Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28347 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 22/12/2011), n.28347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.M. C.F. (OMISSIS), IN.MA. C.F.

(OMISSIS) elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL

VIMINALE 43, presso lo studio dell’avvocato CERASA ETTORE MARIA, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

DEAR IMM SPA, QUALE INCORPORANTE LA ARDESIA SRL, P.I. (OMISSIS) IN

PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE ED AMM.DEL.TO DOTT. F.

J., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIANGIACOMO PORRO 8,

presso lo studio dell’avvocato PIZZOLI GIANCARLO, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

e contro

G.L.C., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4531/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato Ettore Maria Cerasa difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Giancarlo Pizzoli difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato il 19 luglio 1983, T. L. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il proprio coniuge i.m., dal quale si era separata, e la s.r.l.

Ardesia, chiedendo, in via principale, che, accertata la simulazione assoluta o l’interposizione fittizia dei due contratti con i quali la società svizzera Dufima AG appariva aver rispettivamente acquistato, con atto pubblico in data 19 luglio 1966, da G.G. L., e rivenduto il 14 gennaio 1976 alla s.r.l. Ardesia i due appartamenti siti al terzo piano dell’immobile contrassegnato dal civico n. (OMISSIS), il Tribunale di Roma dichiarasse che i.m., quale interponente, era l’effettivo proprietario dell’unità immobiliare contraddistinta con l’interno 6, già adibita a casa coniugale. In subordine, in relazione al primo dei due contratti, chiese che il Tribunale dichiarasse che l’ i. non aveva mai inteso effettivamente spogliarsi di tali beni. In via gradata, sollecitava la declaratoria di inefficacia nei suoi confronti del secondo contratto, in quanto concluso in frode ai creditori, tra i quali la stessa attrice, in relazione al mancato pagamento in suo favore, da parte del coniuge, dell’assegno di mantenimento pattuito in sede di separazione consensuale.

Le predette declaratorie costituivano il presupposto per l’accoglimento della ulteriore domanda intesa ad ottenere che il Tribunale dichiarasse la signora T. piena ed esclusiva proprietaria dei beni. Ordinata la integrazione del contraddittorio nei confronti di G.L.G. e della società Dufima AG, quali parti del negozio del quale si deduceva la simulazione, e costituitesi nel giudizio le due società, rimasti, invece, contumaci i.m. e il L., depositata la sentenza con la quale il Tribunale penale di Roma, in data 27 ottobre 1987, in relazione ad un processo nei confronti dell’ i. per reati valutar dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, era stata accertata la effettiva proprietà da parte dello stesso dell’appartamento di (OMISSIS), proseguito il procedimento a cura di Ma. e I.M., quali eredi di T. L., nel frattempo deceduta, il Tribunale adito, con sentenza depositata il 13 aprile 1999, rigettò le domande della T., osservando che oggetto delle convenzioni matrimoniali era stata la cessione delle quote della Dufima AG e non dell’unità immobiliare in questione, e che gli elementi addotti a sostegno della natura fittizia della interposizione della Dufima e della società Ardesia non erano inconciliabili con la diversa fattispecie della interposizione reale. In accoglimento della domanda di pagamento dei canoni di locazione dell’appartamento proposta dalla s.r.l. Ardesia, gli attori furono condannati a corrispondere in favore della s.r.l.

Ardesia e della società Dufina AG la somma di L. 16.209.102.

2. – Avverso tale sentenza proposero appello i soccombenti I..

Integrato il contraddittorio nei confronti di i.m. e, quindi, nei confronti degli eredi di G.L.L., con sentenza depositata il 21 ottobre 2004, la Corte d’appello di Roma rigettò il gravame. Osservò anzitutto il giudice di secondo grado che, a norma dell’art. 28 previgente c.p.p., applicabile nella specie ratione temporis, l’accertamento in sede penale della effettiva proprietà in capo a i.m. della unità immobiliare di cui si tratta avrebbe conseguito effetti di giudicato in presenza di tre presupposti – pronuncia di una sentenza di condanna, presenza nel processo penale di tutte le parti necessarie litisconsorti nella causa civile, inesistenza, quanto a quest’ultima, di specifici limiti probatori in merito alla pretesa accampata dall’attrice – nella specie insussistenti. Rilevò quindi che le domande degli appellanti presupponevano l’interposizione fittizia del primo contratto, che avrebbe richiesto la dimostrazione della partecipazione del venditore G.L.L. al preteso accordo simulatorio. Al riguardo, la Corte di merito condivise poi la valutazione del primo giudice in ordine alla insussistenza di elementi idonei a comprovare la pretesa interposizione fittizia del primo contratto.

Inoltre, sottolineò il giudice di secondo grado che dalla convenzione di separazione del (OMISSIS) risultava che i.m. si era impegnato ad assicurare alla moglie la piena proprietà dell’appartamento oggetto della controversia, assicurando che le azioni della società proprietaria dell’immobile sarebbero state trasferite alla moglie non appena i titoli fossero stati liberati dai vincoli al momento esistenti sugli stessi.

Esattamente, quindi, il giudice di primo grado aveva ritenuto che oggetto della domanda – dallo stesso qualificata in termini di azione per l’adempimento specifico dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. – , avrebbe dovuto essere lo stesso dell’obbligazione assunta da i.m., consistente nelle quote della società.

La Corte ritenne infondato l’appello anche nella parte in cui con esso si censurava tale qualificazione dell’iniziativa giudiziaria, che sarebbe consistita non già in un’azione volta all’adempimento specifico, ma nell’accertamento della acquisita proprietà del bene da parte della T., alla stregua della pattuizione contenuta nella convenzione di separazione. Al riguardo, rilevò il giudice di secondo grado che i termini della scrittura erano assolutamente univoci nel senso di escludere un effetto traslativo della proprietà dell’immobile in questione, essendosi l’ i. obbligato invece a trasferire alla moglie la partecipazione in Dufina AG allorchè le azioni della società fossero state liberate dai vincoli esistenti sui titoli.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Ma. e I. M., sulla base di tre motivi. Resiste la Dear Immobiliare s.p.a. quale incorporante la Ardesia s.r.l.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 cod. civ. e seguenti, nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La Corte di merito non si sarebbe pronunciata sulla deduzione della erroneità dell’inquadramento, operato dal giudice di primo grado, della fattispecie come intestazione fiduciaria in mancanza di prova di due negozi collegati, uno dei quali di carattere esterno, comportante il trasferimento del bene al fiduciario, e l’altro, di carattere interno ed obbligatorio, contenente l’obbligo del fiduciario di ritrasferire la proprietà del bene al fiduciante. Sarebbe, comunque errata la considerazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale l’affermazione della interposizione fittizia del primo contratto avrebbe richiesto la dimostrazione della partecipazione del venditore G.L.L. al preteso accordo simulatorio.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

2.2. – La questione sollevata concerne una diversa ricostruzione della volontà negoziale, inibita a questa Corte. Il giudice del gravame si è pronunciato sulla natura reale della interposizione, e, nel rilevare che le domande dell’attrice presupponevano, invece, una interposizione fittizia, poichè solo quest’ultima avrebbe giustificato la domanda di simulazione del successivo contratto traslativo, ha ribadito la valutazione del primo giudice in ordine alla insussistenza degli elementi costitutivi della stessa.

2.3. – Nè può essere presa in considerazione la critica dei ricorrenti alla tesi, sostenuta nella sentenza impugnata, della necessità, ai fini della configurabilità nella specie della interposizione fittizia di persona, della dimostrazione della partecipazione del terzo venditore al preteso accordo simulatorio.

Tale critica si pone in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (v., tra le altre, Cass., sentt. n. 22024 e n. 8843 del 2007, n. 6451 del 2000), senza addurre alcun argomento a fondamento della stessa.

3. – Con la seconda censura si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sarebbe apodittica l’affermazione del secondo giudice relativa al mancato raggiungimento della prova della conoscenza da parte del venditore della simulazione e della sua partecipazione all’accordo simulatorio. Sul punto, la Corte di merito si era riportata integralmente alle considerazioni del Tribunale, che, a sua volta, si era limitato ad affermare che le argomentazioni attoree non valevano a dimostrare nè l’accordo simulatorio nè l’asserita causa simulandi, e ciò in presenza di un accertamento giudiziale, sia pure reso in sede penale e non nei confronti di tutte le parti del giudizio in atto, che, pur non costituendo certamente giudicato, non potrebbe non riverberare i suoi effetti sul giudizio attuale unitamente agli altri elementi probatori.

4.1. – La doglianza è inamissibile.

4.2. – Essa è intesa sostanzialmente a sollecitare una nuova valutazione del contesto probatorio a questa Corte, cui una siffatta operazione è, invece, inibita, in presenza di una motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici del proprio convincimento da parte del giudice di secondo grado.

Per ciò che riguarda, in particolare, la irrilevanza, affermata dalla Corte capitolina, dell’accertamento in sede penale della effettiva proprietà in capo a i.m. dell’immobile in questione, a parte il mancato richiamo del testo della decisione penale di cui si tratta, donde la inammissibilità della doglianza per tale parte per difetto di autosufficienza, va osservato che il giudice di secondo grado ha adeguatamente dato conto delle ragioni della non configurabilità, nella specie, di un giudicato, mentre, d’altro lato, il complessivo quadro probatorio lo ha insindacabilmente convinto della mancata dimostrazione della partecipazione del venditore all’accordo simulatorio in occasione dell’atto di compravendita del 1966.

5. – Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Avrebbe errato la Corte capitolina nel ritenere che l’intento delle parti nel concludere il contratto di cui si tratta fosse il trasferimento delle quote della Dufima e non della proprietà dell’immobile, e che, quindi, con l’atto introduttivo d4el presente giudizio la parte attrice avrebbe dovuto chiedere l’assegnazione non già dell’appartamento, ma delle predette quote, laddove, in realtà, nel fare riferimento alle quote si sarebbe inteso solo ipotizzare uno dei possibili modi di trasferimento della proprietà, come sarebbe confermato anche dalla circostanza che nella prima convenzione matrimoniale si era fatto appunto riferimento al trasferimento della proprietà.

6. – Anche tale doglianza si rivela inammissibile per difetto di autosufficienza: essa, infatti, non riporta il testo della convenzione di separazione personale cui fa riferimento.

7. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Avuto riguardo ai rapporti personali coinvolti e alle peculiarità della fattispecie, si ritiene la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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