Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28351 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28351 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 31501/07 proposto da:

– Alfredo PALIOTTI ( c.f. : PLT LRD 43L19 H501E);
titolare della scuderia “Mr. NessUno”
rappresentato e difeso dall’avv. Cristiano Licenziati in forza di procura a margine del
ricorso ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– Ricorrente —

contro
– Paolo ROMANELLI ( c.f.:
rappresentato e difeso dagli avv.ti Adolfo Baratto e Marco Merlini; con domicilio eletto
presso lo studio del secondo in Roma, via Pasubio n.2, giusta procura a margine del
controricorso
Controlicorrente –

contro la sentenza n. 592/2006 della Corte di Appello di Trieste; depositata i115
novembre 2006; non notificata.
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Data pubblicazione: 18/12/2013

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21 novembre 2013
dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Marco Merlini , per il controricorrente, che ha concluso per il rigetto
del ricorso;

Dott.ssa Francesca Ceroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in
subordine, per raccoglimento del primo motivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Anna Masci ed Alfredo Paliotti , rispettivamente titolari delle scuderie “Denary’s” e
“Mr. NessUno” citarono innanzi al Tribunale di Gorizia, con atto notificato il 6 maggio
1998, Paolo Romanelli, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni derivanti dalle
cattive condizioni fisiche di un cavallo da corsa di cui erano comproprietari, riscontrate
dopo che esso era stato affidato al convenuto perché lo allenasse per le gare; il
Romanelli si costituì e negò di essersi attribuito la qualifica di allenatore professionista,
ribadendo di aver riconsegnato l’animale nelle stesse condizioni in cui lo stesso si
trovava allorquando lo aveva ricevuto; avanzò domanda riconvenzionale per il
pagamento delle rette del mantenimento.

2 — L’adito Tribunale respinse la domanda principale ed accolse quella riconvenzionale,
condannando gli attori in solido al pagamento di lire 3.320.000 oltre interessi e spese.

3 — La Masci ed il Romanelli interposero gravame, lamentando, da un lato, la mancata
riunione del procedimento con altra analoga causa, interessante diverso cavallo , del pari
affidato al Romanelli, e la non condivisa valutazione delle emergenze istruttorie;
l’appellato, costituendosi, contrastò l’impugnazione; la Corte di Appello di Trieste la
respinse, pronunziando sentenza n. 592/2006, pubblicata il

10 dicembre 2006,

giudicando, da un lato, infondate le ribadite richieste istruttorie — prova per testi e CTUdall’altro, condivisibile la delibazione operata in prime cure delle prove acquisite.

4 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il solo Paliotti , sulla base di

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

due motivi di annullamento; ha resistito il Romanelli con controricorso

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione e la falsa applicazione dell’art.
345 cpc nonché un vizio nel ragionamento giudiziale — esposto ad un tempo come

inammissibile la produzione, in quel grado di giudizio, di un rendiconto spese relativo al
periodo in cui il cavallo del ricorrente era stato ricoverato presso il contro ricorrente,
recante l’annotazione “…allenato c/o mie scuderie” , documento a cui avrebbe dovuto
attribuirsi valenza confessoria del fatto rappresentato dall’inciso sopra riportato e,
dunque, la caratteristica di “essenzialità” ai fini del decidere, tale da superare, a mente
dell’art. 345, III comma, cpc il divieto di introdurre nuove prove in appello.

I.a — Il motivo è inammissibile perché non viene riportato — e quindi contestualizzato
rispetto all’oggetto del presente giudizio — il contenuto del documento, così
derogandosi al canone di specificità del ricorso per cassazione che, nella fattispecie, si
invera nel principio di autosufficienza del mezzo: sul punto giova osservare che le
domande svolte dalle originarie parti attrici si fondavano su una causa petendi risarcitoria
per le scadenti condizioni fisiche ( l’animale fu riconsegnato ferito e non “in forma”) del
cavallo da corsa: dunque l’interesse al rispetto della disposizione processuale — relativa
all’ esonero del divieto di introdurre nuovi documenti in appello — presupponeva
necessariamente la dimostrazione che il riconoscimento , prima negato dal Romanelli, di
aver allenato il cavallo, avrebbe potuto far sorgere di per sé il diritto al risarcimento del
danno, che, però, come ricordato nella sentenza di appello ( fol 10), il Tribunale ritenne
infondato anche per la mancata prova delle condizioni del cavallo al momento della sua
restituzione ai proprietari.

I.b — Rimangono assorbiti i pur presenti ulteriori motivi di inammissibilità derivanti
dalla deroga al principio di chiarezza per esser stati posti, a base del mezzo,

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omesso, insufficiente e contraddittorio- laddove la Corte di Appello dichiarò

promiscuamente e contemporaneamente, tutti e tre i possibili vizi che avrebbero potuto
inficiare il ragionamento della Corte del merito, senza alcun ulteriore approfondimento.

— Con il secondo motivo viene fatto valere il vizio di violazione e di falsa
applicazione dell’art. 274 cpc nonché, nuovamente, quello di omessa, insufficiente e

causa con altra avente medesimo oggetto con riferimento ad altro cavallo: anche in
questo caso si assiste alla completa pretermissione dell’esposizione dell’oggetto dell’altro
processo, al fine di delibare la rilevanza della riunione richiesta e quindi ad una
rinnovata deroga al principio della c.d. autosufficienza del ricorso; in disparte la
considerazione che i provvedimenti di riunione dei giudizi ( come quelli di separazione),
hanno natura ordinatoria e si fondano su valutazioni di mera opportunità, con la
conseguenza che essi — o il rifiuto di emetterli – non sono sindacabili in sede di legittimità e
non comportano, per gli effetti che ne discendono sullo svolgimento dei processi (riunione
o separazione degli stessi), alcuna nullità ( cfr. Cass. Sez III n. 11187/2007; Cass. Sez III
n1194/2007; Cass.Sez. III n. 9336/2004; Cass. Sez. I n. 15706/2001)

III — Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in curo
2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2013 , nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

contraddittoria motivazione, laddove la Corte di Appello non consentì la riunione della

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