Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28348 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 05/11/2019), n.28348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22133/2018 R.G. proposto da:

Compagnia Valdostana delle Acque Trading s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dagli avv.ti Nicola Lucariello e Alberto Mula, elettivamente

domiciliata presso il loro studio, in Roma via XXIV Maggio 43.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, (C.F. (OMISSIS)), in persona del

direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura

generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici

in Roma via dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 36/02/2018 della Commissione Tributaria

Regionale dell’Umbria, depositata il giorno 18 gennaio 2018.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 12 settembre 2019 dal

Consigliere Giuseppe Fichera.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Kate Tassone,

che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Uditi l’avv. Alberto Mula per la ricorrente e l’avv. Anna

Collabolletta per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Idroenergia s.c.ar.l. con separati ricorsi impugnò due avvisi di pagamento e due atti di irrogazione di sanzioni spiccati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con i quali, da un lato, vennero recuperate le accise non corrisposte sull’energia elettrica autoprodotta da energie rinnovabili ma ceduta ai consorziati, nel periodo compreso tra il 2009 e il 2013, e dall’altro, furono irrogate le relative sanzioni per l’imposta evasa.

Riuniti i ricorsi in primo grado, le impugnazioni vennero tutte integralmente respinte. Idroenergia s.c.ar.l. formulò allora appello e la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, con sentenza depositata il giorno 18 gennaio 2018, respinse il gravame, affermando che l’esenzione dal pagamento delle accise non poteva più trovare applicazione anche per l’energia autoprodotta dai consorzi e poi ceduta ai consorziati, nè restava consentito invocare il principio del legittimo affidamento in considerazione del mutato orientamento favorevole alla tesi della contribuente.

Avverso la detta sentenza, Compagnia Valdostana delle Acque Trading s.r.l. (di seguito breviter CVA), quale successore della Idroenergia s.c.ar.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

La CVA ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso CVA lamenta la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 2, poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto non applicabile il principio del legittimo affidamento, nonostante l’orientamento in precedenza manifestato dall’Amministrazione favorevole alla tesi della contribuente, almeno con riguardo alle sanzioni amministrative.

2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 2, poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto non applicabile il principio del legittimo affidamento, nonostante l’orientamento in precedenza manifestato dall’Amministrazione favorevole alla tesi della contribuente, con riguardo anche al tributo.

3. Con il terzo motivo assume la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., attesa la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla questione concernente la qualifica di autoproduttore della contribuente.

4. Con il quarto motivo denuncia la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 11, avendo il giudice di merito erroneamente negato efficacia preclusiva all’esigibilità del tributo, alla risposta data dall’Amministrazione sull’interpello formulato dalla contribuente.

5. Con il quinto motivo eccepisce la violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 52, comma 3, lett. b), (il TUA), del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 2, comma 2, (il c.d. decreto Bersani) e degli artt. 2602 c.c. e segg., in quanto il giudice di merito ha negato alla società consortile l’esenzione d’accisa per le cessioni di energia elettrica autoprodotta operate a favore dei consorziati.

6. Il primo e il secondo motivo, essendo palesemente connessi per l’oggetto, possono essere esaminati congiuntamente; il primo risulta fondato mentre è infondato il secondo.

Secondo la ormai prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità, la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3,23,53 e 97 Cost., e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione Europea, sicchè deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni (Cass. 09/01/2019 n. 370; Cass. 03/05/2018, n. 10499; Cass. 08/02/2017, n. 12635; Cass. 25/03/2015, n. 5934; Cass. 03/07/2013, n. 16692; Cass. 13/10/2011, n. 21070).

E’ stato altresì precisato che le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicchè, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dalla richiamata L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, (Cass. 19/05/2017, n. 12635; Cass. 18/05/2016, n. 10195; Cass. 09/03/2012, n. 3757).

Giusta la valenza generale del principio del legittimo affidamento, invero, va ribadito che i casi di tutela espressamente enunciati dalla L. n. 212 del 2000, art. 10 comma 2, vanno considerati quali situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, atteso che la regola è idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass. 12/01/2018, n. 620; Cass. 14/01/2015 n. 537).

Ciò significa unicamente che la induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa norma non espressamente considerate; situazioni siffatte, in cui la tutela del legittimo affidamento può incidere sulla stessa debenza del tributo, sono caratterizzate da circostanze concrete di natura eccezionale, che non include quelle in cui l’induzione in errore sia da ascriversi ad informazioni fornite dalla Amministrazione doganale con atti interpretativi di carattere generale o con erronee prassi applicative, in sè già espressamente contemplate dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, e, dunque, inidonee ad esonerare il contribuente dalla obbligazione tributaria (cfr. Cass. 20/11/2013, n. 25299).

6.2. E la norma così interpretata non è incostituzionale, perchè al principio, di rilievo costituzionale, del legittimo affidamento fa, comunque, da contraltare il principio, di rilevanza costituzionale, della riserva di legge, nonchè gli ulteriori principi di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatività della funzione di imposizione e di irrinunciabilità del diritto di imposta, già menzionati dalle Sezioni Unite di questa Corte.

6.3. Nè va dato corso al chiesto rinvio pregiudiziale, tenuto conto che, come evidenziato dalla stessa parte ricorrente, la Corte di giustizia ha già ampiamente chiarito che, se è vero che il diritto ad avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito (ex multis, CGUE 14 giugno 2017, in C-26/16, punto 76; CGUE 9 luglio 2015, in C-183/14, punto 44; CGUE 5 marzo 2015, in C-585/13, punto 95), tuttavia il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione (CGUE 11 aprile 2018, in causa C-532/16, punto 50).

Spetta, dunque, al giudice nazionale stabilire se, avuto conto della specificità del caso concreto, sussistano i presupposti per il riconoscimento della inapplicabilità del tributo ovvero, più semplicemente, delle sanzioni e degli interessi.

6.4. Orbene, nella vicenda in esame, la contribuente afferma che l’Amministrazione finanziaria avrebbe riconosciuto la sua qualità di autoproduttore di energia elettrica da fonti rinnovabili ed escluso l’obbligo di pagamento delle accise, così ingenerando il legittimo affidamento della stessa nella menzionata esenzione.

Si tratta, peraltro, di valutazioni che l’Amministrazione doganale avrebbe assunto in conseguenza di atti pacificamente già rientranti a pieno regime nella formulazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2; dunque, una volta accertato il legittimo affidamento specificamente tutelato dalla cennata norma, spetterebbe alla contribuente l’esenzione dalle sanzioni e dagli interessi, fermo restando l’obbligo di pagamento dei tributi evasi.

6.5. Ha errato, allora, il giudice di merito nel ritenere comunque legittima l’imposizione non solo relativamente ai tributi evasi ma anche per gli interessi di mora e le sanzioni, escludendo così la possibilità di invocare la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, solo perchè i documenti provenienti dall’Amministrazione erano stati emanati da uffici regionali dell’Agenzia diversi da quelli che poi hanno irrogato in concreto le sanzioni, ovvero in considerazione delle “modalità differenti” con cui la contribuente operava da regione a regione; ciò che il giudice di merito avrebbe dovuto accertare, invero, è esclusivamente se l’Amministrazione, attraverso atti o provvedimenti ad essa riconducibili, avesse riconosciuto o meno la società consortile che cedeva energia elettrica ai suoi consorziati quale autoproduttore ai fini dell’invocata esenzione dal tributo.

7. Il quarto motivo è infondato.

Sull’invocata applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 11, deve osservarsi in termini generali che la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, nel tutelare l’affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi, senza incidere in alcun modo sull’obbligazione tributaria; e ciò diversamente dalla medesima L., art. 11, il quale, nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell’Amministrazione finanziaria, motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell’interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l’esito dell’interpello (così Cass. 10/09/2009, n. 19479).

Orbene, nessuno dei provvedimenti assunti dalla Amministrazione doganale, che hanno riconosciuto alla Idroenergia s.c.ar.l. la qualifica di soggetto esente da accisa, è stato reso all’esito di una regolare procedura di interpello come disciplinata dalla L. n. 212 del 2000, art. 11.

Un primo interpello, invero, è stato ritenuto inammissibile dall’Amministrazione doganale, sicchè ogni valutazione compiuta nella risposta comunque fornita (peraltro, riguardante l’addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica e non specificamente le accise) non può in alcun modo vincolare i successivi atti posti in essere dall’Amministrazione medesima. Gli altri atti, invece, non sono stati emessi a seguito di regolare procedura di interpello, procedura che sola può determinare l’effetto vincolante previsto dalla citata disposizione di legge.

Del resto, l’efficacia della risoluzione o della circolare che segue l’interpello vincola l’Amministrazione, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11, comma 3, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza o, al più, con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello (Cass. 13/01/2017, n. 735).

Nel caso di specie, invece, si tratta di accise (e non di addizionali provinciali) relative agli anni 2009-2014, successivi, pertanto, all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 26 del 2007, che ha comportato una integrale rivisitazione della materia; con riferimento a tali anni nessuna istanza di interpello risulta presentata all’Amministrazione doganale.

7.1. Da ultimo, va evidenziato che non è irragionevole, sotto il profilo costituzionale ed unionale, la diversità di disciplina degli effetti prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, e dalla L. medesima, art. 11. Infatti, l’ipotesi prevista da quest’ultima disposizione, che comporta la gravi conseguenza della nullità dell’atto impositivo, riguarda una situazione in cui l’Amministrazione finanziaria ha dato una risposta specifica ad un formale quesito del contribuente, ingenerando nello stesso il ragionevole convincimento della correttezza della soluzione fornita, laddove negli altri casi si tratta di indicazioni di carattere generale o particolare formulate in via di prassi generale o applicativa, senza che la specifica problematica sia stata formalmente posta dal contribuente alla puntuale valutazione dell’Ufficio.

8. Il terzo e quinto motivo, connessi per l’oggetto, vanno esaminati congiuntamente e sono infondati.

Com’è noto, ai sensi del TUA, art. 52, comma 3, lett. b), è esentata da accise l’energia elettrica “prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.

La formulazione della disposizione riprende, sostanzialmente, il testo della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 10, comma 6, che, con riferimento alle addizionali erariali, così recita: “Al fine di di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cui al Protocollo sui cambiamenti climatici, adottato a Kyoto il 10 dicembre 1997, l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, consumata dalle imprese di autoproduzione e per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni è esclusa dall’applicazione delle addizionali erariali (..)”. Le menzionate addizionali erariali sono state poi abrogate dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 28, comma 1, che, peraltro, estende all’imposta erariale di consumo di cui al TUA, art. 52 “tutte le agevolazioni previste, fino alla data di entrata in vigore della presente legge, per l’addizionale erariale sull’energia elettrica” (L. n. 388 del 2000, art. 28, comma 3), con disposizione poi assorbita dalla nuova formulazione del TUA, art. 52, conseguente alla novella di cui al D.Lgs. n. 26 del 2007.

Va soggiunto, poi, che il D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, attuativo della Dir. 19 dicembre 1996, n. 96/92/CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, stabilisce che, agli effetti del menzionato decreto, “Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonchè per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui alla L. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 8, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Dalla lettura coordinata delle superiori disposizioni si evince che sono esentati dal pagamento delle accise unicamente le officine di produzione che producono energia elettrica per uso proprio, a condizione che: a) la produzione avvenga con impianti azionati da fonti rinnovabili; b) detti impianti abbiano una potenza disponibile superiore a 20 kw; c) l’energia autoprodotta venga anche autoconsumata per usi differenti da quello abitativo.

8.2. Ritiene il Collegio, in conformità a quanto affermato nella sentenza impugnata, che la nozione di autoproduzione di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, non sia idonea ad individuare i soggetti esentati dal pagamento delle accise ai sensi del TUA, art. 52, comma 3, lett. b), i uali non rientrano nella menzionata definizione. Valgano le seguenti considerazioni:

a) il D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 1, afferma che le definizioni di cui ai successivi commi valgono ai soli fini del decreto e, pertanto, la definizione di autoproduzione di cui al comma 2, trova un limite applicativo testuale;

b) le finalità del c.d. decreto Bersani, in linea con la Dir. n. 96/92/CE, sono quelle di perseguire un mercato concorrenziale dell’energia elettrica mentre il TUA, come modificato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, in attuazione della Dir. n. 2003/96/CE, ha come obiettivo l’armonizzazione della tassazione degli Stati membri della UE in materia di accise sui prodotti energetici: in questo contesto, la definizione di autoproduzione di cui al c.d. decreto Bersani deve fare i conti con la qualifica di soggetti obbligati al pagamento delle accise che hanno le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio ai sensi del TUA;

c) l’esenzione prevista dal TUA, art. 52, comma 3, lett. b), con riferimento all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, riconoscersi l’esenzione unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile ceda l’energia elettrica a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati (nello stesso senso, sebbene con riferimento alle addizionali locali sull’energia elettrica, Cass. 09/04/2014 n. 8293; Cass. 12/09/2008 n. 23529), pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa;

d) la giurisprudenza riguardante la traslazione delle agevolazioni IVA spettanti alla società consortile sui singoli consorziati attraverso il meccanismo del c.d. ribaltamento dei costi e dei ricavi (Cass. 04/10/2018, n. 24320; Cass. 09/02/2018, n. 3166; Cass. 26/07/2017, n. 18437) segue uno schema differente, in quanto, nelle fattispecie considerate, il contratto di appalto stipulato dal committente con la società consortile è direttamente imputabile alle società consorziate, con conseguente neutralità del consorzio, che non esercita attività commerciale in proprio; nel caso dell’autoproduzione, invece, è la società consortile a svolgere, legittimamente (cfr. Cass. S.U. 14/06/2016 n. 12190), attività commerciale in proprio e a cedere il prodotto ai consorziati: laddove lo scopo consortile non è certo quello di godere della agevolazione fiscale, ma quello di approvvigionarsi di energia elettrica a costi contenuti.

8.3. A quanto osservato sopra, può aggiungersi che la L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 911, applicabile solo con riferimento all’anno d’imposta 2016 (e, pertanto, non alla presente controversia), ha previsto che “il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 52, comma 3, lett. b), si applica anche all’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kw, consumata dai soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui alla L. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 8), in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.

La menzionata disposizione richiama pedissequamente solo la prima parte del c.d. decreto Bersani, art. 2, comma 2, includendo, pertanto, nell’esenzione i soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, ma non estendendo l’esenzione agli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili.

Tale innovazione offre un ulteriore spunto argomentativo per confermare la tesi più sopra sostenuta: la estensione dell’esenzione alle sole società cooperative di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 2, comma 2, implica, a contrario, che i consorzi e le società consortili, già esclusi, rimangono fuori dal campo applicativo della norma anche per gli anni d’imposta successivi al 2016.

8.4. Deve ritenersi, allora, che la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile, con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 kw, beneficia dell’esenzione prevista dal TUA, art. 52, comma 3, lett. b), (nella sua formulazione applicabile ratione temporis, successiva alle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 26 del 2007), limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati.

9. In definitiva, accolto il primo motivo del ricorso relativamente alle sanzioni ed agli interessi per le accise non versate – e respinti i restanti mezzi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, in diversa composizione, per un nuovo esame e per statuire sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso e respinge i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità,

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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