Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28341 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. un., 22/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente di sez. –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in Roma alla Via Bocca

di leone n. 78, presso l’avv. Sticchi Damiani Ernesto che, con l’avv.

Antonio Astuto, lo rappresenta e difende, per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

EDILCOOP SALENTINA s.r.l., in persona del presidente p.t.,

autorizzato a stare in giudizio con delibera del cd.a. del 31 agosto

2010 ed elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Flaminia n. 441,

presso l’avv. Pagliara Paolo, unitamente all’avv. Angelo Galante da

Lecce, che lo rappresenta e difende per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e

MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI in persona del ministro in carica, ex

lege domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato;

– intimato –

per la cassazione della decisione del consiglio di Stato n. 4853/09

del 14 – 31 luglio 2009.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. E’ stata depositata in cancelleria il 30 maggio 2011 la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. “FATTO: Con ricorso del 1998 al Tar della Puglia, sezione di Lecce, M.C. chiedeva di annullare la Delib. 3 dicembre 1995, n. 342 del C.d.a. della Soc. coop. Edilcoop Salentina a r.l., che lo aveva escluso nella sua qualità di socio dalla cooperativa, con provvedimento da lui erroneamente impugnato al Collegio dei probiviri della società, che si era dichiarato incompetente con decisione del 24 giugno 1996, da lui impugnata alla Commissione regionale di vigilanza, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso contro la deliberata esclusione, perchè proposto “dopo la scadenza del termine perentorio di trenta giorni D.P.R. 23 maggio 1964, n. 644, ex art. 21, comma 1″.

Avverso tale decisione il M. ha proposto l’indicato ricorso al Tar di Lecce, censurando la decadenza dichiarata dalla Commissione e riaffermando la giurisdizione dei giudici amministrativi sulla questione, essendo la stessa divenuta esclusiva per la L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7. Il giudice amministrativo adito ha però rigettato il ricorso, rilevando ancora la tardività e inammissibilità della impugnazione della delibera di esclusione dalla qualità di socio alla Commissione regionale di vigilanza, essendo necessaria la preventiva pronuncia delle Commissioni per adire il giudice amministrativo e dovendosi negare la rimessione in termini per il ricorrente che non poteva giustificare il suo ritardo.

Tale decisione, n. 755 del 21 gennaio 2004, sull’appello dello stesso M., è stato confermata da sentenza n. 4853 del Consiglio di Stato del 31 luglio 2009, impugnata alle Sezioni Unite, deducendosi il difetto di giurisdizione del giudice adito, per violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione di legge, e violazione dei limiti esterni della giurisdizione. Il ricorrente richiama S.U. 24 maggio 2006 n. 12215, per la quale occorre distinguere i provvedimenti autorizzativi e anteriori alla costituzione della cooperativa, dagli atti successivi della società, anche di risoluzione del rapporto societario per il singolo socio escluso, ritenendo che su tali vicende debba affermarsi la giurisdizione dell’A.G.O., mancando l’esercizio di potestà amministrativa che possa giustificare la cognizione dei giudici amministrativi.

Costituitasi la Cooperativa Edilcoop, la stessa ha chiesto il rigetto del ricorso per non essere stata impugnata, con l’appello, la giurisdizione implicitamente dichiarata con la decisione di primo grado del TAR, che aveva rilevato la decadenza del ricorrente a proporre la impugnazione della delibera del cd.a. della cooperativa alla Commissione di vigilanza, come condizione di proponibilità del ricorso al giudice amministrativo che, rilevato che essa era da considerare tamquam non esset perchè tardiva, ha affermato l’inammissibilità del ricorso in sede giurisdizionale e la impossibilità di una rimessione in termini.

DIRITTO. Il relatore ritiene che il ricorso è infondato in quanto non denuncia motivi di impugnazione attinenti o inerenti alla giurisdizione amministrativa che contesta. Afferma il ricorrente che la sopravvenuta privatizzazione dei rapporti dei soci con la cooperativa di cui al D.L. 25 giugno 2008, eliminando il controllo della commissione di vigilanza che ha ritenuto precluso il ricorso, avrebbe trasferito alla cognizione del giudice ordinario i rapporti tra socio e società, il che non è vero, non essendosi abrogata la giurisdizione esclusiva in materia edilizia e urbanistica.

Preclude comunque la deduzione del ricorrente il passaggio in giudicato della pronuncia sulla giurisdizione del giudice amministrativo, implicita nel rigetto del ricorso da parte del Tar e non impugnata, con la conseguenza che la stessa questione non può più nè riproporsi per la prima volta in sede di legittimità nè rilevarsi di ufficio da questa Corte. Invero, nella concreta fattispecie, il Consiglio di Stato non ha in alcun modo valutato la sussistenza della giurisdizione del G.A., implicitamente affermata dal TAR Puglia nella sentenza oggetto di appello, ma non impugnata su tale punto decisivo. Alla data del ricorso al TAR, non vi era stata alcuna abrogazione del procedimento amministrativo riservato alla cognizione delle Commissioni di vigilanza per la decisione sul ricorso in ordine alla esclusione del socio, con provvedimenti di natura amministrativa sui quali doveva decidere il giudice amministrativo, come in tal caso è in concreto accaduto. Comunque la mancata eccezione del difetto di giurisdizione con l’appello della sentenza del Tar della Puglia, sezione di Lecce, che implicitamente l’aveva riconosciuta, non avendolo rilevato di ufficio, comporta la formazione del giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, preclusivo della sua riproposizione in questa sede (cfr. S.U. 9 ottobre 2008 n. 24883 e ord. 28 gennaio 2011 n. 2067).

Pertanto opina il relatore che il ricorso deve rigettarsi per essere spettante alla giurisdizione amministrativa la controversia per cui è causa, in ragione del mancato rilievo officioso di tale carenza di poteri cognitivi dal giudice di primo grado che ha deciso sul ricorso dichiarandolo inammissibile, con pronuncia non impugnata per il preteso difetto di poteri cognitivi, dedotti tardivamente e per la prima volta solo con il ricorso per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4853 del 14 – 31 luglio 2009. In conclusione si chiede che, in rapporto alla manifesta infondatezza del ricorso del M., il primo Presidente voglia fissare l’adunanza in camera di consiglio delle sezioni unite, perchè sia rigettata la impugnativa e confermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda proposta da M.C. contro la Soc.coop. Edilcoop Salentina a r.l., ai sensi dell’art. 362 e 380 bis c.p.c.”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta.

A conferma delle conclusioni della relazione, si è di recente ancora una volta ritenuto rilevabile il giudicato implicito sulla giurisdizione delle sentenze dei giudici amministrativi, superando i pregressi contrasti su tale punto decisivo e qualificando il motivo di ricorso sul rilievo di tale giudicato non come violazione di legge processuale o sostanziale, ma come questione attinente o inerente alla giurisdizione ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., u.c. (così S.U. 9 novembre 2011 n. 23306).

2. Il ricorso quindi deve essere rigettato, apparendo opportuna, in relazione alla natura speciale del bene casa, cui si connette la controversia, la totale compensazione delle spese giudizio di cassazione, in deroga al principio di soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle sezioni unite della Corte suprema di cassazione, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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