menzionate circostanze (condizione della vendita e controllo del licenziante sul produttore), laddove non rileva a tal fine il solo omesso o anche erroneo esame di elementi istruttori, non essendo il giudice onerato di dover dare conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053);

che, in ogni caso, il motivo si rivela inammissibile in quanto formulato secondo le modalità dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione anteriore alla novella dell’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, posto che non sono stati indicati isolatamente i fatti decisivi il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, non potendo supplire l’inammissibile rinvio per relationem ai fatti indicati nel PVC (non analiticamente riprodotti, in spregio al principio di specificità);

che, ugualmente, non può essere compito del giudice di legittimità individuare quali clausole dei contratti sottoscritti dal contribuente con i licenzianti (contratti relativi ai prodotti MPEG e DVT-B) e quali elementi desumibili dalla documentazione versata in atti risulterebbero decisivi ai fini del controllo del licenziante sui produttori, costituendo la illustrazione della decisività del fatto o dei fatti omessi specifico presupposto di ammissibilità del motivo di ricorso, posto che il ricorrente deve illustrare logicamente in che termini l’esame dei fatti storici avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2018, n. 33578);

che il terzo motivo è inammissibile, in quanto l’erronea interpretazione delle clausole contrattuali può astrattamente costituire errore di sussunzione, denunciabile con il rimedio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, a condizione che gli elementi parametrici dai quali desumere la falsa applicazione di legge siano ricavati dalla disciplina Eurounitaria posta a presidio della ricomprensione dei diritti di licenza nel valore di transazione (non tutte, peraltro, analiticamente ripercorse nella sentenza impugnata), quali:

– le disposizioni in tema di rettifica del valore di transazione a termini dell’art. 32, par. 1, lett. c) Reg. (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913 (contabilizzazione dei “corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci cja valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”) e dell’art. 157 Reg. (CEE) 2 luglio 1993, n. 2454, in materia di corrispettivi di diritti di licenza specificamente riferibili alla merce oggetto della valutazione, anche laddove il venditore o una persona ad esso legata chieda all’acquirente di effettuare tale pagamento (art. 160 Reg. (CEE) n. 2454/1993), disposizioni a leggersi alla luce delle regole interpretative del Commento n. 3 del Documento TAXUD/800/2002;

– le disposizioni relative al controllo diretto o indiretto del licenziante sul produttore della merce a termini dell’art. 143 Reg. (CEE) n. 2454/1993, tale da ritenere che il venditore o un terzo abbiano chiesto il pagamento dei diritti di licenza quale condizione della vendita ex artt. 157, 160 Reg. (CEE) n. 2454/1993, disposizioni a leggersi anch’esse alla luce del soft law dell’ulteriore Commento n. 11 del Documento TAXUD/800/2002 (Cass., Sez. V, 6 giugno 2019, n. 15346; Cass., 31 maggio Sez. V, 2019, n. 14998; Cass., 6 aprile 2018, n. 8473);

che, viceversa, non costituisce adeguato parametro il solo riferimento alle regole ermeneutiche di interpretazione del contratto, perchè in assenza della menzione del parametro normativo Eurounitario, la deduzione di erronea interpretazione dei documenti contrattuali si riduce a una inammissibile richiesta al giudice di legittimità di rivisitazione degli accordi negoziali sottesi al testo dei contratti (e, quindi, di una nuova decisione della quaestio facti), questione già risolta dal giudice del merito, in ordine alla circostanza che il pagamento dei diritti di licenza non costituisce condizione della vendita;

che, stante il rigetto del ricorso nel merito, diviene superfluo l’esame della preliminare questione relativa alla nullità degli atti impositivi di cui al primo motivo del ricorso, che va conseguentemente dichiarato assorbito;

che il ricorso va rigettato nel suo complesso, con spese regolate dalla soccombenza;

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, condanna l’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI al pagamento delle spese processuali in favore di EGROUP SPA, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 5 novembre 2019

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