Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28349 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28349 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 31542-2007 proposto da:
FALCONE

AGOSTINO

FLCGTN36T25G273Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TIMAVO 3, presso lo studio
dell’avvocato LIVI MAURO, rappresentato e difeso
dall’avvocato DI PASQUALE GIOVANNI;
– ricorrente contro

2013
2389

BRUNO

ROSARIA

BRNRSR44S55F377G,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
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studio dell’avvocato NICOLAIS LUCIO, rappresentata e
difesa dagli avvocati ROCCELLA MICHELE, MAMMINA

Data pubblicazione: 18/12/2013

GIUSEPPE;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

1351/2006 della CORTE D’APPELLO

di PALERMO, depositata il 28/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
14/11/2013

dal Consigliere Dott. EMILIO

MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato GIOVANNI DI PASQUALE difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott.

VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Agostino Falcone esponeva : di essere proprietario di un fondo in Monreale,
c.da Montagnola limitrofo ad altro di proprietà di Rosaria Bruno, che in

copertura a terrazza, il piano terra risaliva al 1974 ed il primo piano al
1982; il piano di fabbricazione del Comune di Monreale approvato con DA n.
47 del 20/2/71 imponeva la distanza di metri sei dei fabbricati dal confine,
mentre il PRG approvato con DA n.213 del 9/8/80 quella di metri 7,50;
la predetta aveva anche aperto vedute dirette ed oblique sul suo fondo,
collocato tubi d’acqua e di scarico a distanza illegale, nonché,
realizzato una scala esterna occupando una porzione dì terreno attoreo,
addossato un terrapieno al muro dì recinzione costruito dall’attore.
Ciò premesso, conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Palermo la
Bruno ai fine di ottenerne la condanna a demolire o arretrare alla
distanza di sei metri dal confine il piano terra, e a demolire o arretrare
alla distanza di metri 7,50 il primo piano; in subordine, ad eliminare
tutte le vedute dirette ed oblique nonché a demolire la scala nel tratto
in cui la stessa insisteva sul terreno attoreo, ad arretrare alla distanza
legale le tubazioni e a liberare il muro di recinzione dal sovrastante
terrapieno.
Si costituiva la convenuta, deducendo che il proprio edificio era stato
realizzato nel 1974, epoca nella quale il Comune di Monreale era
sprovvisto di strumento urbanistico: quindi, il PRG approvato nel 1980 non
poteva trovare applicazione nel caso di specie; che la lamentata

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epoche diverse aveva realizzato un edificio a due piani fuori terra con

violazione delle distanze legali, si fondava su una pretesa linea di confine
tra i due fondi diversa da quella reale. Pertanto, chiedeva il rigetto
delle domande; in via riconvenzionale, instava per la condanna del Falcone
a demolire o arretrare alla distanza di metri 7,50 dal confine la costruzione

restituire una porzione di terreno della Bruno, ad arretrare i tubi, e ad
astenersi dal transitare con mezzi meccanici su una stradella insistente
nel fondo della convenuta, non gravato da alcuna servitù di passaggio a
favore del fondo attoreo.
Con sentenza del 18 giugno 1999 il tribunale rigettava le domande
proposte dall’attore; condannava l’attore ad arretrare la sua costruzione
a metri 7,50 dal confine; dichiarava che il fondo Bruno non era gravato
da servitù di passaggio.
Secondo il primo Giudice, non esistendo costruzioni frontistanti, la
convenuta, quale preveniente aveva legittimamente costruito sul confine,
posto che all’epoca (1974) dovevano trovare applicazione le distanze
previste dal codice civile mentre invece il Falcone aveva realizzato il
fabbricato quando era entrato in vigore (1980 ) il piano regolatore che

composta da seminterrato e piano rialzato, ad eliminare le vedute, a

prevedeva la distanza dal confine di metri 7,50.
Con sentenza dep. il

1

dicembre 2006 la Corte di appello di Palermo ré”

confermava la decisione impugnata dal Falcone.
m

La sentenza premetteva che : l’attore aveva acquistato con atto del
24-5-1970 da Maria Albano uno spezzone di terreno sul quale esisteva una
casetta rurale composta da due elevazioni e che la Bruno aveva ricevuto
in donazione nel 1974 dalla madre Francesca Albano uno spezzone di
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terreno di mq. 5,15 e nell’1984 le restanti are 11,65 e che detti terreni
facevano parte di unico terreno appartenuto a Salvatore Albano che lo
aveva donato alle figlie Crocifissa, Maria e Francesca, Crocifissa
avrebbe poi donato le sue quote alle sorelle.

accertato che, in base alle aerofotogrammetrie, ancora nel 1973 esisteva
la casetta rurale dell’attore e che nel 1978 erano visibili sia il
fabbricato realizzato dalla convenuta sia l’immobile ristrutturato e
ampliato dell’attore, entrambi sul confine. Dalla prova espletata era
emerso che l’immobile era stato costruito dalla convenuta nel 1974,
essendo la contraria dichiarazione del teste Norcia smentita dalle
aerofotogrammetrie; per quel che riguardava il fabbricato dell’attore,
l’epoca dell’ampliamento non era certa ma esso esisteva nel 1978.
Al momento della realizzazione dell’edificio da parte della Bruno
trovava applicazione l’art. 873 cod. civ. posto che, secondo il programma
di fabbricazione vigente nelle zone interessate, non erano previsti
distacchi dal confine ma solo fra costruzioni : pertanto, in virtù del
principio di prevenzione, era da ritenersi legittima la costruzione
realizzata dalla convenuta.
Per quanto riguardava il rigetto delle domande di condanna della
convenuta alla eliminazione delle vedute, alla rimozione dei tubi e del
terrapieno, l’appello non conteneva alcuna specifica censura.
Non era stato impugnato il capo della sentenza che aveva condannato
l’attore ad arretrare il manufatto a metri 7,50 dal confine.
Per quel che concerneva la invocata servitù di passaggio, i Giudici
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Quindi, a stregua della consulenza disposta in sede di appello, ha

ritenevano che negli atti di provenienza e di acquisto del terreno
venduto all’attore di essa non era fatta alcuna menzione, mentre non era
stata mai proposta una domanda di acquisto per usucapione o per
destinazione del padre di famiglia.

sulla base di sette motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimata

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione dell’art. 102 in relazione
all’art. 177 lett. a) denuncia la non integrità del contraddittorio nei
confronti del coniuge del Falcone la quale, in virtù del matrimonio
celebrato nel 1966 e del regime patrimoniale della famiglia, era divenuta
proprietaria dell’immobile oggetto della statuizione di condanna.
1.2.- Il motivo è infondato
Nella specie, l’attore aveva acquistato il terreno su cui era ubicata la
casetta rurale con atto del 1970.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 228 legge n. 151 del 1975, in
relazione ai beni acquistati dai coniugi anteriormente alla entrata in
vigore della presente legge, occorre uno specifico atto con cui i coniugi
convengano di assoggettarli al regime della comunione legale, mentre il
primo comma della norma citata prevede l’automatico assoggettamento alla
comunione soltanto di quelli acquistati successivamente all’entrata in
vigore della legge in mancanza di contraria volontà che sia intervenuta
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2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Falcone

nel periodo (transitorio) di due anni dalla entrata in vigore della legge
stessa.
Nella specie, non è stato allegato che i coniugi avessero compiuto un
atto con cui avessero convenuto l’assoggettamento dei beni alla comunione

assoggettamento alla comunione legale.
Peraltro, anche nelle ipotesi in cui i coniugi, ai sensi dell’art. 228
della legge n. 151 del 1975, abbiano optato per il regime della comunione
legale pure per i beni acquistati dopo il matrimonio ma prima
dell’entrata in vigore della predetta legge, trova applicazione il
principio secondo cui la costruzione realizzata, in costanza di
matrimonio, su suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno dei
coniugi appartiene solo a costui in virtù delle disposizioni generali
sull’accessione, e, quindi, non costituisce oggetto della comunione
legale, ai sensi dell’art. 177, primo coma, cod. civ.; e ciò salvo
contrario accordo dei coniugi, impediente l’accessione della costruzione
al suolo, quale quello costitutivo del diritto di superficie che, però,
deve precedere necessariamente l’edificazione della costruzione, operando
l’accessione “ipso iure”.
2.1. –

Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione

dell’art.112 cod. proc. civ., censura la sentenza laddove aveva
erroneamente ritenuto che non era stato oggetto di impugnazione l’ordine
di abbattimento fino alla distanza di metri 7,50 quando dal complessivo
esame del motivo di gravame emergeva che era stata chiesta la riforma in
toto della sentenza impugnata ed era stata evidenziata la legittimità
5

legale, avendo in realtà il ricorrente sostenuto l’automatico

della costruzione dell’attore in quanto preesistente a quella della
Bruno.
Denuncia quindi

sotto il profilo della omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo che

la

che, essendo volte a censurare l’impianto logico motivazionale della
decisione di primo grado, conteneva necessariamente la volontà di
impugnare il capo della sentenza di cui si discute.
2.2. -Il motivo è fondato.
Il principio “tantum devolutum quantum appellatum” preclude al giudice di
appello l’indagine sui punti della sentenza di primo grado non
direttamente investiti dal gravame, ma solo in quanto essi non siano
compresi nel “thema decidendum” neanche per implicito,

perché non

necessariamente connessi con i temi censurati; sicché non viola tale
principio il giudice di appello che fondi la propria decisione su ragioni
che, pur non specificamente fatte valere dall’appellante, tuttavia
appaiano, nell’ambito della censura proposta, in rapporto di diretta
connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi di gravame,
costituendone necessario antecedente logico e giuridico.
Dal complessivo esame del motivi di gravame

risulta che comunque

l’appellante aveva dedotto la non applicabilità dello strumento
urbanistico del 1980 applicato dal tribunale sul rilievo che la
costruzione sarebbe stata realizzata nel 1981 e in virtù del quale era
stato poi ordinato l’arretramento fino a metri 7,50 : la sentenza ha
ritenuto la non applicabilità dello strumento urbanistico del 1980 avendo
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sentenza non aveva esaminato le ragioni proposte con l’atto di appello

escluso che fosse stata raggiunta la prova che l’immobile sarebbe stato
costruito dopo il 1978.
La revoca dell’ordine di abbattimento era consequenziale alle doglianze
che ne costituivano la necessaria premessa logico-giuridica ed erano

pregiudizievole per l’attore.
3.1.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art.112 cod. proc. civ. nonchè omessa e insufficiente motivazione,
censura la sentenza laddove aveva omesso di esaminare la domanda relativa
alla rimozione dei tubi e l’eliminazione della servitù di veduta,
espressamente ribadita nelle conclusioni dell’atto di appello con il
quale erano state richiamate le domande e tutte le difese proposte in
primo grado e si era chiesta la totale riforma della decisione del
tribunale ; del resto, al riguardo era stato posto uno specifico quesito
al C.t.u.
3.2. – Il motivo è infondato
Affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamene impugnato non è
sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal
senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che,
contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa
e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico
(S.U.23299/2011).
Pertanto, il mero richiamo alle domande e alle difese di primo grado
compiuto con l’atto di appello integrava violazione del principio di
specificità dei motivi di appello.
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finalizzate proprio per eliminare quello che era il provvedimento

4.1. – Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art. 873, del decreto assessoriale n. 213 del 1980 del Comune di
Monreale nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,
censura la sentenza laddove aveva ritenuto che la convenuta avesse

consulente nominato in appello, nel 1973 preesisteva la casetta rurale
acquistata dall’attore e la Bruno ancora non aveva realizzato il suo
manufatto. La Bruno non avrebbe potuto invocare il diritto di
prevenzione, mentre era del tutto irrilevante stabilire la data in cui
l’attore avrebbe ampliato la sopraelevazione della casetta rurale già
composta di un piano terra e di una sopraelevazione RWA6ffide
Era ancora risultato che la casetta rurale esisteva nella sua consistenza
originaria per cui la Corte non avrebbe potuto confermare la decisione
di primo grado che aveva ritenuto la costruzione realizzata nel 1980
ordinandone l’abbattimento a metri 7,50 secondo la normativa sopravvenuta

4 .2. Il motivo va accolto nei limiti di cui si dirà infra.
La sentenza, dopo avere accertato che la costruzione della convenuta era
stata realizzata nel 1974, ha ritenuto che : non potesse essere stabilita
la data in cui era stato edificato l’ampliamento dell’originaria casetta
rurale di proprietà dell’attore, quest’ultima, peraltro, esistente
quanto meno già nel 1973; comunque, il suddetto ampliamento era già
avvenuto nel 1978; alla epoca della costruzione delle opere realizzate
dalle parti nella zona interessata trovavano applicazione le norme di cui
all’art. 873 cod. civ.; in virtù del criterio della prevenzione legittima
era la costruzione della convenuta, che aveva costruito per prima,.
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costruito per prima quando, secondo quello che era stato accertato dal

Orbene, al fine di stabilire il legittimo esercizio del diritto di
costruire da parte del preveniente ovvero di individuare la parte che
ebbe a costruire per prima, la sentenza avrebbe dovuto stabilire la data
dell’ ampliamento dell’originaria casetta rurale, realizzato dall’attore

adeguatamente indicare le ragioni di siffatta conclusione. Al riguardo,
invece, la motivazione è carente in quanto la sentenza, limitandosi a
fare riferimento alla situazione dei luoghi raffigurata nelle
aerofotogrammetrie acquisite negli anni ai quali queste si riferivano, ha
affermato che non era certa l’epoca della costruzione, senza compiere
alcuna indagine che avesse consentito di risalire alla effettiva epoca di
costruzione o di spiegare le ragioni per le quali siffatta indagine
avrebbe avuto esito negativo.
Peraltro, non può ritenersi, come sostiene il ricorrente, che la data di
ampliamento sarebbe irrilevante, comunque preesistendo la casetta rurale
rispetto alla data della costruzione realizzata della convenuta.
Occorre qui chiarire che il preveniente, il quale abbia ristrutturato
ampliando la originaria fabbrica, dando così luogo a una

nuova

costruzione – non può invocare la legittimità dell’ opera deducendo di
avere costruito per primo nell’esercizio delle facoltà a lui spettanti
in virtù del principio della prevenzione quando il prevenuto abbia nel
frattempo costruito, presupponendo il criterio della prevenzione la
inedificazione dei fondi: in tal caso, dovrà rispettare le distanze
previste dall’art. 873 cod. civ. ( o quelle degli strumenti urbanistici
nel frattempo intervenuti).
9

e, nel caso in cui tale accertamento non fosse stato possibile,

Orbene, i Giudici – pur avendo escluso che potesse trovare applicazione
lo strumento urbanistico entrato in vigore nel 1980 – hanno confermato
la decisione di primo grado laddove il tribunale aveva ritenuto
applicabile alla costruzione dell’attore la distanza di metri 7,50 dal

la sentenza di appello ha accertato l’ultimazione dell’opera da parte
dell’attore nel 1978 : il che avrebbe dovuto escludere l’applicabilità
alla costruzione dell’attore della distanza di metri 7,50 dal confine
5.1.- Il quinto motivo, denunciando omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, censura
il giudizio di inattendibilità del teste Norcia in merito alla
realizzazione del fabbricato Bruno, quando il medesimo era stato
l’esecutore materiale dei lavori.
5.2.- Il motivo è infondato.
Il giudizio sull’attendibilità o meno del teste attiene a un accertamento
di fatto, che • non è censurabile in sede di legittimità se non per
vizio di motivazione da cui la sentenza è immune : nella specie, la
sentenza ha evidenziato che le dichiarazioni del teste Norcia erano
contraddette dalla documentazione rappresentativa dello stato dei luoghi.
6.1.11 sesto motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione)
censura la decisione laddove aveva escluso la esistenza della servitù di
passaggio, quando il ctu aveva accertato la presenza della stradella sin
dal 1963 ovvero all’epoca dell’atto di divisione da Albano Salvatore alle
figlie e dunque ancor prima del trasferimento della proprietà del fondo
all’attore: pertanto, la stradella esisteva allorquando la Bruno l’aveva
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confine prevista da tale strumento urbanistico quando, come si è detto,

ricevuta in donazione dalla madre per essere stata costituita per
destinazione del padre di famiglia.
La sentenza aveva omesso di esaminare la circostanza della esistenza
della stradella già menzionata negli atti di causa fin dal 1963

6.2. Il motivo è infondato.
Qui occorre innanzitutto chiarire che la costituzione di una servitù per
destinazione del padre di famiglia – che è fattispecie

non negoziale e

postula la presenza di opere visibili e permanenti destinate
all’esercizio della servitù – presuppone l’originaria appartenenza di due
fondi (o porzioni del medesimo fondo) ad un unico proprietario, il quale
abbia posto gli stessi, l’uno rispetto all’altro, in una situazione di
subordinazione idonea ad integrare il contenuto di una servitù prediale e
che, all’atto della loro separazione, sia mancata una manifestazione di
volontà contraria al perdurare della relazione di sottoposizione di un
fondo nei confronti dell’altro.
La servitù convenzionale trova fonte nel titolo (contratto o testamento )
con il quale sia stata espressamente prevista dalla volontà negoziale
la costituzione di un peso gravante su un fondo (servente) per la
specifica utilità di altro fondo (dominante).
Nella specie, la sentenza ha, da un lato, escluso il titolo convenzionale
di costituzione della servitù, avendo verificato che neppure nell’atto di
divisione ( oltre che nell’atto di acquisto dell’attore ) la servitù era
indicata : in proposito la censura è assolutamente generica in quanto
avrebbe dovuto specificare – con riferimento alle previsioni dell’atto di
11

sebbene non fosse indicata nella compravendita del Falcone.

divisione – che le parti avevano previsto il diritto di servitù di
passaggio con la precisa indicazione del fondo dominante, a favore del
quale era destinata, e di quello servente sul quale gravava, dovendo qui
chiarirsi che la circostanza di fatto relativa alla esistenza della

usucapione o per destinazione del padre di famiglia ma non evidentemente
sul piano della costituzione negoziale; d’altre parte, i Giudici hanno
escluso che sia stata proposta una domanda di acquisto per usucapione o
per destinazione del padre di famiglia: tale affermazione non risulta
specificamente censurata dal ricorrente che avrebbe dovuto allegare di
avere formulato ritualmente tali domande nel giudizio di merito.
7.1.- Il settimo motivo denuncia la erronea riforma compiuta dai Giudici
di appello della sentenza di primo grado laddove aveva compensato le
spese processuali, poste dalla decisione impugnata a carico dell’attore.
7.2.- Il motivo è assorbito: la cassazione anche parziale della sentenza
comporta la caducazione della statuizione accessoria e consequenziale
(all’esito della lite) relative alla regolamentazione delle spese
processuali.
Pertanto, vanno accolti il secondo e il quarto motivo, per quanto in
motivazione, del ricorso e rigettati il primo, il terzo, il quinto e il
sesto, mentre è assorbito il settimo;
la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche
per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello
di Palermo.
P.Q.M.
12

stradella poteva assumere rilievo sotto il profilo dell’acquisto per

Accoglie il secondo e il quarto motivo, per quanto in motivazione, del
ricorso, rigetta il primo, il terzo, il quintore il sesto, assorbito il
settimo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e
rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 novembre 2013
Il Cons. estensore

Il . r idente

Corte di appello di Palermo

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