Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28349 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 22/12/2011), n.28349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.I. (OMISSIS), B.P.

(OMISSIS), “domiciliati elett.te in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati

SCARTABELLI CARLO, ROBERTA BECHI con Proc. Spec. Notarile del

19/9/2011 rep. 38695;

– ricorrenti –

contro

I.S.;

– intimato –

sul ricorso 6711-2006 proposto da:

I.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA A. GRAMSCI 28, presso lo studio dell’avvocato FRANCHI

MANILIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FERI UGO;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

B.P., G.I.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1254/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Lanata Rosa con delega depositata in udienza

dall’Avv. Roberta Rechi difensore dei ricorrenti che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del

secondo e sesto motivo del ricorso principale e il rigetto del

ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I.S., proprietario di un fabbricato con annesso appezzamento di terreno sito in (OMISSIS), agiva in negatoria servitutis nei confronti di B.P. e di G.I., proprietari di un fondo confinante, assumendone l’edificazione a distanza inferiore a quella legale. I convenuti nel resistere in giudizio assumevano che da effettuati rilevi tecnici era emerso che la recinzione realizzata dall’attore si trovava all’interno della loro proprietà, sicchè proponevano domanda riconvenzionale affinchè questi fosse condannato a demolire la recinzione realizzata tra i due fondi, restituendo loro la parte abusivamente occupata. L’attore, a sua volta, proponeva reconventio reconventionis di usucapione di tale porzione di terreno.

Il Tribunale di Pistoia rigettava la domanda principale, accoglieva quella riconvenzionale, qualificando la relativa azione come regolamento di confini, e, rigettata la reconventio reconventionis di usucapione, condannava l’attore a rilasciare in favore dei convenuti la porzione immobiliare contesa.

Sull’impugnazione proposta da I.S., la Corte d’appello di Firenze ribaltava tale sentenza, salvo confermare il rigetto della domanda di usucapione in quanto non adeguatamente provata, e condannava gli appellati B. – G. a demolire la porzione del loro fabbricato posta a distanza inferiore a m. 5 dal “confine materiale” – id est, dal muretto e dalla recinzione con il fondo di proprietà I..

Premessa la differenza tra rivendica e regolamento di confini, la Corte fiorentina rilevava che nello specifico, data l’oggettiva e visibile demarcazione tra i due fondi, costituita da un muretto e una recinzione, e in assenza di dedotte incertezze sul confine, i B. – G. avevano sostenuto in primo grado di possedere una superficie inferiore a quella corrispondente al proprio titolo d’acquisto, sicchè avendo anche l’attore invocato a sostegno della propria domanda il titolo d’acquisto, doveva ritenersi che il conflitto non fosse tra fondi, ma fra titoli, di guisa che la domanda riconvenzionale doveva essere ricondotta sotto la specie dell’art. 948 c.c. Quindi, rilevava che gli appellati non avevano assolto il rigoroso onere probatorio imposto da tale norma e non attenuato dalla reconventio reconventionis di usucapione.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorrono P. B. e G.I., formulando sei motivi d’annullamento.

Resiste con controricorso I.S., il quale propone altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

1. – Con il primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 873 e 2697 c.c., nonchè del regolamento edilizio del comune di Pistoia del 1934, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene al riguardo che la Corte d’appello di Firenze ha accolto la domanda principale sul duplice presupposto che il fabbricato di parte in allora appellata fosse ubicato ad una distanza di mt. 4,15 dal confine con il fondo di proprietà I., e che, invece, il regolamento edilizio prevedesse un distacco minimo di mt. 5. Ma tale previsione regolamentare è stata introdotta per la prima volta nel comune di Pistoia il 23.5.1977, successivamente all’epoca di costruzione del fabbricato B. – G., preesistente al 4.6.1975 quanto alle fondazioni, e al 3.1.1976 relativamente alle opere in elevazione del rustico, fino al piano soffitta compreso, come rilevato dal c.t.u. e desumibile sia dal titolo d’acquisto della proprietà, sia dal contenuto dello stesso atto introduttivo della lite. La norma regolamentare di riferimento applicabile alla fattispecie era, pertanto, l’art. 25, comma 4 del regolamento del comune di Pistoia, adottato nel 1934, che non prevedeva il rispetto di distanze dal confine, ma la sola misura minima (m. 4) del distacco tra fabbricati.

In ogni caso, prosegue parte ricorrente, sarebbe stato onere dell’attore provare la vigenza della norma asseritamente violata all’epoca di costruzione del fabbricato dei convenuti, onere che non è stato assolto.

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt.873, 949 e 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (e recte n. 4: n.d.r.), nonchè l’omessa, insufficiente ed illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Parte ricorrente lamenta come erronea la qualificazione sub specie di negatoria servitutis dell’azione esercitata dallo I., non essendo ipotizzabile l’esistenza di una servitù avente contenuto derogativo rispetto alle norme regolamentari che impongono distanze tra fabbricati, e tra questi e il confine. Ciò ha determinato – sostiene parte ricorrente – l’altrettanto erronea affermazione per cui l’attore non era onerato da altra prova che quella del possesso del fondo in forza di un valido titolo di proprietà.

3. – Con il terzo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’illogicità della motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, lamentandosi che la regola sul riparto dell’onere probatorio sia stata violata anche sotto altro profilo. Anche a voler accedere alla qualificazione dell’azione come negatoria servitutis, deve rilevarsi, prosegue parte ricorrente, che l’attore, per sostenere che il proprio fondo si estende fino all’attuale recinzione, ha proposto una domanda di usucapione, rimasta sfornita di prova. Illogicamente, pertanto, e in violazione dell’art. 2697 c.c. la Corte d’appello ha ritenuto che l’attore avesse provato il proprio possesso in base a un valido titolo, facendo riferimento alla recinzione esistente per stabilire se vi fosse stata violazione della distanza del fabbricato B. – G. dal confine.

4. – Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 950 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

In mancanza della prova che il confine tra i due fondi coincidesse con la recinzione esistente in loco, la Corte fiorentina avrebbe dovuto fare riferimento alle risultanze catastali, rispetto alle quali, come accertato dal c.t.u., la distanza minima esistente tra il fabbricato B. – G. e il confine con la proprietà I. è di m. 6.

5. – Con il quinto motivo parte ricorrente deduce, ancora, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la contraddittorietà e illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto il giudice d’appello ha desunto la fondatezza della domanda principale dal mancato raggiungimento della prova del diritto di proprietà dei B. – G. sulla striscia di terreno in contestazione. Al contrario, anche solo incidentalmente sarebbe stato necessario, a tal fine, accertare quale fosse il confine tra i fondi di rispettiva proprietà delle parti per stabilire se rispetto ad esso la costruzione dei convenuti fosse posta a distanza inferiore a quella regolamentare. E poichè tale prova incombeva sull’attore, nessun rilievo poteva attribuirsi al fatto che i convenuti avessero proposto una domanda, qualificata dalla Corte d’appello come rivendica, la cui fondatezza essi non erano riusciti a dimostrare.

6. – Con il sesto motivo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 948, 950 e 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (e recte n. 4: n.d.r.).

L’esatta qualificazione della domanda non è rivendica, ma regolamento di confini, come del resto ritenuto dal giudice di prime cure. Premesso che la differenza tra l’una e l’altra azione dipende dall’esistenza o non di un conflitto fra i titoli di proprietà, è sufficiente rilevare che, da un lato, l’attore nell’atto introduttivo del giudizio ha allegato che le parti erano proprietarie di due distinte porzioni di terreno (corrispondenti alle particelle n. 257, di proprietà I., e nn. 285 e 253 di proprietà B. e G.), e che, dall’altro, i convenuti hanno dedotto che la recinzione posta dall’attore si trovava all’interno della loro proprietà, prospettazione che esclude qualsiasi sovrapposizione di titoli. E’ dunque errata ed illogica la motivazione della sentenza d’appello nella parte in cui afferma che nella comparsa di costituzione dei convenuti non si opera alcun riferimento esplicito o implicito al contrasto e all’incertezza sull’esatto confine, mentre in tale comparsa è detto espressamente che la situazione descritta nell’atto di citazione non corrisponde assolutamente alla realtà, essendo risultato, invece, che la recinzione realizzata dall’attore si trova all’interno della proprietà dei convenuti.

7. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato parte controricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 1058 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’insufficiente ed illogica motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Sostiene detta parte che la Corte d’appello si è limitata ad esaminare le deposizioni dei testi, senza considerare altre importanti risultanze. In particolare, dalla relazione del c.t.u. si ricava che sul lato est del terreno di proprietà I. si trovavano e sono tuttora rintracciabili dei caposaldi in muratura, residuo di due colonne di sostegno di un cancello orientato verso la proprietà I., sul cui prolungamento verso ovest fu realizzata l’attuale recinzione in muratura. Tale situazione, prosegue parte controricorrente, arricchita dalla circostanza che vi erano alcuni annosi pini nella proprietà I., in prossimità dell’odierna delimitazione materiale, convalida l’assunto per cui da oltre un ventennio era stato esercitato il possesso da parte dell’attore e del suo dante causa sulla porzione di terreno contesa.

Inoltre, la Corte d’appello ha omesso di considerare che la costruzione di proprietà I. risale agli anni 60, mentre quella dei B. – G. è stata iniziata negli anni 1975-1976, per cui cancello e colonne preesistenti non potevano che essere al servizio della prima.

8. – Il sesto motivo del ricorso principale, il cui esame è prioritario perchè dalla qualificazione giuridica della domanda dipende l’assetto degli oneri probatori e con esso la (re)impostazione dell’intera controversia, è fondato.

8.1. – Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’azione di regolamento dei confini (art. 950 c.c.) presuppone che l’incertezza, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi, non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà; essa, pertanto, non muta natura, trasformandosi in azione di rivendica, nel caso in cui l’attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino (Cass. n. 15304/06; analogamente e fra le altre, Cass. nn. 15507/00 e 3101/05). Al contrario, è azione di rivendica della proprietà (art. 948 c.c.) quella fondata e contrastata in base ai rispettivi titoli di acquisto (Cass. nn. 1204/98, 12139/97, 9900/95 e 2857/95). Ne deriva che vi è conflitto fra titoli quando (a livello di allegazione) un medesimo bene, o una sua porzione, risulti in due atti traslativi della proprietà attribuito a soggetti diversi, di talchè l’un acquisto non possa coesistere con l’altro perchè in rapporto di contraddizione giuridica.

8.1.1. – La Corte territoriale, pur procedendo da enunciazioni di diritto corrette (sull’azione di regolamento dei confini, su quella di rivendica e sulla relativa differenza), non ha operato, però, un’applicazione dei principi premessi coerente alla fattispecie così come ricostruita e interpretata da essa stessa, lì dove, rilevato che i B. – G. avevano assunto di possedere una superficie di terreno inferiore a quella loro attribuita dal titolo di proprietà, e che l’attore vi aveva opposto il proprio titolo, “anche” originario, ha tratto da ciò l’erronea deduzione giuridica che il conflitto non era dunque “tra fondi ma fra titoli” (v. pag. 10 sentenza impugnata).

8.1.2. – Per contro, è di tutta evidenza che così opinando nessuna azione potrebbe qualificarsi ai sensi dell’art. 950 c.c., che in ogni caso l’incertezza sul confine, ancorchè avente per sua natura un rilievo di tipo ontologicamente quantitativo, produrrebbe sempre per traslato anche un conflitto fra titoli, non potendosi questi ultimi applicare, nel contrasto fra le parti, come attributivi entrambi della medesima estensione immobiliare contesa e concretamente identificata. In altri termini, una cosa è l’incompatibilità fra titoli, perchè la coeva attribuzione a soggetti diversi di un medesimo bene rende incerto il diritto e non già (o solo di riflesso) la delimitazione fisica del suo oggetto; altra è l’incompatibilità fra contrapposte postulazioni che non scontino altra incertezza se non l’individuazione pratica del confine sul terreno.

8.2. – Sequenziali gli ulteriori errori che hanno determinato l’esito della lite in appello, consistiti a) nell’onerare i convenuti- appellati della prova di essere proprietari della parte di terreno posseduta dall’attore, secondo il criterio rigoroso proprio dell’azione di rivendica; b) nel non determinare quale fosse il confine tra i rispettivi fondi di proprietà delle parti, nonostante la domanda principale e quella riconvenzionale dipendessero proprio e solo da ciò; e c) nel vicariare tale omissione attribuendo, ai fini della pronuncia sulla negatoria servitutis, funzione di “confine materiale” alla recinzione posta in loco, come se fosse lecito computare distanze legali da confini di fatto (il che avrebbe dovuto costituire per i giudici d’appello sintomo primario dell’erroneità dell’impostazione decisoria adottata).

9. – L’accoglimento del motivo appena trattato assorbe l’esame delle restanti censure.

10. – Infine, è infondato il ricorso incidentale.

10.1. – Esso consiste non già nella rilevazione di aspetti motivazionali critici per difetto o per contraddittorietà intrinseca, ma nel mero richiamo ad altri elementi istruttori, asseritamente antagonisti rispetto a quelli di carattere storico valorizzati dalla Corte d’appello, e che a giudizio del ricorrente incidentale avrebbero maggior peso nella decisione della reconventio entrambi della medesima estensione immobiliare contesa e concretamente identificata. In altri termini, una cosa è l’incompatibilità fra titoli, perchè la coeva attribuzione a soggetti diversi di un medesimo bene rende incerto il diritto e non già (o solo di riflesso) la delimitazione fisica del suo oggetto;

altra è l’incompatibilità fra contrapposte postulazioni che non scontino altra incertezza se non l’individuazione pratica del confine sul terreno.

8.2. – Sequenziali gli ulteriori errori che hanno determinato l’esito della lite in appello, consistiti a) nell’onerare i convenuti- appellati della prova di essere proprietari della parte di terreno posseduta dall’attore, secondo il criterio rigoroso stabilito dall’art. 938 c.c.; b) nel non determinare quale fosse il confine tra i rispettivi fondi di proprietà delle parti, nonostante la domanda principale e quella riconvenzionale dipendessero proprio e solo da ciò; e c) nel vicariare tale omissione attribuendo, ai fini della pronuncia sulla negatoria servitutis, funzione di “confine materiale” alla recinzione posta in loco, come se fosse lecito computare distanze legali da confini di fatto (il che avrebbe dovuto costituire per i giudici d’appello sintomo primario dell’erroneità dell’impostazione decisoria adottata).

9. – L’accoglimento del motivo appena trattato assorbe l’esame delle restanti censure.

10. – Infine, è infondato il ricorso incidentale.

10.1. – Esso consiste non già nella rilevazione di aspetti motivazionali critici per difetto o per contraddittorietà intrinseca, ma nel mero richiamo ad altri elementi istruttori, asseritamente antagonisti rispetto a quelli di carattere storico valorizzati dalla Corte d’appello, e che a giudizio del ricorrente incidentale avrebbero maggior peso nella decisione della reconventio reconventionis di usucapione, sicchè, in definitiva, detta censura non mira ad altro che a sollecitare un’inammissibile revisione del merito della controversia.

10.2. – Quanto alla concorrente titolazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 1158 c.c., è sufficiente rilevare che l’unica doglianza ricavabile dal motivo attiene al vizio di motivazione, e che non è minimamente esplicitato nè in qual modo quest’ultimo esprimerebbe per implicazione il malgoverno delle norme richiamate, nè come le denunciate violazione di legge si sarebbe realizzate.

11. – In conclusione, va accolto il sesto motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti motivi, rigettato il ricorso incidentale e cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, che deciderà la controversia attenendosi al principio di diritto anzi detto e provvederà sulle spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il sesto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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