Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28347 del 15/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 15/10/2021), n.28347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9945-2020 R.G. proposto da:

G.M., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. Francesco LAGONIGRO, ed elettivamente

domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del

predetto difensore;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1506/03/2019 della Commissione tributaria

regionale dell’EMILIA ROMAGNA, depositata in data 26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello proposto da G.M. avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto dal predetto contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione ai fini delle imposte dirette per l’anno 2007 i redditi che il contribuente, inserito nella c.d. lista Falciani, deteneva all’estero e che non aveva dichiarato.

2. La CTR sosteneva, per quanto ancora di interesse, che quella posta dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, avesse efficacia retroattiva e che erano utilizzabili i dati emergenti dalla c.d. lista Falciani.

3. Avverso tale decisione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso.

4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 Cost., art. 11 preleggi, della L. n. 212 del 2000, art. 3 e del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, sostenendosi l’irretroattività della presunzione di evasione introdotta dalla citata disposizione.

2. Il motivo, diversamente dalla proposta del relatore, che il Collegio non condivide, è manifestamente infondato.

3. Seppur sia vero che “La presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perché una differente interpretazione potrebbe – in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. – pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione” (Cass. n. 2662 del 2018; conf. Cass. n. 29632 del 2019), e che pertanto, la statuizione di merito impugnata è al riguardo errata, è anche vero però che secondo Cass. n. 31243 del 2019 (conf. Cass. 33893 del 2019) “In tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, con riferimento agli investimenti e alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice”.

4. Orbene, nel caso in esame, sia la controricorrente Amministrazione, sia la sentenza impugnata hanno ricostruito, in punto di fatto, il presupposto dell’imposizione articolando un ragionamento inferenziale che ha, quale elemento indiziante, concorrente con la suddetta presunzione, la detenzione dell’attività finanziaria de qua con riferimento all’inserimento del nominativo del contribuente nella c.d. lista Falciani, idonea ad integrare una presunzione semplice, come più volte affermato da questa Corte.

5. Al riguardo è sufficiente il richiamo alle diffuse argomentazioni svolte nella sentenza n. 9760 del 2015, che si è posta sulla scia delle ordinanze gemelle n. 8605 del 2015 e n. 8506 del 2015 secondo cui “In tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. Ne consegue che sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della Direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria”.

6. L’orientamento giurisprudenziale sopra esposto ha trovato conferma in numerose successive pronunce di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 5, 14 novembre 2019, nn. 29632 e 29633; Cass., Sez. 5, 28 novembre 2019, n. 31085; Cass., Sez. 5, 29 novembre 2019, n. 31243; Cass., Sez. 5, 19 dicembre 2019, n. 33893; Cass., Sez. 5, 25 febbraio 2020, n. 4984).

7. Si è ribadito, “Con specifico riguardo ai dati risultanti dalla “lista Falciani””, che “la giurisprudenza univoca di questa Corte ha stabilito che, in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. Ne consegue che sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della Direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8605 del 28/04/2015, Rv. 635558 – 01; conformi Sez.6-5 n. 8606/ 2015; Sez.6-5 17183/2015; Sez.6-5 16950/2015)” (Cass. nn. 29632 e 29633 del 2019) e che “la cd. scheda clienti non può essere valutata alla stregua di foglio anonimo” (Cass. n. 4984/2020).

8. Orbene, nel caso di specie, sia dal tenore delle difese dell’amministrazione controricorrente, sia dal tenore della sentenza impugnata ma anche e specialmente dal contenuto dell’avviso di accertamento prodotto in allegato al ricorso, emerge chiaramente che la pretesa erariale era fondata non solo sulla presunzione di evasione posta dal citato D.L. n. 78 del 2009, art. 12, ma anche sul dato dell’inserimento del contribuente nella c.d. lista Falciani.

9. In sintesi, da tutte le argomentazioni svolte consegue il rigetto del motivo di ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2021

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