Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28356 del 15/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 15/10/2021), n.28356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1773/2020 proposto da:

A.Z., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PRESSO LA PREFETTURA

– UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI CROTONE, in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1642/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/08/2019 R.G.N. 982/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

A.Z. – cittadino pakistano sciita, proveniente dalla regione del Gujrat nel Punjab, espatriato a seguito di persecuzioni di tipo religioso che avevano visto aggredito sia lui che la sua famiglia e che non erano state in nessun modo contrastate dall’autorità pubblica alla quale erano state denunciate – chiese al Tribunale che gli fosse riconosciuta la protezione internazionale o in subordine quella umanitaria già negategli in sede amministrativa.

Il Tribunale di Catanzaro rigettò le domande e la Corte di appello, investita del gravame, ha confermato la decisione di primo grado osservando che il racconto del ricorrente era incoerente ed inattendibile; ciononostante ha esaminato la situazione dei gruppi religiosi e politici in Pakistan e la situazione sociale del Paese; ha posto in rilievo che il (OMISSIS), gruppo integralista evocato dal richiedente, non costituisce entità che può rientrare tra i soggetti previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5; ha escluso che nel Punjab pakistano vi sia una situazione di terrorismo o di conflitto armato che giustifichi il riconoscimento della protezione sussidiaria chiesta; ha rilevato che l’integrazione lavorativa in Italia non è sufficiente, in assenza di fattori di vulnerabilità connessi al rientro in patria per giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria rilevando che l’epatite C, da cui il richiedente era risultato affetto, poteva essere ben curata anche in Pakistan evidenziando che un’assenza di presidi minimi in patria era stata allegata comunque genericamente solo in appello.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A.Z. affidato a 3 motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato tardivamente una memoria al solo fine di poter partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8 e si deduce che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle documentazioni prodotte che, se esaminate avrebbero confermato l’attendibilità del racconto del richiedente ed avrebbero giustificato specifici approfondimenti istruttori anche officiosi che avrebbero confermato l’allegata matrice religiosa delle persecuzioni denunciate.

5. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, art. 14, comma 1, lett. b), con riguardo alla protezione sussidiaria e denuncia in particolare la mancata considerazione dei pericoli ai quali sarebbe esposto in caso di rientro in patria a cagione delle possibili ritorsioni da parte del gruppo terroristico (OMISSIS) le cui minacce lo avevano indotto a lasciare il paese e che costituisce una realtà ancora presente sul territorio.

6. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata, con riguardo alla domanda di rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e s.m.i. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione alla mancata comparazione tra violazione dei diritti umani e situazione personale del richiedente asilo.

7. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono fondati e devono essere accolti restandone assorbito l’esame del terzo.

8. Come è noto, in materia di protezione internazionale, il giudice di merito è tenuto ad acquisire informazioni sulla situazione esistente nel Paese di origine e – oltre a dover indicare, in motivazione, l’autorità (o l’ente) dalla quale provengono le fonti consultate ed anche la data (o l’anno) della loro pubblicazione, in modo tale da consentire alle parti di verificare il rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento richiesti del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – è tenuto ad attingere a fonti specifiche rispetto alla situazione particolare denunciata (nel caso con riguardo all’esistenza del gruppo integralista (OMISSIS) alla sua persistente attività nel paese ed al suo radicamento e grado di pericolosità) e tali fonti rientrano tra gli strumenti a disposizione del giudice utili e necessari per verificare anche la credibilità del racconto del richiedente asilo. Si deve trattare di fonti qualificate per la loro provenienza e relative alla situazione attuale della specifica area territoriale (cfr. sul punto Cass. 15/09/2020 n. 19224, 08/07/2020n. 14350 e più di recente anche 29/04/2021 n. 11298). Ed infatti, una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Cass. 12/01/2021 n. 262, 30/10/2020n. 24010) si sostanzia quindi nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedere agli enti a ciò preposti. Peraltro nel caso in esame il ricorrente in cassazione, nel dedurre la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’inidoneità delle fonti informative dalle quali il giudice ha tratto il suo convincimento, aveva già in appello adempiuto all’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio (cfr. Cass. 20/10/2020 n. 22769). Tali approfondimenti sono del pari necessari nella valutazione della situazione generale anche con riguardo alla domanda di protezione umanitaria avanzata di cui costituiscono un comune substrato (arg. ex Cass. 04/01/2021 n. 10 e 16/10/2020n. 22528).

9. In conclusione, per le ragioni e nei termini esposti, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata e rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2021

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