Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2835 del 06/02/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 2835 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 25297-2009 proposto da:
DE PASCALI VITTORIO DPSVTR43R05F816D, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’ avvocato GIACOMO LISI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4009

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE C.F. 80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Data pubblicazione: 06/02/2018

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati NICOLA VALENTE, SERGIO PREDEN, ALESSANDRO
RICCIO, giusta delega in atti;
– controricorrente
1979/2008

D’APPELLO di LECCE, depositata

della CORTE

il 26/11/2008

r.g.n.

3066/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

17/10/2017

dal Consigliere Dott. ROSSANA

MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

avverso la sentenza n.

Rgn 2529712009
De Pascali Vittorio cl INPS

FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata il 26 novembre 2008, la Corte d’appello di Lecce ha
riformato la statuizione di primo grado e, in applicazione dell’art. 1, comma
777, legge n. 296 del 2006, ha rigettato la domanda proposta dall’attuale

delle retribuzioni effettivamente percepite durante i periodi di lavoro effettuati
in Svizzera, in luogo di quelle virtuali ricalcolate dall’INPS in rapporto alla
diversa incidenza degli oneri contributivi.
2. Contro tale statuizione ricorre De Pascali Vittorio, con unico motivo di
censura.
3. L’INPS resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione
della pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività
lavorativa in Svizzera: i pensionati, infatti, si dolgono del fatto che l’INPS
abbia liquidato loro la pensione assumendo come base di calcolo non già la
retribuzione effettivamente percepita in tale Paese (come a loro avviso
avrebbe dovuto fare in virtù del disposto dell’art. 1, I. n. 283/1973, che, nel
ratificare la Convenzione stipulata tra l’Italia e la Svizzera in materia di
sicurezza sociale del 4 luglio 1969, aveva fissato il principio secondo cui il
calcolo della loro pensione sarebbe stato effettuato come se l’assicurato
avesse lavorato in Italia), bensì una retribuzione teorica, ottenuta
rapportando la retribuzione effettiva al maggior importo dei contributi
previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora essi avessero effettivamente
lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dall’art. 1, comma 777,
legge 27 dicembre 2006, n. 296 che, nel dettare l’interpretazione autentica
dell’art. 5, comma 2°, d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, ha previsto che esso
s’interpreti nel senso che «in caso di trasferimento presso l’assicurazione
generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di
Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di
sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro

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ricorrente, volta alla riliquidazione della pensione di vecchiaia sulla scorta

svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi
trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per
invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si
riferiscono», facendo salvi «i trattamenti pensionistici più favorevoli già
liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge».
5.

Tanto premesso, con l’unico motivo il ricorrente deduce l’inapplicabilità

capoverso della medesima disposizione recante la clausola di salvaguardia dei
trattamenti pensionistici già liquidati alla data di entrata in vigore della legge.
6.

Il motivo è infondato.

7.

Come già affermato da questa Corte in numerosi precedenti, la liquidazione
a cui fa riferimento la norma richiamata deve essere intesa come l’atto
conclusivo del procedimento amministrativo con il quale l’Istituto
previdenziale accerta la sussistenza del diritto alla prestazione e la misura
della stessa e non già con riferimento a quegli ulteriori (eventuali)
provvedimenti di ricalcolo attuati a seguito di una pronuncia giudiziale,
provvisoriamente esecutiva, ma non ancora definitiva, siccome impugnata;
in altri termini la legge ha ritenuto di non dover incidere soltanto su quei
trattamenti pensionistici già riconosciuti all’esito del procedimento
amministrativo di liquidazione che fossero risultati, in concreto, più favorevoli
all’assicurato rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della disposizione
interpretativa (cfr., per tutte, Cass. 13 gennaio 2014, n. 485 e successive
conformi).

8.

La Corte costituzionale, dopo aver affermato che, nel bilanciamento tra la
tutela dell’interesse sotteso all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, e la tutela degli altri
interessi costituzionalmente protetti complessivamente coinvolti nella
disciplina recata dall’art. 1, comma 777, legge n. 296 del 2006, sussistevano
quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione
retroattiva, trattandosi in specie di assicurare che il sistema previdenziale
risponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni
erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio
di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei
principi di uguaglianza e di solidarietà che occupano una posizione privilegiata

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dell’art. 1, comma 777 della legge n. 296 cit. e la violazione dell’ultimo

nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali, ha dapprima rilevato come
l’art. 1, comma 777, legge cit., sia ispirato ai principi di uguaglianza e di
proporzionalità, in quanto, tenendo conto della circostanza che i contributi
versati in Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, si
limita ad operare una riparametrazione diretta a rendere i contributi
proporzionati alle prestazioni, in modo da livellare i trattamenti per evitare

garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni (sentenza n. 264 del
2012), e da ultimo ha dichiarato inammissibile l’ulteriore questione di
legittimità costituzionale della disposizione in esame, sollevata da questa
Corte, con ordinanza n. 4881 del 2015, per contrasto con l’art. 117, primo
comma, Cost. in relazione all’art. 6, par. 1, e all’art. 1, Protocollo n. 1 allegato
alla CEDU, per come interpretato dalla Corte EDU nella sentenza 15.5.2014
(Stefanetti ed altri c/ Italia): ha osservato, infatti, il giudice delle leggi che la
citata sentenza della Corte EDU non evidenzia «un profilo di incompatibilità,
con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, che sia riferito, o comunque
riferibile, alla disposizione nazionale in esame, in termini che ne comportino,
per interposizione, il contrasto – nella sua interezza – con l’art. 117, primo
comma, Cost.», quanto piuttosto «l’esistenza di una più circoscritta area di
situazioni in riferimento alle quali la riparametrazione delle retribuzioni
percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma nazionale
retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali
e, corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della
Costituzione», e – dato atto che tale area non è stata delineata in termini
generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio tiene invece conto,
«quali “elementi pertinenti”, dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi in
Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa
di appartenenza e della qualità dei rispettivi stili di vita» – ha concluso nel
senso che «l’indicazione di una soglia (fissa o proporzionale) e di un non
superabile limite di riducibilità delle “pensioni svizzere” […] come pure
l’individuazione del rimedio, congruo e sostenibile, atto a salvaguardare il
nucleo essenziale del diritto leso, […] presuppongono, evidentemente, la

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sperequazioni e rendere sostenibile l’equilibrio del sistema previdenziale a

scelta tra una pluralità di soluzioni rimessa, come tale, alla discrezionalità del
legislatore» (così Corte cost. n. 166/2017).
9.

Il ricorso, conclusivamente, va rigettato.

10. In considerazione della novità e straordinaria complessità della questione
trattata, per il cui esito ultimo è stato necessario attendere il citato
pronunciamento del giudice delle leggi, sussistono giusti motivi per

P. Q . M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17.10.2017.

IL

NSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Rossana Mancino

Giovanni Mammone

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compensare le spese del giudizio di legittimità.

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