Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2836 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 09/02/2010), n.2836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI DOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in

carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, in persona del legale

rapp.te pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Bruno

Buozzi 102 presso lo studio dell’avv. Guglielmo Fransoni, e

rappresentata e difesa giusta procura speciale a margine del

controricorso dall’avv. RUSSO Pasquale;

– controricorrente –

nonchè

Cassa di Risparmi di Livorno S.p.a. e Cassa del Tirreno S.p.a., in

persona dei rispettivi legali rapp.ti pro tempore, elettivamente

domiciliate in Firenze al Corso Italia 29 presso lo studio degli

avv.ti RUSSO Pasquale e Roberto Cordeiro Guerra;

– intimate –

avverso la sentenza n. 175/31/01, depositata in data 11.2.02, della

Commissione tributaria regionale della Toscana

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22.12.00 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

lette le conclusioni scritte dell’Avvocatura Generale dello Stato per

conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia

delle Entrate, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, la

cassazione della sentenza impugnata con ogni consequenziale

statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Lette le conclusioni scritte del difensore per conto della

controricorrente che ha concluso per il rigetto del ricorso con

vittoria di spese.

Lette le conclusioni scritte del P.G. che ha concluso per

raccoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato con le

pronunce consequenziali.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno aveva presentato una istanza di rimborso della ritenuta sui dividendi per l’esercizio 1998 ai sensi della L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, che veniva denegata dalla Direzione regionale della Toscana. Con successivo ricorso la Fondazione impugnava il provvedimento di diniego, unitamente alla Cassa di Risparmi di Livorno S.p.a. e Cassa del Tirreno S.p.a. quali sostituti di imposta chiamati ad effettuare la ritenuta sui dividendi distribuiti. La Commissione tributaria provinciale di Firenze accoglieva il ricorso parzialmente in quanto riconosceva il diritto della Fondazione a beneficiare dell’agevolazione ma denegava il rimborso delle ritenute operate. Proponevano appello principale gli enti clic avevano proposto il ricorso introduttivo ed appello incidentale la Direzione regionale della Toscana. La Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello principale e rigettava l’impugnazione incidentale. Avverso la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.

La Fondazione resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La doglianza, articolata dai ricorrenti sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, dell’art. 14 disp. gen., dell’art. 2697 c.c., nonchè sotto il profilo della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo, si fonda sulla considerazione che la C.T.R. avrebbe trascuralo che gli enti conferenti derivati dallo scorporo delle aziende bancarie, preposti dalla legge a possedere obbligatoriamente e amministrare la partecipazione di controllo nella società bancaria in cui hanno conferito l’azienda, non perseguendo in via esclusiva scopi culturali, in quanto tali, non possono essere annoverati tra gli enti ammessi all’agevolazione del beneficio fiscale, là invero, la Commissione di appello avrebbe dovuto aver riguardo alla natura dell’attività concretamente svolta e la Fondazione avrebbe dovuto dimostrare di aver effettivamente svolto in via esclusiva le attività, che davano luogo alle agevolazioni, onere ad essa spettante contendendosi sull’applicazione di un beneficio fiscale ed invece non assolto. Inoltre la CTR avrebbe trascuralo che l’arto citato ha carattere eccezionale e non e suscettibile di interpretazione estensiva e quindi non si applica ad un soggetto che non rientra nelle categorie richiamate dalla predetta norma.

La doglianza è manifestamente fondata. A riguardo, giova sottolineare che le Sezioni Unite di questa Corte, assai recentemente, hanno avuto modo di risolvere un precedente contrasto giurisprudenziale affermando il principio secondo cui “gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitate ai sensi della L. n. 218 del 1990, ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell’alìquota sull’IRPEG; la predetta disciplina agevolativi non trova applicazione quanto agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua “ratio” va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente ai momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, dell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 87, comma 1, lett. c) (T.U.I.R.), non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a, seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 cod. civ., di aver in concreto svolto un’attività, per l’anno d’imposta rilevante, del lutto differente da quella prevista da legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nei ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni” (Sez. Un. n. 1576/09, n. 27619/06, Cass. n. 7883/07, n. 10253/07, n. 10258/07, 13559/07, n. 14087/07).

Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformata ai suddetti principi, pienamente condivisi dal Collegio ed applicabili nella fattispecie, la censura esaminata merita di essere condivisa Pertanto il ricorso per cassazione in esame deve essere accolto e la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regala iuris diversa, deve essere cassata. Con l’ulteriore conseguenza che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della lite proposto dai contribuenti. Ed, invero, non ricorre la necessità de rinvio al giudice del merito per l’esame della sussistenza dei presupposti di fatto richiesti dalle norme agevolativi; sul rilievo che se il tema specifico della prova del perseguimento in concreto delle finalità sociali non risulta prospettato con il ricorso introduttivo, lo stesso non può più essere introdotto come tema di indagine. Nella specie, il controricorso non riporta alcun accenno, opportunamente trascritto, nel rispetto del principio di autosufficienza. limitandosi a riportare solo alcune previsioni statutarie in tal senso.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dell’intero giudizio in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportalo si è consolidato solo dopo l’introduzione della lite.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo della lite proposto dai contribuenti.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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