Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28342 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28342 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 12181-2007 proposto da:
PERASSOLO MARIA RITA PRSMRT62L71A436W, PERASSOLO
SUSANNA PRSSNN61C54A436P, ZERBO OLGA
ZRBLGO33A56E191U, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e
2013

difende;
– ricorrenti –

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contro

BOTTARO ARMANDO BTTRND65D04A436G, RIGA ELISABETTA
RGILBT31A49G307X, elettivamente domiciliati in ROMA,

Data pubblicazione: 18/12/2013

VIA LUCREZIO CARO, 38, presso lo studio dell’avvocato
CANESTRELLI ROBERTO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GROSSI CARLO ENRICO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 50/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito l’Avvocato CONTALDI Mario, difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 11/01/2007;

Svolgimento del processo
l. – Con atto di citazione notificato il 29 dicembre 1994, il sig.
Armando Bottaro convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Alessandria
Giovanni Perassolo, esponendo di essere comproprietario con la madre

appurato nel giugno del 1994 che il Perassolo, proprietario del terreno
limitrofo (mapp. 638), aveva occupato con materiali e masserizie varie
una parte del sedime in proprietà dell’attore. Chiese quindi che il
convenuto fosse condannato a rilasciare il sedime in oggetto, previo
sgombero e rimessione in pristino.
Deceduto il Perassolo in corso di causa, il giudizio fu riassunto nei
confronti delle coeredi Susanna e Maria Rita Perassolo e Olga Zerbo, che
si costituirono chiedendo preliminarmente l’integrazione del
contraddittorio nei confronti di Elisabetta Rigo in quanto asserita
comproprietaria con il Bottaro del terreno di cui al mappale 296. Costei
intervenne volontariamente nel processo.
2. – Espletata l’istruttoria, il Tribunale di Alessandria, Sez. dist. di
Novi Ligure, accolse la domanda.
Susanna e Maria Rita Perassolo e Olga Zerbo proposero appello avverso
tale decisione.
3. – Con sentenza depositata 1’11 gennaio 2007, la Corte d’appello di
Torino rigettò il gravame. Qualificata in termini di rivendica la domanda
proposta dal Bottaro, sul presupposto che essa mirava ad ottenere la
restituzione di una porzione di terreno quale estrinsecazione

erga omnes

della pienezza del diritto dominicale, la Corte di merito ritenne che i

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Elisabetta Riga del terreno sito in Grondona, mappale 296; di aver

rivendicanti Bottero e Riga avessero assolto l’onere probatorio posto a
loro carico, attraverso il concorso degli elementi del titolo di acquisto
derivativo, rappresentato dal rogito del 20 maggio 1969, avente ad
oggetto (oltre al mappale 295) il mappale 296, dei titoli di trasmissione

predetto rogito, e del decorso di un arco temporale idoneo a risalire
comunque ad un acquisto a titolo originario.
Escluse poi la Corte di merito che la prova del diritto di proprietà in
capo al Perassolo sul mappale abusivamente occupato potesse discendere
dalla produzione del rogito del 19 aprile 1953, avente ad oggetto un
appezzamento che, secondo gli appellanti, si sarebbe identificato con il
mappale 296, pur in difetto di riscontro catastale, in considerazione
della indicata superficie di 120 mq. Osservò al riguardo il giudice di
secondo grado che, a fronte di tale dato, oggettivamente non univoco, si
poneva il rilievo che nel rogito del 1953 il terreno compravenduto veniva
descritto come attraversato dalla strada comunale per Grondona, la quale
non attraversava, invece, il mappale 296. La c.t.u. aveva consentito di
identificare l’appezzamento di terreno di cui al predetto rogito nel
mappale 638.
Né era fondata la tesi subordinata dell’acquisto della proprietà del
mappale 296 per effetto di usucapione ventennale. Al riguardo apparivano
non pertinenti i capitoli di prova orali riportati nelle conclusioni
delle appellanti, e comunque era agli atti la prova documentale contraria
a quanto asserito dalle stesse, e cioè la prova che i Bottaro avevano
goduto del sedime in questione quanto meno nell’ultimo ventennio

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dello stesso diritto antecedenti e successivi a quello rappresentato dal

antecedente l’introduzione del giudizio, costituite dalla licenza di
costruzione ottenuta nel 1975 per l’edificazione di una casetta di civile
abitazione sui mappali 295 e 296, nonché la relazione tecnicoillustrativa concernente un intervento edilizio che coinvolgeva una

ampliamento del garage seminterrato ottenuta dagli appellati nel
settembre 1986. La documentazione versata in causa comprovava la
effettiva esecuzione dei lavori da parte del Bottaro nel corso degli anni
’70 ed ’80, deponendo in tal senso, tra l’altro, il verbale di
sopralluogo del 31 marzo 1976, con il quale l’incaricato comunale
attestava il regolare inizio dei lavori sui mappali 295-296, la denuncia
di ultimazione dei lavori del 22 novembre 1983, il certificato di
abitabilità del 29 febbraio 1984.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Susanna e Maria Rita
Perassolo e Olga Zerbo sulla base di cinque motivi, illustrati anche da
successiva memoria. Resistono con controricorso Armando Bottaro e
Elisabetta Riga.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt.
2697 e 948 cod.civ. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che i
rivendicanti Bottero e Riga avessero assolto l’onere probatorio relativo
al diritto dominicale, giudicando sufficiente a tale scopo il contratto
di compravendita del terreno in questione del loro dante causa, Angelo
Bottaro, per un verso, senza considerare che nell’azione di rivendica
l’attore non può limitarsi a fornire la prova del titolo derivativo a lui

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superficie comprensiva anche del mappale 296, e la concessione di

più diretto, dovendo, invece, provare la sussistenza dell’asserito
diritto di proprietà sul bene anche attraverso i propri danti causa fino
a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il
compimento dell’usucapione, senza attribuire rilievo decisivo alle mappe

convenuto in rivendica, ignorando che, anche se la prova offerta dal
convenuto fallisca, ciò non esonera l’attore dalla rigorosa dimostrazione
a suo carico.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione dei seguenti
quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile
nella specie

ratione temporis: .
2. – La censura è immeritevole di accoglimento.
2.1. – Il giudice di secondo grado ha correttamente ritenuto assolto
l’onere probatorio posto a carico dei rivendicanti. La motivazione
adottata al riguardo nella sentenza impugnata risulta ineccepibile,
fondata com’è sulla convergenza di una serie di elementi, rinvenuti nel
concorso del titolo di acquisto derivativo e dei titoli di trasmissione
del diritto antecedenti e successivi a quello, nonché del decorso di un
arco temporale idoneo a risalire ad un acquisto a titolo originario,
nelle risultanze documentali relative ad opere edilizie che danno conto

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mancanza della prova certa della proprietà, il giudice deve respingere la

del possesso continuativo esercitato dai Bottaro sui mappali 295 e 296
nel periodo in questione, l’abusivo deposito di materiali da parte del
Perassolo solo in una porzione del mappale 296.
2.2. – Questo è il solo senso dell’affermazione della Corte di merito –

della sussistenza della prova dell’acquisizione derivativa del diritto
dominicale anche alla luce della debolezza della prova contraria offerta
dalle attuali ricorrenti stesse. Affermazione che, comunque, trova
conforto nel principio enunciato nella giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale, qualora il convenuto sostenga, in via riconvenzionale,
di aver acquistato per usucapione la proprietà del bene rivendicato, si
attenua l’onere probatorio posto a carico dell’attore in rivendicazione,
poiché esso si riduce alla prova di un valido titolo di acquisto da parte
sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a
quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché
alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso
idoneo ad usucapire da parte del convenuto (v. Cass., sent. n. 5161 del
2006).
3. – Con il secondo motivo si deduce la contraddittoria motivazione in
relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si La Corte
di merito avrebbe, da un lato, ritenuto raggiunta la prova sul punto
della domanda di rivendicazione del mappale 296, così come catastalmente
individuato, e, dall’altro, ritenuto inadeguate, e, quindi, inammissibili
le capitolazioni avversarie a fornire la prova del possesso

ad

usucapionem dedotto in via riconvenzionale per assenza di delimitazione

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contestata dalle ricorrenti – relativa alla esattezza della valutazione

tangibile dell’area in questione, laddove, se il mappale 296 risultava
individuato ai fini dell’esperimento dell’azione di rivendicazione con il
riconoscimento dell’indicazione catastale, non avrebbe potuto non esserlo
anche ai fini del simmetrico esperimento, in via riconvenzionale,

catastale.
4. – Il motivo è inammissibile, in mancanza del necessario momento di
sintesi di cui all’art. 366-bis cod.proc.civ. (v. Cass. n. 4556/2009, n.
24255/2011), applicabile ratione temporis alla fattispecie.
5. – Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1140 e 1158
cod.civ. per la insufficienza del giudizio della Corte di merito in
ordine all’assenza di : giudizio che si porrebbe in contrasto con
il, principio di diritto secondo il quale gli elementi costitutivi della
possessi° ad usucapionem non possono essere acquisiti, o negati, con
esclusivo riferimento ad opere visibili e permanenti le quali nella loro
materiale esistenza o inesistenza non assurgono a prova univoca della
presenza del possesso necessario all’usucapione né alla sua negazione,
dovendosi in proposito aver riguardo alla risultanza di un potere di
fatto esercitato sul bene ad immagine di quello di signoria escludente
quella altrui.
La illustrazione del motivo si completa con la formulazione dei seguenti
quesiti di diritto:‹Se l’esistenza o l’inesistenza di opere visibili

e

permanenti non può configurare, in sé, elemento costitutivo del, possesso
per usucapire la proprietà, perché non è prova univoca dell’esercizio di
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dell’azione di usucapione con il riconoscimento dell’identificazione

un potere di fatto sul bene ad immagine del corrispondente diritto ed
escludere quello altrui; .
6. – Il motivo è privo di pregio.
Esso riporta,

come esattamente rilevato dai

estrapolandola

controricorrenti – dall’intero contesto della sentenza impugnata, una
espressione il cui senso compiuto, comprensibile attraverso la lettura
completa del passaggio della motivazione, era quello di giustificare il
rigetto delle istanze istruttorie delle appellanti di prove testimoniali
in quanto non attinenti al

thema probandum,

poiché alla indicazione

puramente catastale del mappale 286 non veniva associata una esatta
descrizione dello stato dei luoghi tale da mettere i testi in grado di
individuare inequivocabilmente il terreno cui si riferivano i fatti
capitolati: riscontrava, dunque, la Corte di merito una situazione di
incertezza tanto più grave in quanto nei decenni precedenti non
risultavano tracciamenti di confini né, appunto altri segni esteriori di
soluzione di continuità ed individuazione dei terreni, tutti confinanti,
coinvolti nella lite.
7. – Con il quarto motivo si denuncia ancora la violazione degli artt.
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prova: ed in relazione alla prova testimoniale volta a dimostrare

1140 e 1158 cod.civ. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che
l’unico comportamento ipoteticamente dimostrativo di un possesso
temporalmente coincidente e praticamente confliggente con quello
affermato dai Bottaro, ed insito nell’utilizzo del sedime quale deposito

successiva, senza certi riferimenti temporali ultraventennali, senza
considerare che non occorre che gli atti di esercizio del possesso siano
continui ed ininterrotti, essendo, invece, sufficiente che essi vengano
posti in essere ogni volta che il possessore lo voglia, in relazione
alle concrete e specifiche possibilità di godimento del bene medesimo.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione dei seguenti
quesiti di diritto:‹Se al fini del possesso ad usucapionem è necessaria
la sussistenza di un comportamento continuo e non interrotto che dimostri
inequivocabilmente l’intenzione di esercitare un potere di signoria sulla
cosa, corrispondente a quello del proprietario e non occorre, peraltro,
l’esplicazione di continui atti di godimento> e .
8. – Il motivo non può trovare ingresso nel presente giudizio.
Esso, al di là della formale invocazione della violazione di norme di
diritto, si risolve nella sostanza in una richiesta di rivisitazione del

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di legname ed altri materiali, venisse genericamente riferito ad un’epoca

materiale probatorio già apprezzato dal giudice di secondo grado:
rivisitazione inibita al giudice di legittimità ove, come nella specie,
il giudice di merito abbia esaurientemente e correttamente dato conto
dell’iter argomentativo – già ripercorso sub 2.1. e 2.2. – sul quale si è

9. – Con il quinto motivo si lamenta la contraddittoria e/o insufficiente
motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, per essere stata riconosciuta efficacia di atti idonei a
manifestare il possesso dei Bottaro ai fini interruttivi della usucapione
opposta dal Perassolo a specifiche prove documentali di carattere
esclusivamente amministrativo ed inoltre assortamente dimostrative del
possesso del mappale 296 e dei lavori in esso svolti dai Bottaro.
10. – La censura è inammissibile, in mancanza del necessario momento di
sintesi di cui all’art. 366-bis cod.proc.civ.
11. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del
presente giudizio, che, in applicazione del principio della soccombenza,
devono essere poste a carico delle ricorrenti in solido, vengono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti in solido al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi
euro 2200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di
legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda

fondata la propria valutazione delle emergenze processuali.

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