Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2835 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. III, 05/02/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 05/02/2021), n.2835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31059-2019 proposto da:

E.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO,

29, presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1142/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.A., proveniente dalla (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva raccontato una dolorosa vicenda personale in quanto, orfano del padre e non riconosciuto come erede dagli altri familiari, aveva provocato un incendio doloso in uno stabile di proprietà del genitore defunto e a causa di ciò era ricercato dalla polizia e da una setta segreta che si era incaricata di ucciderlo per conto del fratellastro, ragione per cui temeva di correre gravi rischi per la sua incolumità in caso di rientro in patria.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7: lamenta che rispetto alla storia narrata non era stato rispettato il paradigma interpretativo prescritto dalla norma per la valutazione della credibilità, con particolare riferimento all’osservanza del “beneficio del dubbio”.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. L’appello proposto, infatti, era riferito esclusivamente al rigetto della protezione umanitaria (cfr. pag. 5 secondo cpv della sentenza impugnata) e la decisione della Corte territoriale si è fondata, per relationem rispetto alla pronuncia di primo grado, sulla mancanza di una sufficiente integrazione in Italia e di significativi indici di vulnerabilità.

1.3. Premesso che la censura non riporta il corrispondente motivo di gravame per consentire al Collegio di apprezzare l’errore denunciato, si osserva che in relazione alla fattispecie in esame, la credibilità del racconto narrato, sulla quale è incentrata la doglianza non rappresenta un aspetto decisivo, in quanto la valutazione da compiere riguarda la comparazione fra integrazione, vulnerabilità e livello di tutela dei diritti umani nella regione di provenienza: al riguardo, questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo il quale “nei procedimenti in materia di protezione internazionale, la valutazione di inattendibilità del racconto del richiedente, per la parte relativa alle vicende personali di quest’ultimo, non incide sulla verifica dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto la valutazione da svolgere per questa forma di protezione internazionale è incentrata sull’accertamento officioso della situazione generale esistente nell’area di provenienza del cittadino straniero, e neppure può impedire l’accertamento officioso, relativo all’esistenza ed al grado di deprivazione dei diritti umani nella medesima area, in ordine all’ipotesi di protezione umanitaria fondata sulla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione raggiunto nel nostro paese ed il risultato della predetta indagine officiosa.”(cfr. Cass. 16122/2020; Cass. 19725/2020).

1.4. La conformazione del motivo, dunque, incoerente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, chiede genericamente una rivalutazione di merito della vicenda narrata, non consentita in questa sede (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 13712/2018).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8: lamenta l’assenza di riferimento a C.O.I. aggiornate ed attendibili, e critica la decisione affermando che la Corte non aveva affatto approfondito la sua domanda in ordine all’assenza di tutele offerte dal sistema giudiziario nel paese di provenienza.

3. Con il terzo motivo, deduce, infine, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 lamentando la mancanza di valutazione comparativa e di approfondimento sulla vulnerabilità.

4. Il secondo ed il terzo motivo sono strettamente connessi e devono essere congiuntamente esaminati.

4.1. Essi sono entrambi inammissibili.

4.2. Pur vero che la Corte non ha riportato in motivazione informazioni sulle condizioni di tutela fornite dal sistema giudiziario nella regione dell'(OMISSIS), limitandosi ad escludere che sussistesse il rischio di attentati terroristici; e pur insufficiente il richiamo, come unica fonte informativa, del sito (OMISSIS), inidoneo – se non corroborato da altre pertinenti e recenti fonti informative – a fornire informazioni pienamente adeguate e attendibili, secondo quanto predicato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 sulle effettive situazioni di criticità del tessuto sociale, politico ed economico dei territori considerati (cfr. Cass. 10834/2020), si osserva che entrambe le censure da una parte non si fanno carico della motivazione della sentenza impugnata che ha condiviso le valutazioni espresse nella pronuncia di primo grado, aderendo al percorso argomentativo in essa adottato (cfr. pag. 5 secondo cpv), omettendo di riportarlo; e dall’altra, sono prive di ogni riferimento ai corrispondenti motivi spiegati in appello, con violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (cfr. Cass. SU 7074/2017 quanto alla mancata evocazione della motivazione di primo grado).

4.3. Con riferimento alla terza doglianza, inoltre, il ricorrente chiede una rivalutazione di merito dell’integrazione in ordine alla quale è stata resa, dalla Corte, una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale, in quanto tale incensurabile in questa sede (cfr. Cass. SU 8053/2014).

5. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

6. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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